2222
2 Ottobre 2007

Putin si ricandida, ma questa volta come premier

Autore: Sandro Viola
Fonte: la Repubblica

La nebbia comincia a diradarsi, e i piani di Putin per restare al potere dopo il marzo 2008, quando scadrà il suo mandato, si stanno facendo man mano più chiari. Russia Unita, il maggiore partito politico russo (e detto, per la sua obbedienza ad ogni volere del Cremlino, il «partito del presidente»), ha infatti annunciato che Putin capeggerà le sue liste alle elezioni legislative di dicembre. Il che comporta «grosso modo» due conseguenze.

La prima è la fine della ridda di ipotesi che circolavano sino a ieri su quel che il presidente avrebbe fatto, quale ruolo o incarichi avrebbe ricoperto, dopo la sua uscita dal Cremlino. Numero uno di Gazprom, eminenza grigia del suo successore, arbitro delle tensioni interne al regime in attesa d´un suo ritorno al timone del grande paese?

Niente di tutto questo. Adesso sappiamo infatti che Putin guiderà Russia Unita, e molto, molto probabilmente verrà nominato primo ministro nel marzo prossimo, dopo il voto per le presidenziali, da quello dei suoi accoliti che avrà preso temporaneamente e formalmente il suo posto al vertice.

E questo significa che egli potrebbe reinsediarsi tra non molto alla presidenza. Basterà infatti che il suo successore si dimetta dopo un anno o due, perché il primo ministro gli succeda alla presidenza.Né più né meno com´era accaduto il 31 dicembre 1999 con le dimissioni di Eltsin e l´ascesa a presidente dell´allora primo ministro Vladimir Putin.

Inutile dirlo, qualche mese più tardi, alle elezioni presidenziali anticipate prescritte dalla Costituzione, Putin sarebbe stato confermato al Cremlino. Quanto alla seconda conseguenza, essa si manifesterà nel risultato delle elezioni politiche all´inizio di dicembre. Per com´era stata congegnata la legge elettorale (congegnata per chiudere qualsiasi spazio all´opposizione e consentire un clamoroso successo al «partito del presidente», cioè a dire di Putin), le previsioni attribuivano a «Russia Unita» tra il 45 e il 55 per cento dei voti.

Ma con Putin come leader, con la sua enorme popolarità a spingere il carro del partito, Russia Unita dovrebbe giungere a toccare i due terzi dei suffragi. Dunque la nascita d´un enorme partito di massa, d´un altro partito unico o quasi unico. Un nuovo partito-stato come se n´erano già visti nel Novecento, il secolo dei totalitarismi.

Queste le previsioni possibili, anzi largamente fondate, dopo l´annuncio che Putin capeggerà le liste di Russia Unita. Ma se la nebbia comincia, come abbiamo detto, a diradarsi, e infatti sembrano ormai usciti di scena due o tre dei candidati alla successione di cui s´era più parlato negli ultimi mesi, resta che non tutto risulta ancora limpido, perfettamente leggibile, sulla scena del potere moscovita.

C´è qualcosa d´opaco, inspiegabile – se non si deve dire misterioso-, che avvolge la vigilia delle elezioni politiche di dicembre. Vale a dire la cautela, l´incertezza, i segni d´una vera e propria inquietudine, con cui il Cremlino sta andando al voto. Perché, infatti, il regime ha preso tante precauzioni?

La popolarità di Putin è indiscutibile, e il controllo dei mezzi d´informazione, i massicci finanziamenti, le divisioni degli oppositori davano per scontata la vittoria del «partito del presidente». Eppure, la legge elettorale è stata riscritta – anche a costo di confermare agli occhi del mondo lo stato d´asfissia in cui versa la democrazia nella Russia di Putin – in modo da impedire all´opposizione di giungere a un risultato magari numericamente modesto, ma politicamente significativo.

Lo sbarramento per entrare alla Duma è stato portato dal 5 al 7 per cento, e i partiti non possono presentarsi in coalizione. Il quorum dell´affluenza per rendere valide le elezioni è stato abbassato al 25 per cento. E´ stato abolito quel curioso voto «contro tutti» che esisteva nella legge precedente, così da non farlo confondere con un voto contro il regime.

I partiti non possono presentarsi in coalizione, e basta la frase sbagliata d´un leader perché vengano accusati d´estremismo e perciò esclusi dalla tornata elettorale. Quanto alle manifestazioni politiche, s´è già visto abbondantemente con quale slancio e brutalità esse vengono disciolte dalla polizia.

Come spiegarsi dunque le prudenze, le incertezze che hanno spinto il Cremlino a blindare con tanta meticolosità – e tanta impudenza – il proprio successo alle elezioni di dicembre? Timori d´una partecipazione troppo scarsa degli elettori che venga a ridimensionare i consensi attorno al regime? Timori che il candidato alla successione non riesca ad ottenere un voto quasi plebiscitario, attizzando uno scontro interno al potere?

Una cosa è comunque certa. Una scarsa affluenza alle urne, un voto non massiccio per il successore designato da Putin, avrebbero infatti (visti gli sforzi che il regime ha compiuto per evitare che succedano) un significato politico assai pesante. Certo, si tratterebbe d´una strepitosa sorpresa. Ma resta l´interrogativo di partenza: perché tanta cautela, questi evidenti segnali d´insicurezza, da parte del regime?

Un regime, non lo si può dimenticare, che poggia su una legione di ex agenti segreti, gente che dovrebbe sapere come va a finire un´elezione. Sì, c´è qualcosa d´inspiegabile nelle precauzioni con cui il Cremlino s´avvia al voto. Né bisogna dimenticare che oltre a rendere fortemente blindata la legge elettorale, Putin ha provveduto a creare lungo tutto quest´anno un clima, un´atmosfera di tensione internazionale molto probabilmente destinata ad influire sul voto dei russi.

La ormai lunga serie di strappi nei confronti dell´Occidente, dalla moratoria del Trattato sulle forze convenzionali in Europa sino alla ripresa dei voli dei bombardieri strategici, è infatti sembrata a molti osservatori (Andreij Ilarionov, ex consigliere economico di Putin; Richard Pipes, uno dei maggiori esperti di Russia; lo storico Paul Kennedy) una tattica ad uso interno.

Un modo d´aggravare le divergenze con l´America e l´Europa, così da provocare sul versante occidentale critiche pesanti o gesti che potessero essere presentati ai russi come gravi interferenze, tentativi di sabotaggio, sulla strada della rinascita della Russia. Insomma tutto era stato accuratamente preparato per ottenere due plebisciti elettorali, alle politiche di dicembre e alle presidenziali del marzo prossimo.

Ma al vertice del potere c´è invece un´evidente agitazione, dimostrata da un susseguirsi di mosse impreviste e poco chiare. L´ultima delle quali il passaggio di Putin dalla presidenza alla leadership del partito quasi unico. Dice la propaganda del Cremlino che «la Russia è tornata» sulla scena, e questo è vero. Ma allo stesso tempo è vero che ancora non si vede bene dove voglia andare, e come intenda arrivarci.