6 Gennaio 2006
Un gesto plateale
Autore: Vittorio Grevi
Fonte: Corriere della Sera
La notizia dell’ispezione disposta presso la Procura della Repubblica di Milano dal ministro Castelli, a seguito della recente divulgazione giornalistica di alcune intercettazioni telefoniche operate sull’utenza di Giovanni Consorte, in quanto concernenti anche brani di conversazioni con il segretario Ds Piero Fassino, riflette una comprensibile preoccupazione di accertamento a tutto campo su un episodio senza dubbio increscioso ai danni di un membro del Parlamento.
Ma rischia anche, nel contempo, di apparire come un gesto di sapore plateale, dal momento che già ieri, in precedenza, la realtà delle cose aveva cominciato a delinearsi nei suoi obiettivi contorni, grazie alle prime indagini svolte e alle prime iniziative assunte dalla medesima Procura.
In particolare, l’avvio di un procedimento, da parte dei magistrati milanesi, per il reato di rivelazione di segreto d’ufficio, ha gettato un significativo fascio di luce su una vicenda apparsa subito piuttosto misteriosa.
A parte la evidente irrilevanza dei colloqui intercettati ai fini di un coinvolgimento di Fassino nelle inchieste in corso per l’«affare Unipol-Bnl», il mistero nasceva soprattutto dalla circostanza che nessun verbale di tali intercettazioni risultava depositato, e nemmeno inserito nelle motivazioni di provvedimenti giudiziari (come, invece, era accaduto nel caso delle intercettazioni ampiamente divulgate nei mesi estivi in rapporto all’inchiesta milanese per l’«affare Antonveneta»).
Anzi, a quanto pare, nessuna trascrizione è mai stata autorizzata dalla magistratura rispetto alle intercettazioni divulgate in questi giorni.
In questo quadro, l’apertura di un procedimento per rivelazione di segreto d’ufficio (a carico di un ignoto pubblico ufficiale, in concorso con l’autore del pezzo incriminato) ha rafforzato l’ipotesi che, in realtà, si sia trattato di una classica fuga di notizie, probabilmente riconducibile agli ambienti degli organi di polizia (nella specie, della guardia di finanza) incaricati di eseguire le intercettazioni disposte nei confronti di Consorte. Una fuga di notizie grave, sulla quale si dovrà indagare con la massima tempestività e il massimo rigore, senza riguardi per nessuno.
Non è esatto, quindi — come sembrano aver lasciato intendere il presidente della Camera Casini e lo stesso ministro Castelli — che siamo di fronte a una situazione analoga a quella verificatasi nello scorso agosto, a proposito dei numerosi brani di colloqui intercettati usciti su vari giornali, e ritenuta allora irrilevante dalla competente giunta della Camera.
Un conto, infatti, è pubblicare il contenuto di intercettazioni telefoniche non più coperte dal segreto, in quanto i relativi verbali siano stati depositati, o comunque resi noti alle parti.
Altro conto è, invece, pubblicare il testo (o anche soltanto il contenuto) di intercettazioni ancora coperte dal segreto.
Nel primo caso si tratta di una condotta lecita, salvo il divieto di pubblicazione del testo integrale dei colloqui intercettati.
Nel secondo caso, si tratta di una condotta gravemente illecita, in particolare sotto il profilo del reato di rivelazione del segreto d’ufficio.
Da un diverso punto di vista, l’episodio della pubblicazione dei colloqui occasionalmente intercettati tra Fassino e Consorte ripropone (e così sarebbe, beninteso, quand’anche non si trattasse di reato) il problema dei limiti alla possibilità di pubblicare il contenuto di intercettazioni telefoniche estranee all’oggetto delle indagini.
E naturalmente il problema si complica quando l’intercettazione abbia coinvolto per via indiretta un membro del Parlamento, a causa delle peculiari procedure prefissate dalla legge ai fini dell’utilizzabilità di simili intercettazioni.
E’ in realtà un problema di tutti quello di evitare che il segreto sui risultati delle intercettazioni telefoniche venga meno (con la conseguente possibilità di pubblicazione dei loro contenuti), prima che dalle stesse siano state stralciate le parti non rilevanti ai fini giudiziari.
Le soluzioni normative ci sono, e sono state da tempo indicate, ma evidentemente non rappresentano una priorità dell’attuale maggioranza. E nemmeno del disegno di legge governativo che giace nei cassetti dallo scorso settembre.