ROMA — Per darsi e dare forza, Silvio Berlusconi ha rivelato ieri ai leader alleati che «secondo l’ultimo sondaggio di lunedì siamo quattro punti avanti all’opposizione». I dati però non solo stridono con la secca sconfitta del Polo alle suppletive, ma anche coi toni alterati e preoccupati del premier, che durante il vertice di maggioranza ha ribadito la volontà di tagliare le tasse, «perché soltanto mantenendo la promessa riconquisteremo il consenso del nostro elettorato». Eppure non c’è contraddizione tra quei numeri, il risultato emerso dalle urne e l’umore del Cavaliere: «La verità — ammette un autorevole esponente forzista dell’esecutivo — è che le condizioni in cui versa l’economia e la valutazione negativa sull’operato del governo influiscono pesantemente sul giudizio dell’opinione pubblica».
Sono valutazioni che coincidono, guarda caso, con uno studio svolto da un importante istituto di ricerca, cui è affidato il compito di valutare mensilmente la forza dei partiti e la «fiducia nei leader». Nell’ultimo «report» l’indice di fiducia verso Berlusconi, in una scala di valori che va da zero a cento, ha segnato «quota 40», con un guadagno di tre punti rispetto al mese precedente. Il guaio è che Romano Prodi lo distanzia addirittura di dodici punti. Chissà se il Cavaliere avrà avuto modo di leggere questi dati, se si è rincuorato vedendo che il Professore — secondo la società demoscopica — nell’ultimo anno è entrato in una parabola discendente: perché non solo Walter Veltroni lo ha ormai distanziato di più di dieci punti, non solo Francesco Rutelli gli è stabilmente davanti, in più questo mese il segretario dei Ds Piero Fassino l’ha raggiunto.
Si tratta di un sondaggio riservato, commissionato da forze politiche, e usato per analizzare flussi e tendenze. Proprio per questo viene usato a mo’ di barometro, e gli indici testimoniano il gap tra il premier e il suo probabile avversario nella sfida del 2006. Quale sarà l’impostazione politica e programmatica di Prodi è ancora tutto da vedere, visto che il fondatore dell’Ulivo non è ancora formalmente rientrato in Italia. È certo che Berlusconi considera la prossima Finanziaria una sorta di spartiacque per rilanciarsi ed è deciso a puntare sulla riduzione delle aliquote fiscali, nonostante ieri al vertice della Cdl sia Fini che Follini abbiano tentato di proporre «un nuovo inizio», un cambio di strategia per riconquistare gli elettori delusi con «una nuova suggestione». Ma il Cavaliere non sente ragioni. È ottimista sulla ripresa dell’economia «quella mondiale va bene, quindi cresceremo anche noi» e ieri ha lasciato indirettamente capire di avere anche il presidente di Confindustria dalla sua parte sull’ipotesi del taglio delle tasse: «Ho parlato con Montezemolo, è d’accordo sul taglio agli incentivi a fondo perduto per le imprese».
Deve ridurre le distanze Berlusconi, nei venti mesi che lo separano dalle Politiche, epperò il «caso Buttiglione» rischia di ricacciarlo ancora più indietro, producendo effetti a catena, non solo a Bruxelles, ma anche a Roma. È vero, come ha commentato ieri al vertice Fini, che «se la Commissione non ottenesse la fiducia dall’Europarlamento e l’Unione rimanesse senza governo si potrebbe destabilizzare l’intero processo europeo». Ma è altrettanto chiaro che, qualora la Commissione presieduta da Barroso venisse bocciata, come ha ammesso lo stesso Berlusconi «faremmo una figuraccia noi». La «figuraccia» produrrebbe instabilità nell’esecutivo e nell’Udc, il partito di cui Buttiglione è presidente. «È chiaro che questo è un colpo per l’Italia e Berlusconi, ed è altrettanto chiaro che ci stanno facendo pagare un conto non nostro» spiega un leader della Cdl: «Però è evidente che noi ci siamo fatti trovare impreparati». Lo si intuiva ieri dalle parole pronunciate dal premier, dopo la telefonata di Barroso: «Non immaginavo che la situazione precipitasse a tal punto».