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11 Luglio 2007

Veltroni non è Coppi

Autore: Gianfranco Pasquino
Fonte: L' Unità

La partenza non è, purtroppo, stata buona. L’investitura di Walter
Veltroni da parte del segretario dei Ds Piero Fassino ha reso
praticamente impossibile la comparsa di qualsiasi sfidante. In attesa che
Enrico Letta formalizzi la sua candidatura, anche la rinuncia di Pierluigi
Bersani, per di più richiestagli da Fassino e accettata affinché i Ds non si
dividano, non sembra affatto coerente con l’obiettivo di lungo periodo,
ovverocostruire un partito nuovo nel quale molteplici identità si fondano
inmaniera efficace e propositiva

È sperabile che Rosi Bindi decida
di scendere in campo e non soltanto per rappresentare il punto di vista delle
donne che, per quanto importante sarebbe riduttivo di tutto quello che lei
stessa ha fatto in politica. Altrimenti, non considerando candidature a vario
titolo poco più che folkloristiche, che fra l’altro avrebbero anche il sapore
di una semplice presenza personale, l’onere e l’onore di una visione di
partito competitiva e dinamica, nonché coerente, spetterebbe all’estroverso
Arturo Parisi. Non soltanto Parisi non ha le stesse idee di Veltroni, a
cominciare dal referendum elettorale e se ho capito correttamente,
dal semipresidenzialismo (contrapposto al «sindaco d’Italia»), ma,
comunque, nell’ambito dello stesso partito (Democratico), saranno le persone
a contare, le loro biografie politiche, le loro proposte, persino il
loro orgoglio e la loro convinzione di sapere interpretare e attuare
meglio scelte politiche inevitabilmente simili, ma non eguali. P

oiché
mantengo un salutare scetticismo sulla candidatura in ultima istanza di
Parisi – al quale mi permetto di suggerire di trovarsi una donna capace come
vice, mentre, a mio parere, malauguratamente, il vice di Veltroni, se sarà il
margherito Franceschini, confermerà nelle critiche coloro che temono una
deplorevole fusione di gruppi dirigenti – intravvedo il grande rischio che
fra pochi giorni, se non da subito, Veltroni diventi «un uomo solo al 
comando», ovvero in fuga. Per rimanere in metafora, il traguardo è lontano
e la fuga implicherà un’enorme dispendio di energie sotto il fuoco,
non soltanto nelle critiche di parte opposta, ma anche di quelle amiche.
Le primarie del 14 ottobre avranno perso del tutto il loro senso profondo
di scelta tra candidature differenti, portatrici di progetti e di
visioni,
costrette a confrontarsi e nel fuoco della competizione a
produrre innovazione politica. Tutta l’attenzione si riverserebbe su
Veltroni, sulla  sua incompatibilità, formalmente inesistente, con la carica
di sindaco di Roma, ma certamente destinata ad obbligarlo ad un super lavoro,
sulle sue dichiarazioni, talvolta inevitabilmente confliggenti con quelle
dei governanti e dello stesso capo del governo, sulla sua posizione
di successore designato a leader dell’Ulivo, dell’Unione, di quello che
verrà.

Infatti, mi pare impensabile e persino assurdo che debbono tenersi
altre primarie per la scelta del prossimo candidato a Palazzo Chigi a meno
che Veltroni commetta qualche errore irreparabile e emergano
candidature alternative a rompere un opprimente conformismo. Sarebbe/sarà
molto brutto se il dibattito di idee e di soluzioni dovesse fin da subito
tacere e se Veltroni venisse lasciato solo, con il suo staff(?), a proporre,
suggerire, decidere. Temo che, da un lato, il governo ne
uscirebbe inevitabilmente destabilizzato, anche contro la volontà dello
stesso segretario del Partito Democratico, dall’altro, che Veltroni
sarebbe costretto a operare in più o meno splendido isolamento senza avere
potuto affinare il suo pensiero politico in un dibattito nazionale, duro,
ma trasparente.

Forse, se il regolamento relativo alla presentazione
delle liste nei 475 colleghi lo permetterà, qualche confronto e,
addirittura, ualche scontro di sostanza e di linea potranno essere
recuperati. Al momento, vedo poco slancio e pochi entusiasmi, se non di
facciata. Si doveva fare meglio e di più. Credo che Veltroni debba cominciare
proprio da qui, da rilanciare una grande operazione all’insegna del
rinnovamento che è, prima che generazionali, di idee, di regole,
effettivamente rispettati, di comportamenti e di modi di fare politica.
Confido, ma mi attendo gesti esemplari.