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24 Settembre 2004

Una conversazione con David Letterman

Autore: David Letterman
Fonte: Europa

Lunedì John Kerry è stato ospite del “The Late Show with David Letterman”, il popolare programma della Cbs trasmesso in Italia da Raisat Extra. La conversazione, che riportiamo quasi integrale, è stata diffusa nella traduzione italiana da Dagospia. La performance del candidato democratico sembra abbia riscosso alti indici d’ascolto e di gradimento. Secondo Nielsen Media, l’audience del talk show è stato il più alto fin dai suoi esordi nel 1993, battendo il suo arcirivale, il “Tonight Show with Jay Leno” della Nbc. E fu proprio in questo show che Kerry rilanciò la sua immagine nelle primarie, presentandosi da Leno a bordo di una Harly Davidson, con casco e giubbotto. Lunedì era in giacca e cravatta, ma il suo stile rilassato e spiritoso pare abbia funzionato bene. 
Vi siete accordati per tre dibattiti, mi pare di aver capito, no?
Esatto.
Avete discusso anche su come stare, in piedi o seduti. Lei preferiva in piedi e Bush seduti?
In realtà, per me non faceva differenza io volevo che John Edwards stesse in piedi, Dick Cheney voleva stare seduto durante il dibattito. Capisco, ed è stato raggiunto un compromesso, staranno accovacciati. No, si è giunti a un compromesso e George Bush starà seduto in braccio a Dick Cheney. Questa non me la perdo.È così che è andata a finire.
Come procede la campagna elettorale?
Benissimo. Ecco perché sono venuto qui, ho pensato di movimentarla un po’.
Le piace fare una campagna elettorale o la trova solo snervante e senza fine?
È snervante, è vero, ma è un’esperienza unica. S’incontrano tante persone e capitano cose davvero incredibili. Come sa, abbiamo preso un treno. una sera, stavamo per attraversare una cittadina. Era tardi e la gente era accorsa alla stazione a mezzanotte, mezzanotte e mezza, portando con sé i bambini. A migliaia ci aspettavano mostrando cartelli e striscioni. È stato davvero straordinario. Ho visto un cartello passando, non era previsto che ci fermassimo lì. Il cartello recitava: «John, dacci otto minuti e ti daremo otto anni». Mai visto un treno fermarsi tanto velocemente».
Caspita, molto persuasivo.Non immaginavo di averne l’autorità.
Prima che il presidente Clinton fosse operato al cuore, sappiamo che lei gli ha parlato per un’ora e mezza, due sere prima dell’intervento, mi pare, vero?
Sì, ma non è stata quella la causa dell’intervento.
Di cosa avete parlato? Cosa vi siete detti?
Abbiamo parlato delle elezioni. Direi che lui è il migliore osservatore della politica americana, è l’unico democratico ad aver vinto due volte in cinquant’anni e più.Conviene dargli retta e con 23 milioni di nuovi posti di lavoro, il bilancio in pareggio e il risanamento del debito pubblico, secondo me quella era un’America migliore, un’economia migliore di quella attuale.
A proposito dei sondaggi, cosa dicono adesso?
È una corsa ogni giorno più serrata. Sono molto fiducioso al riguardo. Nell’arco della mia carriera politica mi sono sentito dire spesso che concludo bene. Mi piacciono queste ultime settimane, le adoro.Sono davvero entusiasta, mi sento pronto.
Quando i sondaggi fluttuano – e mi pare che dopo la Convention repubblicana si sia registrato un vantaggio per il presidente Bush – tra i sei e gli otto punti, è tanto? Si è assestato su questi numeri, no?
Ecco, vede, ci sono tali e tanti sondaggi, tutti diversi.
Già Sinceramente, non ci faccio molto caso.
È quel che stavo per chiederle, qualcuno del suo entourage li prende in considerazione?
Sì, ma io no.E c’è un tetto, se, per esempio, un sondaggio supera il cinque per cento, ammesso che si possa credere che sia rappresentativo…Dipende anche dalla rete che li diffonde.          
Quindi, un margine di cinque punti, è tale da provocare il panico?
No.
Qual è un margine in grado di causare panico? Dieci punti?
