Metti una sera (prima di cena) Guido Rossi, Roberto Mazzotta, Bruno Tabacci
a parlare di banche, di sistema del credito, di risparmio tradito e di riforme
che si fatica a considerare tali, e prima o poi, come si dice, il botto arriva.
Perchè è chiaro che la presentazione in una delle più grandi (ma in questo caso
piccola visto il pubblico presente) librerie Feltrinelli della città del libro
«L’intrigo», documentata ricostruzione dei giornalisti Giuseppe Oddo e Giovanni
Pons delle ultime tribolate vicende che hanno interessato il mondo bancario
italiano, dai bond argentini ai casi Cirio e Parmalat fino alle vicende
dell’estate, le scalate ad Antonveneta e a Bnl con la regia, tutt’altro che
esterna, dell’ex governatore Fazio, l’intrigo appunto, per gente che, sia pure
da angolazioni diverse, il mondo della politica, degli affari e della finanza lo
conosce a fondo, beh, è un invito a nozze.
Prendete Tabacci, per cominciare, lui che da presidente della commissione
Attività produttive della Camera non ha mai nascosto le sue critiche al sistema
fazista, cioè alla logica che cammuffava dietro la bandiera della difesa
dell’italianità del sistema bancario contro le invasioni straniere una battaglia
di potere, a un certo punto sbotta: «Se non interveniva la magistratura – dice –
cosa credete? Fazio sarebbe ancora lì, al suo posto, perchè era l’intreccio
delle due Opa bipartisan, l’Antonveneta alla Lodi, la Bnl all’Unipol, destra e
sinistra d’accordo, che teneva lì, ancorato alla sua poltrona, l’ex
governatore». Bene che sia finita così la storia dei furbetti del quartierino,
bene che in Bankitalia non ci sia più Fazio ma un signore che finalmente gode di
una forte credibilità internazionale, si può guardare al futuro, aggiunge, con
un po’ più di speranza, ma… «ma io mi dolgo della supplenza della
magistratura», ci tiene a un certo punto a sottolineare Tabacci, «perchè è degno
solo di un paese arretrato che sia la magistratura e non le autorità di
controllo a portare a galla fatti e misfatti, non la politica che in questo
momento è debolissima, sia a destra che a sinistra».
Concetto ripreso, con qualche distinguo, dal presidente della Popolare di
Milano, Mazzotta, una lunga militanza democristiana (come Tabacci) alle spalle e
che non a caso insiste sull’assenza in Italia di una classe politica e dirigente
capace di governare e traduce il concetto in slogan: «il problema non è la
presenza di poteri forti ma l’assenza di una politica forte». Lui, come
banchiere, auspica non la difesa dell’italianità delle banche ma il
contrattacco: la creazione di forti gruppi creditizi capaci di espandersi in
Europa, capaci di far concorrenza agli altri gruppi europei. E dalle vicende
dell’estate, il triangolo delle Bermuda Antonveneta-Bnl-Rcs come lui lo
definisce, trae una conclusione polemica che certo risente del drammatico
trapasso dalla prima alla seconda repubblica innescato da Mani pulite: «Con la
brillante operazione dei furbetti del quartierino – sorride amaro – noi paghiamo
la distruzione della classe politica, l’eliminazione della grande impresa e la
demonizzazione della classe dirigente finanziaria».
Ed è qui, sulla supplenza della magistratura, sull’assenza della politica
che Guido Rossi, il professore, giacca blu e dolcevita nera, prepara i suoi
botti. «Non c’è supplenza della magistratura che ha fatto il suo mestiere, ci
sono dei reati, aggiottaggio, appropriazione indebita, è intervenuta proprio
come succede ovunque in tutte le crisi finanziarie: non è vero che si è
sostituita alla politica».
Picchia, picchia duro Rossi: «Non è così vero che la
politica è debolissima, è vero invece che la politica sta costruendo un sistema
fatto da una serie di leggi dalla caratteristica agghiacciante: evitare che ci
siano vere regole di comportamento sulla base di una presunzione di false
libertà di contrattazione, vedi la riforma del diritto societario, vedi –
insiste – la riforma della legge fallimentare». Inevitabile, per Rossi,
l’accenno a quella che definisce l’ultima anomalia italiana, la legge sul
risparmio appena varata, che boccia senza appello: «E’ una delle più brutte
leggi degli ultimi trent’anni, è affrettata, tecnicamente obbrobriosa, fatta in
fretta e furia solo perchè c’era il problema di far dimettere Fazio». Un fiume
in piena, Rossi, che insiste: «Non tutela il risparmio e contiene mostri
inconcepibili come la nomina dei membri del consiglio d’amministrazione a
scrutinio segreto e come la commissione a tutela del risparmio fatta di tre
membri indipendenti che dipendono dal presidente del consiglio: chi ha fatto
questa legge? La politica – si risponde – che trova un parlamento debole perchè
la maggior parte delle leggi le fa il governo con leggi delegate».