13 Giugno 2005
Referendum: così l’Italia non ha voluto decidere
Autore: Silvio Buzzanca
Fonte: la Repubblica
ROMA – “Il referendum è andato, finito, chiuso. Sepolto sotto l’antica voce Democrazia cristiana. Se va proprio bene si arriva al 35 per cento. Ma ci si potrebbe fermare al 25. E’ catastrofico, peggio di quanto immaginassi”. Nicola Piepoli, direttore dell’istituto di ricerca che porta il suo nome, guarda ai dati dell’affluenza del referendum sulla procreazione ed emette un verdetto sconsolato: con queste cifre non si va da nessuna parte.
Lo dice con un po’ di amarezza e partecipazione perché lui, “cattolico con il senso dello Stato, è andato a votare no”. Nel tracollo Piepoli vede all’opera numerosi fattori. Ma punta l’indice su quello che chiama il “fattore 12”. “Avere visto che a mezzogiorno il quorum era così basso ha disincentivato molti dal recarsi alle urne. E questo spiega tutte le polemiche che ci sono state e ci sono sulla diffusione di questo dato”.
Ma la diagnosi infausta è condivisa anche da altri colleghi che si occupano di ricerca e sondaggi. Alessandro Amadori, per esempio, direttore del Coesis Research, dice che “siamo fuori trend, con questi numeri il quorum non ci sarà, la probabilità di superare il 50 per cento sì è molto abbassata. A maggior ragione se si pensa che all’estero hanno votato solo il 20 per cento dei circa tre milioni di aventi diritto. Il che porta il quorum reale oltre il 52 per cento”.
Amadori ricorda che “secondo le simulazioni che circolavano in questo giorni per raggiungere il quorum alle 12 doveva aver votato il 10 per cento degli elettori e alle 22 fra il 30 e il 35 per cento”. L’unica attenuante, secondo Amadori “è il fatto che questo fine settimana c’è stato un mini esodo e che molti italiani sono rientrati a casa in serata. Ma è evidente che con questi numeri la probabilità si è indirizzata verso il mancato raggiungimento del quorum”.
Amadori guarda alle sequenze storiche dei referendum e nota “che è dal 1995 che un referendum non raggiunge il quorum. E questo sembra segnalare una correlazione fra l’andamento dei referendum e l’introduzione del maggioritario. Quasi che il maggioritario abbia disinnescato questo strumento istituzionale”.
Il direttore del Coesis in questo risultato legge però un elemento inquietante: “Se non si raggiunge il quorum è un brutto segnale per i paese. Sarebbe il segno di una società che si rifiuta di crescere e rinuncia alla modernità. Infatti nei prossimi anni saremo chiamati sempre di più a prendere decisioni di questa natura. E il non voto sarebbe appunto rinunciare a decidere”.
Una lettura che in qualche maniera condivide anche Nando Pagnoncelli. Il presidente dell’Ipsos, è un po’ meno sorpreso dei colleghi sull’affluenza bassa. “I dati non mi meravigliano – dice – perché da tempo sono convinto che il quorum non sarà raggiunto. Una convinzione che mi sono fatto sulla base di tre ordine di motivi. Il primo è che i quesiti oggetto del referendum sono troppo complessi e che gli elettori hanno deciso di non decidere.
Un dato che è dimostrato dal diminuire della propensione ad andare a votare di fronte all’aumentare dell’informazione. E’ come se gli italiani avessero deciso di essere “inadeguati” a decidere su materie molto complesse che implicano scelte di natura etica. Non fuggono, decidono semplicemente di rinunciare a decidere”.
Secondo Pagnoncelli un altro fattore che incide in qualche misura sull’astensione “è la contrapposizione fra laici e cattolici, lo scontro che si è innestato fra la Chiesa e settori della società italiana”. E infine, conclude, “c’è da rilevare un calo della presa dei partiti sugli elettori. Abbiamo rilevato che il 75 per cento degli elettori rispondevano che i partiti dovevano lasciare libertà di coscienza su questi argomenti. Se il quorum non si raggiunge è colpa anche della mancata capacità di mobilitazione dei partiti”.