Cinquanta punti. no. Direi che se si tratta di numeri a due cifre bisogna rimettersi in carreggiata. Non è questo il caso adesso né lo sarà fino al 2 novembre, quando intendo vincere questa corsa. La verità, Dave, è che l’America è divisa come non mai. In un certo senso, questo è uno dei perni della campagna, perché il presidente si era candidato definendo se stesso uno che voleva unire, non dividere, ma non si era mai vista un’America più divisa ed per quella piccola parte dell’elettorato che ci battiamo.  Non mi viene in mente un’altra elezione, nell’arco della mia esistenza, più importante di questa ma non perché sono candidato ma per le importanti questioni in gioco.
Come pensa di riabilitare la reputazione dell’America nel mondo? Me lo spieghi perché mi sembra quasi impossibile.
I danni che ha fatto sono così gravi ? Per prima cosa, assicurerei al mondo intero che l’America non intende seguire un percorso arrogante e unilaterale, incurante delle opinioni, delle possibilità, della storia e della cultura delle altre nazioni.Dobbiamo riunire la gente, il presidente l’ha divisa.  In realtà, oggi il mondo è più pericoloso a causa delle mosse unilaterali del presidente, che ha affrettato la guerra in Iraq senza un piano per riportarvi la pace. Io mostrerò un piano su come affrontare il capitolo Iraq, su cui oggi, ho tenuto un discorso alla New York University, ma in secondo luogo, voglio riportare l’America al tavolo del dibattito sul riscaldamento globale, dobbiamo rispettare i dati scientfici riguardo al riscaldamento globale.Intendo mettere in atto ciò che ho scritto tre o quattro anni fa sul modo più efficace di affrontare l’Aids a livello globale e l’America sosterrà lo sforzo maggiore in questa lotta. Voglio riallacciare le alleanze con le altre nazioni per dimostrare che anche se gli Stati Uniti hanno tanto potere, sappiamo usarlo in modo responsabile e saggio e soprattutto, anche gli Stati Uniti hanno bisogno di amici su questo pianeta ed è meglio tornare a farcene.
La scorsa settimana, giovedì credo, lei ha lasciato intendere che il presidente Bush non dicesse la verità sulla situazione in Iraq Esatto Che cosa sa a tale riguardo che noi invece non sappiamo? Qual è la sua opinione sulla situazione in Iraq?
Non parlerei di ciò che noi non sappiamo ma di ciò che il New York Times in prima pagina ha riportato in settimana. La valutazione dell’Intelligence nazionale richiesta dal direttore della Cia rivela che in Iraq non sta andando bene come il presidente Bush ha dichiarato all’America.
Questo gli è stato riferito a luglio ma lui continua a sciorinare alla nazione uno scenario molto roseo.
Il presidente, secondo me, ha ingannato gli americani, non solo per come ci ha portati in Iraq ma anche per quel che accade oggi in Iraq. Non è possibile lo svolgimento delle elezioni in Iraq. Lo ha detto Kofi Annan, a meno di non poter proteggere il personale Onu, a meno di farlo arrivare a Fallujah, a Ramadi, a Samara, cosa che oggi non è possibile.Il presidente ci continua a propinare lo scenario più roseo mentre i nostri giovani rischiano la vita per la patria e meriterebbero di sapere la verità dal proprio comandante in capo, l’America merita di sapere la verità, è l’unica soluzione se vogliamo affrontare la situazione con realismo.
Se sarà eletto, quale sarà il suo orientamento al riguardo, cosa farebbe?
Dave, non sono in grado di dire che cosa troverò il 20 gennaio. Ma ho detto al presidente, qui a New York, oggi, i 4 punti su cui deve concentrarsi subito, con urgenza: Punto primo: indire un vertice con la comunità internazionale, riunire tutte le nazioni che dovranno tener fede alle proprie promesse.
Secondo: dobbiamo iniziare la ricostruzione dobbiamo fornire beni e servizi agli iracheni per impedire che rimangano indecisi sul da farsi e accettino di farsi pagare per lanciare granate agli americani.Bisogna accelerare l’addestramento, in parte si può fare in altre nazioni, in parte andrà fatto lì sul campo. Ma se gli  iracheni non avranno la possibilità di difendersi da soli non servirà che lo facciano i nostri militari.
Infine, dobbiamo fare in modo che in Iraq ci sia una sicurezza adeguata e il presidente non ha preso alcuna misura in questa direzione. 
Quanto tempo resterebbero in Iraq le forze armate americane, se fosse presidente?
