9 Marzo 2004
Telekom Serbia, la destra attacca i giudici
Autore: Enrico Fierro
Fonte: l'Unità
La destra, che ora chiede l’intervento dei presidenti di Camera e Senato contro la procura di Torino. Mentre nel capoluogo piemontese il pm Bruno Tinti ribadiva che le indagini puntano a scoprire i mandanti di Volpe e Marini, a Roma si scatenava l’inferno.
Fabrizio Cicchitto, numero tre del partito di Berlusconi, accusava i pm torinesi di voler dirottare l’inchiesta dalla ricerche delle ipotetiche tangenti pagate per l’acquisto del 29% della società telefonica serba, al funzionamento della Commissione parlamentare d’inchiesta. Da Torino, dove lunedì era in corso l’udienza a porte chiuse del Tribunale del riesame sulla richiesta di scarcerazione avanzata da Antonio Volpe, il pm Bruno Tinti parlava anche di quella vicenda escludendo «irregolarità», e giudicando il prezzo pagato «congruo».
Ma tutto ciò a Cicchitto non basta, per lui le iniziative dei pm torinesi aprono «un problema istituzionale grande come una casa». Quella procura, è l’accusa lanciata in contemporanea da Luigi Bobbio, senatore di An, è scorretta, «le indagini contro Marini e Volpe procedono a colpi di mannaia». Nessuna replica da parte dei magistrati di Torino, che lunedì hanno smentito di aver convocato Enzo Trantino, presidente della commissione di inchiesta, per ascoltarlo come persona informata sui fatti: «Notizie destituite di ogni fondamento». Ma le indagini vanno avanti e puntano direttamente ai mandanti e a quanti hanno lavorato per inquinare i lavori della Commissione. Lo ha detto il pm Tinti nel corso dell’udienza del Riesame motivando il no alla scarcerazione o alla concessione degli arresti domiciliari avanzata da Antonio Volpe. Il magistrato ha nuovamente parlato della «zona grigia» all’interno della quale il faccendiere si muoveva, fatta di affaristi, agenti segreti, massoni e ambienti istituzionali.
Per rafforzare le sue tesi, il pm ha mostrato alcuni, non tutti, accertamenti fatti negli ultimi giorni: l’interrogatorio di un funzionario di una banca di Montecarlo e la trascrizione di una serie di sms ricevuti da Volpe. I magistrati lo hanno scritto chiaro e tondo nella loro inchiesta: «L’operazione calunniatoria di Marini era partita ben prima della sua audizone del 7 maggio 2003 da parte della Commissione parlamentare». Tracce evidenti ci sono nell’audizione dell’avvocato d’affari romano Fabrizio Paoletti del 14 gennaio 2003, quando, scrivono i magistrati, «vengono poste a Paoletti domande che chiaramente presuppongono, da parte degli interroganti, la conoscenza della futura versione di Marini». Chi interrogò, e molto a lungo, Paoletti fu il presidente Trantino. Che si era imbattutto in quel nome grazie ad una misteriosa telefonata, arrivata in Commissione (testimonianza del funzionario di polizia Guido Longo) verso la fine di novembre 2002.
Il telefonista consigliava di indagare su un certo Paoletti indicato «come uno dei riciclatori dei denari provenienti dall’affare Telekom-Serbia». Il poliziotto-consulente indaga e scopre che l’avvocato era stato arrestato su dichiarazioni di un certo Igor Marini. Il frutto del suo lavoro viene appuntato su un foglio e consegnato al Presidente Trantino. Il 2 dicembre 2002 viene spedita una lettera anonima che arriva negli uffici del Parlamento il 5 dicembre 2002, la consegna a Trantino è molto ritardata (e anche questo è un mistero non ancora chiarito), e porta la data dell’8 gennaio 2003. Scrive l’anonimo: «I nomi sono grossi, so di rischiare anche se non firmo, ma i risulati premieranno le vostre opere». In allegato un bonifico dello Ior e il riferimento alla società Lannock. Ricordiamo la tesi dei pm sull’operazione calunniatoria di Marini partita ben prima del maggio 2003, per collegarla alle confidenze che lo stesso Marini fa «tra il 29 novembre e il 5 dicembre 2002», ad una certa Vinicia Toson, titolare di una società di intermediazione mobiliare. «Marini – fa mettere a verbale la teste – si abbandona a confidenze circa l’affare Telekom-Serbia». Ma anche Antonio Volpe sapeva tutto, ben prima che Marini apparisse sulla scena.
Il 7 gennaio, quindi il giorno prima che Trantino leggesse l’anonimo, chiede al collega Romanazzi notizie sulla Lannock. Ma solo il 10 gennaio, «attraverso un comunicato Ansa delle 19,20» – scrivono i magistrati torinesi nella ordinanza di arresto – compare il nome dell’avvocato Paoletti. Quindi qualcuno, «fonti informative», chiosano i pm, deve aver informato Volpe. Per saperne di più, lunedì la procura di Torino ha chiesto alla Commissione l’acquisizione di una serie di documenti: l’appunto del consulente Longo per Trantino, la lettera anonima arrivata in Commissione l’8 gennaio, e il bonifico Ior, più i due pay-orders con l’indicazione dei nomi Ranoc. e Mortad., i due soprannomi con i quali Marini indicò Dini e Prodi, che Volpe consegnò a San Macuto il 31 luglio di quest’anno.
Il punto centrale è arrivare al personaggio che telefonando a Trantino indirizzò i lavori della Commissione sulla pista-tangenti. Perché, scrivono i pm a pagina 81 della loro inchiesta, «vi era qualcuno (o la fonte del presidente della Commissione, o la fonte della fonte) che chiaramente sapeva, a quell’epoca (novembre 2002, ndr) quel che Marini sarebbe venuto raccontando, mentendo, mesi dopo». Il nome della sua fonte, il Presidente Trantino non lo ha mai voluto rivelare.
Agli attacchi della destra rispondono Michele Lauria (Margherita) e Massimo Brutti (ds). Cicchitto, dice Brutti, «teme forse che vengano alla luce tutte le responsabilità per la calunnia di Telekom Serbia?». E Lauria: « Aspettiamo di conoscere complici e mandanti di Volpe e Marini».