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2 Luglio 2008

Sarkozy e i frettolosi becchini dell’Europa

Autore: Bernardo Valli
Fonte: La repubblica

L´Europa suscita in molti la
vocazione del becchino. Ad ogni crisi sono numerosi ad agguantare la
vanga per scavarle la fossa, pur sapendo che essa resterà vuota. È
infatti impossibile scavare una tomba che contenga tutta l´Europa: vale
a dire i sentimenti più o meno profondi, le coscienze sia pure
assopite, le memorie storiche benché appannate di cinquecento milioni e
passa di uomini e donne, che da sessant´anni vivono in pace, sia pur
litigando, dopo secoli di guerre. Negli anni in cui si preparava l´euro
uno dei più validi giornalisti d´oltreatlantico in trasferta da noi
riempì pagine, più d´una per ogni paese interessato alla moneta unica,
per spiegare che quest´ultima era impossibile. Assurda. Vedi
pericolosa.

Come potevano usare le stesse banconote i poveri calabresi
e gli opulenti amburghesi, i contadini andalusi e i mercanti
fiamminghi, i macedoni dell´olio d´oliva e i lionesi della ricca cucina
Bocuse? Il dollaro circola in tanti Stati americani, ma l´America è
un´altra cosa. A queste sacrosante parole il columnist newyorkese
aggiungeva che la moneta unica avrebbe riaperto col tempo il ciclo
delle guerre europee. Era inevitabile. Avrebbe provocato un fallimento
generale, quindi il caos.
L´euro è oggi la più forte (troppo forte!)
moneta del mondo. Rischia di scoppiare per eccessiva salute. Ma il New
York Times ha annunciato di nuovo il caos in Europa, nei giorni scorsi,
quando l´1% del mezzo miliardo di cittadini dell´Unione, gli irlandesi,
hanno respinto il Trattato di Lisbona. E di caos si è parlato anche in
tutte le capitali europee. Non si doveva, non si dovrebbe parlare più
pacatamente di un´ambizione che si restringe, che non mobilita, come
capita nelle famiglie fortunate, perennemente angosciate dal declino, e
incapaci di sopportare i parenti che si moltiplicano e l´assillante
invasione dei vicini poveri attratti dal benessere?

L´euro non fu
accettato da tutti i membri dell´Unione: ma non per questo il progetto
della moneta unica è abortito. Oggi la condividono sedici Paesi su
ventisette. Perché non consentire all´Irlanda, o a qualsiasi altro
paese contrario al Trattato di Lisbona (vedi la Polonia nelle ultime
ore) di ritirarsi provvisoriamente dal processo di integrazione
europea? È quel che hanno suggerito, tra gli altri, il ministro degli
esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, e il segretario agli affari
europei francese, Jean-Pierre Jouyet. Speriamo che perseverino. Perché
non ascoltarli? È grazie alle avanguardie che l´Europa ha continuato il
processo di integrazione.

Nicolas Sarkozy è personalmente un
riassunto dell´Europa: padre ungherese, madre di origine greca, una ex
moglie con ascendenze spagnole e quella attuale italiana. Come
presidente francese rappresenta un paese decisivo per l´Europa.
Infatti, da quando è iniziato il processo di integrazione, la Francia
l´ha fatto avanzare e l´ha periodicamente bloccato. Essa non è
classificabile né tra i pro-europei né tra gli euroscettici. Su questo
terreno non è tra i primi, come la Germania, né tra i secondi, come
l´Inghilterra. In Francia pro-europei ed euroscettici sono presenti su
tutto lo scacchiere politico. Dopo avere esercitato in negativo o in
positivo una leadership quasi indiscussa, dal trattato di Maastricht in
poi la Francia ha perduto il suo ruolo. Per riacquistarlo in un´Europa
a ventisette essa deve abbandonare l´ideologia dell´unanimità e del
veto, cui è legata, e deve applicare appunto il principio delle
avanguardie che avanzano sulla strada dell´integrazione lasciando le
porte aperte a coloro che al momento preferiscono fermarsi, per poi
magari riprendere la marcia. L´euro funziona senza essere la moneta di
tutta l´Unione, di cui è in realtà una delle travi portanti. Questo
suggerisce Jacques Delors, mitico presidente della Commissione, e con
lui Tommaso Padoa-Schioppa, presidente di «Notre Europe» (fondazione
appunto creata da Delors).

Nicolas Sarkozy assume la presidenza
semestrale pieno di energie e di idee in un´Europa anemica. Potrà
essere un buon ricostituente. L´Unione che deve rianimare è pletorica,
difficile da guidare, e soprattutto priva di una forza cui ricorrere
per superare o archiviare gli ostacoli. La Francia non è più appoggiata
dalla Germania. Non lo è più come un tempo. Angela Merkel e Nicolas
Sarkozy rappresentano ancora, per immutabili motivi geopolitici e
storici, la coppia nobile dell´Unione. Fanno ancora frequenti, puntuali
riunioni e redigono comunicati in comune, ma sono ben lontani dal
rappresentare una coppia politica solidale nei momenti cruciali.
L´intesa tra Valéry Giscard d´Estaing e Helmut Schmidt, e poi tra
François Mitterrand e Helmut Kohl (lascio alla storia la coppia
Adenauer-de Gaulle), erano un´altra cosa. Non erano protocollari. C´è
chi vede nella guerra dell´Iraq (quando Chirac e Schroeder assunsero
posizioni antiamericane, interpretando le opinioni pubbliche ma non le
posizioni della maggioranza dei governi europei) la fine dell´efficacia
franco-tedesca. Ma la riunificazione della Germania e l´allargamento
dell´Unione avevano già cambiato le carte in tavola. Oggi Parigi e
Berlino restano amici, alleati, ma non più complici.

Angela Merkel
ridimensiona puntualmente i progetti francesi (ad esempio quello
Mediterraneo) e i giornali tedeschi (come Die Welt) definiscono
germanofobo Nicolas Sarkozy. Gli abbracci e le intese tra Angela e
Nicolas fanno parte delle formalità o della pura real-politik. Né la
Francia può trovare altri validi partner. Può essere d´accordo con
Berlusconi su molte cose, ma non può esibire troppo la frequentazione.
Non solo perché l´Italia è oggi il paese malato d´Europa (insieme alla
Francia, secondo Le Monde), ma perché il titolare del governo cisalpino
non è popolare, non è presentabile, a Parigi, né a destra né a sinistra.

Nicolas
Sarkozy coltiva i piccoli paesi, che fanno numero e rischiano di
diventare dei peones della Germania. E trova interlocutori favorevoli
capitolo per capitolo. Non per le grandi riforme. E, venendo meno a una
tradizionale arroganza gollista, dedica tempo (con relative polemiche)
alla Commissione di Bruxelles e al Parlamento di Strasburgo. Non per
improvvisa umiltà ma per necessità. Il suo semestre sarà comunque
grandioso: sarà ritmato da dieci vertici internazionali e dalla grande
festa di metà luglio, quando alla vigilia della massima ricorrenza
nazionale (l´anniversario della Presa della Bastiglia) riceverà a
Parigi ventisei capi di stato o di governo europei e tutti (o quasi
tutti) quelli dei paesi mediterranei. Israele e Siria compresi. Sarà la
festa dell´Unione per il Mediterraneo, che Angela Merkel ha
ridimensionato, o meglio diluito, imponendo la partecipazione di tutti
gli europei, compresi i baltici e gli scandinavi. La festa avverrà
comunque sotto l´insegna del Mediterraneo. Questo Angela Merkel l´ha
concesso.