Ho detto oggi che se facciamo ciò che va fatto con l’urgenza con cui vanno fatte e riusciremo a far svolgere le elezioni a gennaio, sarà possibile diminuire la presenza dei militari americani verso la prossima estate e credo che potremo ritirare l’intero contingente nel corso dei prossimi anni, durante il mio mandato. Di questo sono convinto. Ma se il presidente non agisce subito con l’urgenza necessaria, c’è anche la possibilità di fallire.Ha appena nominato le elezioni a gennaio, ma poco prima le riteneva improbabili.
Anche Ko?Annan non è ottimista in merito.
Sul territorio iracheno è presente solo il 25% del personale di cui l’ONU ha bisogno per far svolgere le elezioni. Sono già passati due mesi da quando il segretario generale ha dichiarato di averne bisogno.
Se non si riescono a consegnare le schede di voto in molte regioni dell’Iraq, come potranno esserci le elezioni?
Se fosse stato eletto presidente nel 2000, a novembre del 2000, oggi noi saremmo in Iraq? No.        Se avesse avuto le stesse informazioni di
cui era in possesso il governo Bush, saremmo in Iraq adesso?
Se avessimo avuto le stesse informazioni che ha avuto il presidente Bush ma ora sappiamo che non c’erano armi di sterminio, non c’erano collegamenti con Al Qaeda e sappiamo che non c’era alcuna minaccia imminente. In queste circostanze non avrei mai condotto in guerra l’America
Già, ma erano queste le informazioni che il governo Bush aveva in mano inizialmente?
No, non è così. Il governo Bush sapeva ciò che sapevamo tutti. Credevamo che le armi ci fossero.
Esatto, quindi se lei avesse avuto le stesse informazioni, sarebbe andato in Iraq?
Ecco cosa ho detto e ripetuto che avrei fatto.
All’epoca in cui il presidente è entrato in guerra io dissi che avremmo dovuto aspettare ancora che gli ispettori portassero a termine il proprio lavoro. Il presidente ha affrettato l’entrata in guerra, in pratica mettendo da parte le altre nazioni, con tutto ciò che ne conseguì.
(…)che accadrà se nelle prossime sei settimane dovessero annunciare la
cattura di Bin Laden? Me lo auguro, lo spero. Questa possibilità esiste, ma Osama Bin Laden da solo non è al Qaeda. Intanto però al Qaeda ha fatto opera di reclutamento, è presente in sessanta paesi e ha imparato molto. Il presidente ha deciso a Tora Bora, in Afghanistan di non usare le forze americane, le forze militari meglio addestrate del mondo che erano già sul posto, per andare a uccidere o catturare Bin Laden. Si è rivolto agli afghani, che una settimana prima combattevano contro di noi, dicendo loro: “andate voi sulle montagne a prenderlo, il principale terrorista mondiale”.Credo che quella sia stata una decisione catastrofica. Il risultato è che Osama bin Laden, tutta al Qaeda è aumentata, è più pericolosa ed è presente in tutto il mondo. Ora dobbiamo continuare questa guerra in maniera più efficace. Ecco perché voglio raddoppiare il numero delle forze speciali alle loro calcagna, ecco perché voglio dei servizi informativi migliori, perché se non sappiamo chi sono, dove sono e come arrivare a loro prima che arrivino a noi, non potremmo lottare efficacemente contro il terrorismo.
Perché permane la sensazione che lei sia indeciso rispetto alla guerra? Mi riferisco alla sua indecisione su questa ed altre questioni. Perché…
Qual era inizialmente la sua posizione riguardo alla guerra?
Ho appoggiato l’autorizzazione.. ora le spiego il motivo Tutti in America pensano che chi vota dando al presidente l’autorizzazione di andare in guerra, vota per andare in guerra.In realtà, abbiamo votato dando l’autorizzazione al presidente che, del resto, aveva dichiarato che la guerra non era inevitabile.Gli abbiamo concesso la discrezionalità di andare o meno in guerra ma anche di usarla per fare in modo che Saddam Hussein adempisse a certi obblighi, per esempio, il disarmo. Il presidente non ha avuto la pazienza di aspettare di consolidare la coalizione come aveva promesso.Non ha esaurito le risoluzioni Onu e non è andato in guerra come estrema ratio, come aveva promesso. È questo che mi ha fatto infuriare perché trovo che abbia abusato della fiducia di coloro che gli concessero l’autorizzazione, in determinate circostanze.