10 Febbraio 2006
Un ultrà a Palazzo
Autore: Giovanni Valentini
Fonte: la Repubblica
Con una reazione da tifo calcistico, assai poco appropriata a un premier
che per di più nasconde ancora nell´armadio lo scheletro del conflitto di
interessi, Berlusconi ha replicato alla sanzione comminata dall´Autorithy al
programma della Pivetti su Retequattro come non avrebbe fatto neppure Galliani
per un´ammonizione a Nesta.
Si sa che in campo anche l´arbitro migliore può sbagliare. Ma quando
fischia un fallo contro la propria squadra è sempre “venduto”, “cornuto”,
“figlio di…” eccetera eccetera.
Il premier si comporta dunque come un “ultrà”, il capo del governo come il
capo di una tifoseria, quando attacca il presidente dell´Authority da lui stesso
nominato, per accusare l´intero consiglio – espresso in parte dalla maggioranza
di centrodestra – di essere un “organismo politico”. Un atto di ribellione,
tanto irrazionale quanto violento, paragonabile a quello di chi insulta un
poliziotto o un vigile urbano che contesta un´infrazione, commettendo così il
reato di offesa, oltraggio e resistenza a un pubblico ufficiale. Non è
certamente una prova di equilibrio né tantomeno una dimostrazione di riguardo
per chi, a cominciare dal Capo dello Stato, ha invocato il rispetto delle regole
del gioco in una campagna elettorale già ampiamente inquinata dall´uso e abuso
della televisione, pubblica e privata.
Di “scandaloso” in tutto questo, c´è solo l´atteggiamento recidivo del
presidente del Consiglio, padrone di Mediaset e tenutario “pro tempore” della
Rai, protagonista di un´esternazione mediatica a reti unificate. La sua
esibizione a Liberitutti, proprio all´indomani di un “atto di indirizzo”
dell´Authority sull´informazione televisiva nel periodo pre-elettorale, equivale
a una sfida e a una provocazione. E´ un´invasione di campo, per tornare al
calcio, indebita e smaccata. Tanto più che quel codice di comportamento, del
tutto ragionevole e opportuno, è stato prima sollecitato e poi apprezzato
pubblicamente dal Quirinale, oltreché dal centrosinistra e dagli esponenti più
responsabili del centrodestra.
Fa specie anche che, a condurre una trasmissione del genere, si sia
prestata un ex presidente della Camera, già terza autorità dello Stato, la
“signora di ferro” della Seconda Repubblica. Per rispetto di se stessa, prima
ancora che del proprio ruolo e della propria figura istituzionale, la Pivetti
avrebbe potuto risparmiarsi questa brutta figura, questa caduta di stile, in
coerenza con tutto ciò che aveva detto e fatto dallo scranno più alto di
Montecitorio. E invece ha voluto seguire l´esempio, il cattivo esempio, di un ex
Guardasigilli convertito alla tv e tutti sanno che chi va con lo zoppo impara a
zoppicare.
Per la prima volta da quando è stata istituita sotto il centrosinistra,
finalmente l´Autorità sulle Comunicazioni s´è mossa sul campo minato della
televisione come un organo di garanzia e non più come un´agenzia di mediazione
fra interessi contrapposti. E bisogna darne atto al presidente Calabrò e a tutti
i commissari, compresi quelli designati dal centrodestra che per l´occasione si
sono assentati o astenuti. A suo tempo, non mancammo qui di contestarne
l´estrazione o l´appartenenza politica: e ora l´ultimo che se ne può dolere è
proprio il capo del governo. Ma evidentemente la presenza di competenze tecniche
e giuridiche ha prevalso sulle opportunità o sulle convenienze di parte, fino a
emettere un regolamento, quasi un galateo elettorale, per difenderne poi
legittimamente l´applicazione con gli strumenti previsti dalla legge, senza
impunità per nessuno.
Ben venga perciò anche l´istruttoria che la medesima Authority ha deciso di
aprire su Che tempo che fa, la trasmissione condotta da Fabio Fazio su Rai Tre,
al di fuori di qualsiasi logica cerchiobottista. Senza anticipare la conclusione
del procedimento, si deve riconoscere però che troppo spesso il servizio
pubblico viene meno ai suoi doveri di imparzialità e neutralità, ancora più
impellenti di quelli che competono alle tv private. Il silenzio assordante
dell´Unione su questo tema, e più in generale sull´assetto del sistema
televisivo, non alimenta finora grandi speranze per il futuro.