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19 Giugno 2008

Scalfaro sfida il premier: si presenti ai giudici Deve superare il «complesso dell’imputato»

Autore: Marzio Breda
Fonte: Corriere della Sera

Presidente Scalfaro, qualche ora fa, commemorando la Costituzione, lei
ha ricordato che l’Italia ha vissuto «in passato tempi dolorosi di
polemica tra l’esecutivo e la magistratura ». I fatti degli ultimi
giorni dimostrano che il conflitto si è riaperto: Berlusconi parla
ancora di «giustizia usata a fini politici», attacca procure e
tribunali e vuol far passare una norma che congelerebbe un processo nel
quale è imputato. È preoccupato di questo replay?

«Sì, sono
preoccupato soprattutto per l’annuncio della rottura di un dialogo che
aveva appena cominciato a fare i primi passi. Ognuno si rende conto di
quanto ci sia di vero in quel dialogo e quanto invece ci sia (a essere
ottimisti) di tentativo di “recitazione”, per cercar di introdurre una
pagina nuova nella realtà politica italiana. Non ho mai creduto che,
dopo tante tensioni, esplodesse d’un tratto un parlare confidenziale,
un trattare autentico sulle grandi intese. Tuttavia, spezzare anche
quel piccolo filo mi pare possa essere disastroso ».

Si ripropone lo schema di 15 anni fa: una guerra tra poteri dello Stato.
«Non
c’è dubbio, mi pare sul serio un salto all’indietro nel tempo. E certi
atteggiamenti mi fanno pensare a quello che, quando ero magistrato,
chiamavamo “complesso dell’imputato”. Così, eccoci qua a riascoltare i
soliti discorsi sul complotto delle “toghe comuniste” e sulla
“persecuzione delle aule di giustizia”. Eccoci di fronte a leggi e
provvedimenti studiati per mettere sotto controllo l’ordine
giudiziario. Vicende che abbiamo già vissuto».

Ma siccome è una storia già scritta, come si può uscirne senza che il Paese si paralizzi in una distruttiva prova di forza?
«Proprio
perché tutti sappiamo che effetti può avere la replica di un simile
scontro e dove può sfociare, mi viene in mente una sola strada: un
appello diretto ed esplicito al presidente del Consiglio. Quasi
un’invocazione, che formulerei così: “Caro presidente, nell’interesse
del nostro popolo, faccia un grosso sacrificio e affronti la sofferenza
di una procedura dove penso che le sue dichiarazioni e l’appoggio dei
suoi avvocati possano giungere a una soluzione di verità. Il servizio
alla cosa pubblica molte volte porta a pagare un prezzo elevato, ma
questo è infinitamente più meritorio che assumersi la paternità di una
rottura e precipitare il Paese in uno scontro di cui non si
comprenderebbe l’esito”».

Per come il Cavaliere ha dimostrato di battersi finora, questa prospettiva è però irreale, non le pare?
«Infatti.
Anche se io credo (voglio credere) che le persone di sua fiducia, per
impedire che si giunga a una lacerazione insanabile, possano
convincersi e convincerlo che l’interesse dell’Italia deve prevalere su
tutto ».

Molti sono rimasti sconcertati nel vedere come Berlusconi
abbia cancellato di colpo la «strategia del sorriso» dei mesi scorsi.
Possibile che abbia un tale orrore verso la magistratura da
compromettere il timido colloquio avviato in Parlamento?

«Bisognerebbe
che non ascoltasse le voci che fatalmente portano allo scontro e che si
sforzasse di far emergere gli elementi positivi. Qui non è in gioco una
fucilazione e dei consiglieri seri dovrebbero suggerirgli semmai di
affrontare una serena sfida alla giustizia, come fa colui che si sente
sicuro del proprio operato. Infatti, un conto è una sfida in un’aula di
tribunale, un conto una guerra senza quartiere».

Traduciamo quest’idea in concreto, presidente.
«Il
premier, se davvero crede sia utile il contestato emendamento per
cambiare i ruoli delle udienze e far slittare certi processi (una sorta
di “amnistia mascherata”, come sostengono molti), vada in Parlamento e
dica: “Questa legge è importante e necessaria, vi chiedo di votarla. Io, per parte mia, non porrò comunque ostacoli al mio processo perché so che ne uscirò pulito”».

Era
inevitabile che il dialogo politico si interrompesse su questa partita?
Oppure, nel nome delle riforme, l’opposizione avrebbe dovuto tenere
aperte le comunicazioni con il governo?

«In queste ore ho
incontrato diverse persone del centrosinistra e anche Veltroni.
Riconoscono tutte che non è possibile far digerire agli italiani un
intervento legislativo del genere, particolarmente anomalo e dichiarato
“incostituzionale” da eminenti giuristi. La ferita sarebbe troppo
grave. Non è dunque criticabile chi ha deciso di interrompere il
dialogo. Quando si riduce la politica a guerra, come si può poi
chiedere collaborazione? Oppure si vorrebbe che l’opposizione cedesse
su tutta la linea? »

Alcuni temono le ricadute della «partita
giustizia» sull’opinione pubblica, il rilancio dei vecchi girotondi, e
profetizza nuove lacerazioni.

«Ho avuto qualche simpatia per i
girotondi, che sono stati un segno di vitalità e di partecipazione oggi
forse impossibile. Ma sono preoccupato che si vada verso uno sfascio
totale, verso un’insanabile separatezza tra cittadini e istituzioni,
verso il crollo definitivo di una fiducia che già vacilla da tempo. La
gente è satura di scontri. Se domani ci fossero le elezioni, quanti
crede che andrebbero a votare?»

Il nuovo braccio di ferro del
premier rischia di aprire un conflitto anche con il Quirinale. Che cosa
farebbe, lei, al posto di Napolitano?

«Il capo dello Stato sa
perfettamente quel che serve fare in circostanze come questa. Gli sono
fortemente vicino e non mi permetto di interferire con il suo compito,
oggi più che mai delicato. Stamattina me lo sono trovato accanto,
quando ho rievocato i 60 anni della Costituzione. E ho chiuso il mio
intervento con poche parole: “Pensieri, preoccupazioni e speranze
rimangono in silenzio… vorrei solo essere capace di invocare che
prevalga sempre, a prezzo di ogni possibile sacrificio, l’interesse
supremo del popolo italiano ».