18 Luglio 2004
Senza leader predestinati
Autore: Ilvo Diamanti
Fonte: la Repubblica
Gli elettori di centrosinistra, militanti, convinti, tiepidi e possibili mostrano idee precise circa il futuro della loro parte. La vogliono unita, aperta, plurale e partecipata. Sicuramente lontana dal modello mediatico e personalizzato, che Silvio Berlusconi ha interpretato, con successo, nella stagione del centrodestra.Si tratta di indicazioni che emergono con chiarezza dal sondaggio che Demos ed Eurisko hanno condotto nei giorni scorsi su un campione nazionale di oltre 1000 elettori, orientati a centrosinistra.
1. Vogliono unità. Quattro su cinque considerano utile formare un “partito” di centrosinistra. Altrettanti si dicono soddisfatti dell´esperimento della lista “Uniti per l´Ulivo”. E la vorrebbero riproporre, allargata ad altri. (Magari, aggiungiamo noi, preparandola con maggiore convinzione e attenzione). Aprendola ai moderati e alla sinistra. Non a tutti. Rifondazione Comunista, in particolare, si chiama ed è considerata (largamente) “fuori”. Distinta. Ma coinvolta, comunque, nell´alleanza. Il che indica una strada, piuttosto precisa: l´integrazione tra le forze politiche dell´Ulivo, l´accordo con Rifondazione.
2. Vogliono partecipare. Oltre alla televisione e al marketing (più della televisione e del marketing), vogliono partecipazione e organizzazione. Presenza visibile nella società e sul territorio. Non solo al momento delle elezioni. Ma con maggiore continuità. D´altronde, questa strategia ha premiato il centrosinistra alle recenti consultazioni. Il porta a porta condotto fra i cittadini, piuttosto che nel salotto di Bruno Vespa. I comizi nelle piazze, gli incontri nelle sale dei paesi e dei quartieri. Gli elettori. Hanno apprezzato chi è andato a incontrarli, nei luoghi di vita. Ma vorrebbero, vogliono partecipare anche alla vita della loro “parte”. Alle scelte del centrosinistra.
3. Vogliono con-dividere la scelta del candidato premier. Per quasi il 60% della base del centrosinistra, questa operazione dovrebbe avvenire attraverso libere elezioni aperte agli elettori e ai simpatizzanti. Organizzando, cioè, delle vere “primarie”. Il che risulta, sicuramente, complicato e un po´ ambiguo. Non siamo americani. Tuttavia, per questo elettorato pare trattarsi di un´esigenza “metodologica”; quasi “fisiologica”: partecipare alla scelta del leader. Non gli basta incontrarlo al momento delle elezioni politiche. Delegando alle segreterie dei partiti il compito di decidere. Tanto meno accetta il “metodo-Berlusconi”: l´auto-investitura, in virtù di “proprietà” mediatiche e imprenditoriali; oppure di meriti pregressi: delle vittorie passate. Così si spiega la disponibilità, esplicita, espressa da oltre otto elettori su dieci (praticamente tutti), a partecipare alle – eventuali – primarie.
4. Non amano la “personalizzazione”. La domanda di partecipazione e di coinvolgimento appare più importante della stessa identità del leader da scegliere. Il candidato premier preferito dagli elettori di centrosinistra, secondo il sondaggio Demos-Eurisko, è Romano Prodi, secondo le previsioni. Il quale, però, non ottiene un plebiscito. Raccoglie poco più del 20% dei consensi. Abbastanza per primeggiare. Ma non moltissimo, per un leader che, da anni, è riconosciuto dal gruppo dirigente dei partiti di centrosinistra. Tanto più che altri leader intercettano circa il 10% delle preferenze: Veltroni, Rutelli, Cofferati, D´Alema. Potremmo richiamare, a questo proposito, le critiche sollevate, negli ultimi mesi, dall´esperienza della lista unitaria, peraltro voluta dallo stesso Prodi. In particolare, la difficoltà di suscitare passione se si è lontani, se non si sta in mezzo alla gente, se, per dovere istituzionale, si assume una posizione obliqua?
