Il presidente della Camera Luciano Violante, dopo l’improvviso stop, l’aveva promesso in Sicilia qualche giorno addietro: «Quel decreto legge dovrà essere approvato dal Parlamento il 7 maggio». E così, in effetti, è stato: 321 i voti favorevoli che comprendono anche quelli della Lega, contraria invece lo scorso 26 aprile quando il decreto si arenò in aula dopo il primo sì di palazzo Madama. Nonostante la campagna elettorale, dunque, in aula si è visto il pienone delle migliori occasioni.
Il decreto del governo, adesso diventato legge, era stato richiesto a gran voce dai magistrati, soprattutto dai pubblici ministeri di Roma che stanno indagando sull’omicidio del professor Massimo D’Antona. Fino a un mese fa, per loro, guadagnare una manciata di giorni poteva essere prezioso per evitare una pubblicità anticipata degli atti e la comunicazione agli indagati. In ballo c’era soprattutto l’investigazione dei carabinieri del Ros che però, con gli arresti del 3 maggio, è divenuta ormai nota a tutti e forse meno “bisognosa” di una proroga.
Le nuove norme prevedono che un’indagine preliminare possa durare due anni anziché 18 mesi, con un criterio che non distingue più tra i singoli reati come l’imputazione di strage e quella di associazione sovversiva. Inoltre anche la carcerazione preventiva potrà essere più lunga e arrivare fino a un massimo di due anni. Proprio questo ha spinto Rifondazione comunista (erano dieci i deputati presenti) a dare voto contrario: secondo il capogruppo di Prc Franco Giordano, se è positivo che ci sia un maggior lasso di tempo per indagare, è invece assai negativo che la custodia cautelare possa coprire un periodo così lungo «anche per persone che poi potrebbero essere condannate a soli tre anni». Questo, per Rifondazione, sarebbe «un residuo di una cultura emergenzialista».
Ovviamente soddisfatta la maggioranza. Valgano, per tutti, il commento del ministro Guardasigilli Piero Fassino: «È la prova che la lotta al terrorismo può essere vincente solo se c’è l’unità di tutte le forze democratiche», e dello stesso Violante: «È un buon segno per il Paese». Ma non mancano le polemiche, come quella del leader dei Democratici Arturo Parisi che contesta l’assenza in aula di Silvio Berlusconi, accusato di lamentarsi quando il terrorismo «minaccia la sua persona», ma assente dai banchi di Forza Italia quando è necessario votare. Dal Polo arriva la risposta di Rocco Buttiglione (Cdu): «Questo voto è la conferma che il pericolo del terrorismo, da noi denunciato, esiste».