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22 Settembre 2008

Sono l’ombra del governo

Autore: Marco Damilano
Fonte: L'Espresso

“L’Italia mi appare come un paese docile, dove si ha quasi il timore di
entrare in contrasto con la maggioranza. Si è sviluppato un
comportamento per cui l’imperativo è non esagerare, come se ci fosse
un’esagerazione nella libertà di opinione. È sorprendente come ogni
dissenso sia considerato destabilizzante. Ma quello che è
destabilizzante è che un’opposizione, politica e della società, non
cerchi di reagire come la Costituzione prevede, e che invece voglia
attutire i toni”.

La prima strada tentata dal Pd è quella del governo ombra. È una via percorribile in Italia?

“La
verità è che in Italia c’è poca dimestichezza con il confronto. Si
preferisce cercare il compromesso, la mediazione, mettere in piedi
commissioni bipartisan (come se la maggioranza non fosse forte
abbastanza!). Anche il governo ombra evoca un modo compromissorio di
gestire il rapporto tra maggioranza e opposizione, soprattutto perché
il Pd non è ancora radicato nel paese. Non esiste il governo ombra
senza partito. Diventa l’ombra del governo. La debolezza del Pd deriva
anche dal fatto che manca di una leadership forte: Veltroni da solo (e
spesso sotto torchio nel suo stesso partito) può fare ben poco. Il
partito non è una costruzione burocratica. Il momento di fondazione è
anche opera di una leadership carismatica, autorevole; e questo momento
non c’è stato. Le polemiche tra sindaci, presidenti di regione e
vertici nazionali dimostrano una mancanza di riconoscimento
dell’autorità del partito”.

Negli ultimi giorni, però,
Veltroni ha alzato i toni contro il governo, ha attaccato Alemanno
sull’antifascismo, si prepara alla manifestazione. È un’inversione di
rotta?

“È positivo ora il tentativo di una ricucitura
con la società civile e la volontà di avere una voce franca. Ma
l’intenzione di andare a manifestare in piazza mi sembra dettata da una
necessità più che da una scelta di obiettivi coerenti. Come i calabroni
quando sbattono sui vetri della finestra chiusa senza trovare una via
di uscita. È un agire contingente. C’è la contingenza di Alemanno che
riabilita il fascismo e c’è la reazione contingente del Pd. C’è il
federalismo della Lega che il Pd accetta come un dato di discussione,
senza intraprendere un’analisi del federalismo nelle sue diverse forme
e criticare duramente il federalismo inegualitario che si sta
profilando; soprattutto senza neppure sollevare il problema che si sta
mettendo in discussione la forma dello Stato, un fatto che non è
secondario e che non dovrebbe appartenere alla politica ordinaria. Lo
stesso sulla scuola: il ministro Gelmini non sta semplicemente
rimettendo ordine, ma sta smantellando un patrimonio della nazione,
costruito nel corso di decenni. Ma come si può trattare la scuola come
qualcosa che un ministro fa e disfa a sua discrezione? La scuola non è
della maggioranza. Queste cose il Pd non le dice. Procede a rimorchio
su temi cruciali. Il governo ha un progetto organico di stravolgimento
della nostra democrazia; il Pd dovrebbe opporre un contro-progetto
altrettanto coerente, non semplicemente reagire alle contingenze. Fare,
per ripetere le parole del presidente della Repubblica, una politica di
patriottismo costituzionale. Ha una cultura politica assente o inadatta
come chi deve orientarsi in un paese straniero e dispone solo di
vecchie mappe. L’egemonia la fanno gli altri: di là c’è il liberalismo
restauratore di Tremonti, di qua non c’è nessuna visione. Solo qualche
parola presa dal bagaglio di vecchie memorie e piccole battaglie
quotidiane”.