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9 Settembre 2004

Quelle donne sulle trincee

Autore: Francesco Merlo
Fonte: la Repubblica

Simona e Simona hanno due belle facce qualunque, amiche, sorelle e figlie nostre, facce intense di donne italiane che riconosciamo come molto familiari sin nel rapporto distratto con la propria bellezza, dolcemente contaminata dall´estetica irachena, orecchini, sciarpette e sandali casualmente «terzomondisti». Ma anche Cinzia Banelli, che ha confessato di avere fatto parte del commando brigatista che uccise il professore D´Antona, ha una faccia qualunque. Sembra un´insegnante di matematica, un´impiegata della posta, una casalinga presa da incombenze familiari quotidiane, senza un minimo di auotocompiacimento.


Certo, solo rendendosi anonima la Banelli poteva fare la staffetta di un agguato terrorista, «il palo» di una banda omicida. Dunque nella brigatista si intuisce una depressione costruita, la necessità operativa e professionale di mascherare il proprio azzardo di vita con l´anonimato, una tensione al travestimento che non c´è in Simona e Simona così naturalmente indifferenti all´apparenza, fiere di un anonimato che porta alla bellezza e non castigate da un imbruttimento che porta all´anonimato.
E tuttavia, prima di arrivare all´aberrazione della quale si è pentita, prima di scoprire la grande e leggera tenerezza verso il piccolo Filippo, partorito in prigione, anche la Banelli deve essere stata animata da una pulsione alta, come quella di Simona e Simona, una visione che non sopporta la banalità della vita quotidiana, a torto identificata con il capitalismo, la voglia di cavalcare il leone, quella confusa ricerca dell´assoluto che oggi fa delle donne le protagoniste dell´eccesso, sia nel bene e sia nel male, facce di donne che esibiscono una passione autentica contro facce di uomini nascoste dal passamontagna o dall´ufficialità, volti che sembrano di bestie che si adeguano.
Tutte le pulsioni forti della nostra epoca si agitano nelle donne. Sono molto femminilizzate le associazioni del volontariato non governative delle quali fanno parte tantissime ragazze affascinate e fascinose come Simona e Simona. E non può essere solo una coincidenza che siano donne anche le terroriste cecene che stavano sedute in circolo nella scuola di Beslan, carnefici di bambini, lupe feroci pronte a travestirsi da bianche infermiere, in modo da ingannare le loro piccole vittime e abbracciarle meglio per farsi espoldere insieme con loro.
Mai come oggi la donna era stata una risorsa. Donne tenaci e caritatevoli ma fragili e ingenue come Simona e Simona, donne forti e irresponsabili come le fanatiche terroriste di Dio, donne determinate ma povere di spirito come la Banelli e le altre brigatiste italiane, macchine omicide, metodiche come una casalinga del delittto. Non sono mai al potere, come le voleva il femminismo, che a sua volta le ha maltrattate perché ne ha maschilizzato le pulsioni e la spinta all´autoaffermazione. Il potere ha ancora la maschera del maschio, ma le donne, che sono uscite fuori dalla tutela mortificatrice, sono diventate una risorsa disconosciuta che sta avanzando potentissima. E difatti nell´Islam le donne sono il problema, lo scandalo, l´eversione. Più ancora che l´Occidente sono le donne la vera minaccia perché quell´universo è un congegno costruito sulla repressione della donna: che sia con il feretro del burqa o sia con il feretro delle kamikaze, in entrambi i casi l´Islam è il suicidio delle donne. Ci sono state quelle che si sono lasciate annegare, facendosi trascinare in fondo al mare dal peso dei loro vestiti che è il peso della loro identità, e ci sono state quelle che sono salite a bordo dei Tupolev, poi abbattuti dai russi, con l´esplosivo infilato nella vagina. E´ alla donna che l´Islam fondamentalista ha dichiarato la quarta guerra mondiale. Ed è una guerra contro l´Occidente perché l´Occidente è la lunga via alla liberazione della donna, dove la fine sarà forse la perfezione dell´origine. È per questo che Simona e Simona sono state rapite, perché amano l´Iraq come solo due naturali soldati dell´Occidente sanno amare. Perché sono due nostre magnifiche ragazze qualunque, che i soliti notissimi scemi di casa nostra, nel chiuso dei loro uffici e delle loro redazioni, non riusciranno adesso a sporcare: stanno troppo in alto perché loro possano coglierle, troppo in alto perché possano capire che valgono più dei loro figli e del loro melenso, scimmiottato antipacifismo. Secondo noi, mai il pacifismo dovrebbe essere assunto come ideologia, ma giù il cappello dinanzi a chi, in nome del pacifismo, corre rischi mortali, sa esporsi, sa donarsi: giù il cappello, miserabili!, dinanzi a due donne che persino nei colori e nella bellezza ci ricordano Maria Grazia Cutuli, la nostra collega del Corriere della Sera che fu uccisa in Afghanistan il 19 novembre del 2001, così simile a loro nell´avventura professionale e nella passione per i luoghi di sofferenza, cosi simile a tutte le Simona d´Italia e d´Occidente, studentesse universitarie, impiegate, commesse, insegnanti e giornaliste, tutte disinvolte e disarmanti, con l´idea forte e generosa che si possa penetrare nell´antro feroce contagiandolo con i sorrisi e con la bontà d´animo, e che bisogna arredare le fauci dell´arretratezza, aprire una scuola, insegnare tra le fiamme dell´Inferno. Donne e ancora donne che smentiscono la mascolinizzazione di Dio e confermano l´ipotesi che, se davvero esiste, Dio è donna.