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5 Novembre 2004

Ulivo tra centro e radicalismo “Meglio lo scontro sulle idee”

Autore: Goffredo De Marchis
Fonte: la Repubblica

ROMA – Sarà anche vero che Bush ha vinto facendo leva sulla paura, ma adesso la paura si è trasferita in Italia, area centrosinistra.

Riprendersi il territorio, usare con cautela il tema dei diritti civili, trovare delle idee forti e uscire dalla politica vista come tecnica amministrativa. Sono altrettanti campanelli d´allarme. Il primo lo suona Massimo Cacciari: «Lasciamo perdere i commenti sulla rincorsa al centro, è fantascienza. Quale centro avrebbe conquistato Bush per ottenere il secondo mandato, quali elettori moderati? Semmai è successo il contrario. È vero piuttosto che bisogna combattere una seria battaglia sulle grandi idee, sul terreno etico, sul terreno delle visioni del mondo». Una risposta alle dichiarazioni rilasciate da D´Alema a Repubblica, ma non solo. Le questioni poste dal voto Usa possono insegnare qualcosa anche in Italia. «La politica – dice il filosofo – è anche e soprattutto ideologia, con buona pace di tutti i nostri disincantati politici e osservatori. Bisogna starci senza rincorrere nessuno, ma affermando con forza le proprie idee. Altrimenti il rischio è che l´onda della nuova destra non s´interrompa neanche in Italia». Idee forti, dice Cacciari, ma gli esperti italiani che stanno studiando il voto americano suggeriscono cautela quando arriverà il momento di affrontare alcuni argomenti chiave in una campagna elettorale. Maurizio Pessato, della Swg, parla di proposte «diversificanti» del centrosinistra come una delle formule per battere Berlusconi tra un anno e mezzo. Ma se queste proposte riguardano i diritti civili, attenzione. «Sono una mina vagante da usare con estrema prudenza. E la dimostrazione è nei risultati del referendum americano sui matrimoni gay, con una maggioranza di no che ha coinciso con la vittoria di Bush negli Stati interessati al quesito». Alla base della decisione di Prodi di lanciare un giro d´Italia al suo ritorno, una campagna di ascolto, c´è l´analisi dei suoi spin doctor. Analisi confermata dal voto statunitense. L´Italia aveva guardato con speranza al voto delle grandi città, dei grandi stati tradizionalmente democratici e aveva dimenticato il «territorio». Un peccato di snobismo. Il sondaggista Renato Mannheimer è convinto che il vento delle elezioni americane «avrà lo stesso effetto del vento spagnolo, cioè una piccola folata che finisce in archivio quasi subito. Lo vedremo – dice – alle regionali». Il paragone tra Italia e Usa del resto è quasi improponibile. «È vero – spiega Mannheimer – Bush è stato molto bravo a incarnare i valori del centro americano. Ma in Italia le elezioni non si vincono conquistando quelli che si collocano al centro, ma quelli disinteressati alla politica».

Che si debba tornare a una politica di idee forti, di radicalizzazione è un concetto sostenuto anche dalla diessina Giovanna Melandri. «I repubblicani l´hanno spuntata grazie alla radicalizzazione del messaggio: sicurezza e temi eticamente sensibili», avverte. Così hanno sussurrato alle orecchie dei ceti popolari, «gli stessi che in Italia hanno segnato la sconfitta del centrosinistra nel 2001. Berlusconi seppe parlare proprio a loro. Adesso il nostro compito – dice la Melandri – è studiare ricette popolari radicalmente diverse dall´offerta della destra». Il responsabile informazione della Quercia Gianni Cuperlo sottolinea l´intreccio tra comunicazione e politica nel voto americano: «Bush ha dato risposte agli elettori, magari non condivisibili. Ma sono le risposte che non è riuscito a comunicare e a dare Kerry». Non c´è dubbio che la guerra sia un´idea drammaticamente forte, tragicamente comunicativa. «E Bush vince dimostrandosi campione di questo estremismo radicale, e non perché Kerry è un girotondino. Non so proprio che film abbia visto D´Alema», osserva Fabio Mussi. Si può far tesoro di questa lezione in un altro senso. «Al mondo – continua il coordinatore del correntone – si vince con identità forti e definite che parlano al popolo. Con il nostro riformismo debole di cui si fa l´apologia non si va da nessuna parte».