Tuttavia, per quanto significative e rilevanti, queste spiegazioni sono insufficienti. Perché la ragione principale, di questo sostegno un po´ tiepido, è che la natura del consenso non è carismatica, nel centrosinistra. Dove nessuno, oggi, è in grado, da solo, di offrire identità e riconoscimento a un elettorato ampio, differenziato, esigente. Neppure Prodi. Tanto meno altri.Ciò rafforza l´immagine di una leadership plurale. “Collegiale”. Che ha bisogno di una vera legittimazione democratica, attraverso un confronto elettorale aperto e “vero”, nell´ambito del centrosinistra. Senza accontentarsi delle rituali convention, che sanciscono scelte già consumate. Peraltro, le “primarie”, o, comunque, il coinvolgimento degli elettori nella scelta del candidato premier costituiscono, di per sé, un “metodo” per istituzionalizzare l´esistenza di un soggetto politico comune. Più importante di ogni leadership, per quanto forte e significativa. L´indagine offre altre due indicazioni, interessanti per il dibattito che si sta sviluppando da tempo in ambito politico.
a. La prima riguarda l´identità e il baricentro politico di questo elettorato. Sbaglia chi, per convinzione o per malizia, parla di una vocazione radicale ed estrema. In realtà, questa base elettorale appare saldamente ancorata a centrosinistra (42%); e dispone di un ampio settore di consensi – reali e possibili – anche al centro e a centrodestra (nell´insieme, il 20%). Metà di questo elettori, peraltro, sostiene l´esigenza di “sfondare” al centro, presso i moderati; e vedrebbe con favore, accordi con l´Udc, in vista delle prossime elezioni regionali. Il fatto è che il centrosinistra attraversa culture e idee politiche diverse. Visto che il 30% degli elettori si dichiarano, comunque, “di sinistra”. Senza aggettivi. La spinta all´unità deve rispettarne le distinzioni. Non è risolvibile attraverso la personalizzazione, né attraverso saldature artificiose. È una richiesta condivisa, ma va assecondata con cautela. Non può, non deve essere realizzata per strappi. Com´è avvenuto, in qualche misura, nel caso della lista unitaria. (Da tre partiti a una sola formazione politica. Senza etichette che aiutassero gli elettori a scoprirne il retroterra. Quanti elettori dei Ds e della Margherita hanno vagato lungo la scheda invano, alla ricerca del loro simbolo?).
b. La seconda riguarda le aspettative. Importanti, per impostare il futuro. Perché spesso le aspettative condizionano le scelte degli elettori. Favoriscono e preparano profezie che si autoavverano. Sono ottimisti, gli elettori del centrosinistra. Tanto quanto, almeno, erano depressi solo un anno fa. E sono convinti, pressoché tutti, di vincere le prossime elezioni politiche. Di tornare al governo. D´altra parte, l´esito delle recenti consultazioni e la recente, faticosa crisi che ha investito la Cdl, ha rafforzato questo sentimento. Gli elettori del centrosinistra. Si sentono maggioranza sociale e politica, se non parlamentare. E guardano le tensioni del centrodestra come altrettanti segnali di declino del modello-Berlusconi.Il rischio maggiore, oggi, è costituito proprio da questo clima di attesa. Troppo caldo. Sarebbe un problema raffreddarlo. Ri-proponendo la strategia di Penelope. Intenta, la notte, a disfare la tela tessuta di giorno. Il vizio di aprire dibattiti infiniti, definiti con nomi sempre nuovi e fantasiosi. Dopo la lista unitaria, l´unità delle liste. I lunghi dibattiti sulla federazione, piuttosto della confederazione, l´unità modellosindacale, la nuova fase costituente e la ricostituente.
Le discussioni sul metodo di scelta del candidato, già deciso. Da tempo. E già “discusso”, insidiato. Da tempo; nelle retrovie. Dagli amiciecompagni. Gli elettori di centrosinistra.
Vorrebbero partecipare. Alla prospettiva unitaria. Alla politica. Ma anche alla scelta del leader. Non sono attratti dalla “leggenda del leader vincitore”. Dai “predestinati”. Né dalle scelte oblique. Vorrebbero contribuire a scrivere il proprio destino. Insieme. Vorrebbero. Deluderli ancora potrebbe essere molto rischioso.