Massimo D’Alema, sessant’anni ad aprile, è in ottima forma e gode di
buona salute. Non è una notizia da transennare le edicole, d’accordo,
ma il diretto interessato si è preoccupato comunque di farla sapere a
tre senatori di stretta osservanza veltroniana che ha incontrato
durante le votazioni per il giudice della Consulta. “Vi comunico che ho
appena fatto un check up, dalla testa ai piedi. Tutto a posto,
perfetto”, ha annunciato visibilmente soddisfatto l’ex ministro degli
Esteri. “Ricordatelo al vostro amico Giorgio Tonini che è arrivato ad
augurarmi la morte”, ha aggiunto: “Una cosa mai vista in nessun
partito”. Il mite Tonini, senatore del Pd fedelissimo di Walter
Veltroni, durante un convegno ad Assisi aveva puntato il dito contro
quei dirigenti “che rimuovono la morte e si sentono immortali”, senza
fare nomi. Ma l’ex ministro degli Esteri si è sentito comunque chiamato
in causa: da Tonini e soprattutto dal suo leader di riferimento che non
perde occasione per attaccare i notabili che “appartengono ad altre
stagioni” e che hanno fatto il loro tempo.
Non si direbbe, a
sfogliare l’agenda dalemiana. Che D’Alema goda di ottima salute lo
dimostra l’elenco dei suoi impegni. Subito dopo la manifestazione del
Pd del 25 ottobre partirà per un tour internazionale: prima Egitto e
Tunisia e poi oltre Atlantico, destinazione Messico. Un fitto programma
di incontri e di conferenze, lezioni sparse in giro per il mondo. Tanto
per non perdere l’abitudine delle frequentazioni globali, presa durante
i due anni di permanenza alla Farnesina: il volto numero uno, quello
più ostentato, D’Alema lo Statista. Intanto, gira come una trottola da
un capo all’altro dell’Italia: l’ultimo fine settimana è stato
avvistato a Milano per un convegno bipartisan alla Cariplo con Letizia
Moratti e Emma Marcegaglia, poi due comizi a Bolzano e Rovereto, lunedì
20 a Bari, per il convegno dell’associazione Red nella roccaforte
pugliese, il giorno dopo discorso in un cinema romano con il presidente
della Regione Lazio Piero Marrazzo e della Provincia di Roma Nicola
Zingaretti: due personaggi a lungo in quota Veltroni e che vengono dati
come in via di spostamento verso D’Alema. In mezzo, ci sarà anche il
tempo di fare un convegno in Veneto sulle riforme, insieme a Gianfranco
Fini, organizzato dalle fondazioni Italianieuropei e Fare Futuro. E
questo è il volto numero due, Massimo il Capocorrente, che nel Pd si
muove a tutto campo. Ha ricucito con Piero Fassino, con Franco Marini i
rapporti sono così stretti che a Bari l’ex presidente del Senato ha
rifiutato di farsi vedere all’incontro di Red dove c’era D’Alema con
una motivazione singolare: “Meglio di no, sennò dicono che andiamo a
braccetto”. D’Alema si è spinto al punto di buttare giù il muro di
incomunicabilità che per anni lo ha separato dall’ex ministro della
Difesa Arturo Parisi, con un lungo colloquio alla Camera, il 21
ottobre. Due personaggi distanti anni luce, il figlio prediletto del
partitone rosso e il professore nemico degli apparati. Ma poiché Parisi
è il più implacabile critico di come è stato gestito il Pd fin qui, il
fatto stesso che D’Alema discuta con lui per Veltroni non è certo un
bel segnale.
Un attivismo da segretario ombra. La galassia
dalemiana ormai conta su fondazioni, associazioni, tv satellitari. E
dove non arriva direttamente lui ci sono gli amici che garantiscono.
Nel consiglio di amministrazione del rinnovato ‘Riformista’ di Antonio
Polito, per esempio, forse il foglio più violento con Veltroni, siedono
Gianni Cervetti, l’ex tesoriere del Pci, consigliere del presidente
Giorgio Napolitano e politicamente vicino a D’Alema, e l’avvocato
Gianni Di Cagno, ex consigliere del Csm che di Massimo è amico fin dai
tempi della segreteria regionale del Pci pugliese, nei primi anni
Ottanta. Il giornale arancione sta per trasferirsi nel palazzo di
Botteghe Oscure, nelle stanze che furono di Togliatti e Berlinguer,
oggi di proprietà degli Angelucci editori del ‘Riformista’, finendo per
comporre una ideale Max Town, un quartiere tutto dalemiano, nel cuore
di Roma. Dietro al Bottegone, infatti, in piazza Campitelli, da qualche
giorno ha trovato posto la sede nazionale dell’associazione Red. Un
duecento metri quadri dove c’è l’ufficio dell’ex ministro Paolo De
Castro, presidente dell’associazione che fa proseliti in tutta Italia:
più che una semplice corrente, un partito nel partito, con tanto di
tesseramento autonomo dal Pd, coordinamenti in ogni regione e una rete
satellitare che porta lo stesso nome. Gli studi di Red Tv sono lì,
dall’altra parte della strada, dove appena un anno fa era stata aperta
la redazione di Sherpa Tv, la rete di Claudio Velardi, ex braccio
destro dalemiano negli anni Novanta: al pian terreno di palazzo
Grazioli, la residenza romana di Silvio Berlusconi.
Una
topografia complicata che dà l’idea di quanto il leader Maximo intenda
spendersi (e spendere: un bel giro di quattrini) in questa stagione.
“Quando arriva lui facciamo il pienone ovunque. Massimo dovrebbe girare
di più”, si esalta il senatore Nicola Latorre. A coprire il vuoto ci
sono i suoi uomini. Nel Lazio, dove li hanno ribattezzati Dalebani,
hanno fatto saltare l’accordo tra le correnti che prevedeva l’elezione
a segretario regionale del veltroniano Roberto Morassut. In Campania il
responsabile di Red è il trentaquattrenne Enzo Amendola, uno che ha
festeggiato sul suo blog il primo anno di vita del Pd con le parole di
Ilvo Diamanti: “L’anniversario è finito come è cominciato.
Nell’indifferenza”. In tutte le regioni del Sud il tesseramento di Red
procede spedito: qualche migliaio di iscritti, ma è come appartenere a
un corpo scelto, a un’armata che entrerà in azione quando sarà il
momento.
Il momento non è ora, alla manifestazione del 25
ottobre i dalemiani arrivano compatti. E non è neppure la conferenza
organizzativa del Pd annunciata da Veltroni. La resa dei conti arriverà
solo nel 2009, con il congresso dopo le elezioni europee e
amministrative. Con l’obiettivo di ribaltare la linea politica del
partito: dalla solitudine a un ritorno alle alleanze. Ad aspettare
l’ora X c’è il partito trasversale dei dalemiani presenti negli altri
partiti. Nell’Udc ci sono Pier Ferdinando Casini e Bruno Tabacci, a
sinistra Nichi Vendola ormai scisso dal resto di Rifondazione, con
Antonio Di Pietro c’è un rapporto coltivato dal deputato pugliese Pino
Pisicchio che media tra Massimo e Tonino. Forze che potrebbero
ritrovarsi attorno a un Pd radicalmente trasformato rispetto a quello
attuale. Quasi impossibile che sia Veltroni a guidare questo processo.
I candidati via via individuati, da Pierluigi Bersani a Enrico Letta,
appaiono troppo deboli. In caso di catastrofe elettorale potrebbe
essere ancora una volta il turno di D’Alema, sempre che riesca a
sopravvivere. Un bel caso di immortalità politica, certo.