ROMA – Incassa con un sospiro, a sera, la voglia di fargli male che vede di nuovo in Bertinotti. «Azzardo» accusa il segretario di Rc. Da sinistra rimbombano toni e temi che fanno pendant con quelli della Margherita, là sull´altro versante di un´Unione costretta anche lei a conti difficili. Grandi venti spazzano il centrosinistra. Tutto. Romano Prodi, il giorno dopo, cerca di mostrare di non subirli, ma addirittura di guidarli. Nessun passo indietro con Rutelli e Marini. E, insieme, la ricerca di non allargare il campo di battaglia, mentre dai Ds arrivano inviti ad abbassare i toni.
«Non potevo fare altrimenti» racconta a un amico. Roma, assemblea della Confindustria. Parla della rottura con la Margherita. «Volevano cuocermi a fuoco lento. O forse anche a fuoco vivo. Ma io sono sceso dal pentolone». Autodifesa. Guerra – in nome dell´Ulivo e della sua leadership – per finirla con la guerriglia di avversari sospettati di cannibalismo. Al pomeriggio però, in pubblico, arriva il tempo del pensiero più lungo, il combattimento arretra.
Da Torre Pedrera, periferia estrema di Rimini, congresso locale della Cisl, manda a Roma – e Willer Bordon risponde subito «Sì» – la richiesta di bloccare la riunione dei «prodiani» (pardon ulivisti) fissata per il 17 giugno. Manifestazione «autoconvocata» all´esplosione della guerra intestina nella Margherita, con tutti i presupposti di anticamera per un addio a Rutelli-Marini. «Questa situazione fluida poteva dar luogo a qualche equivoco. – detta Prodi da un albergone sul mare – Voglio ribadire le ragioni di quello che ho fatto, ma senza nulla di più e senza nulla di meno. Sono fortunatamente uscito da alcuni incubi, le istituzioni nuove stanno nascendo. Insomma io sono ottimista».
Discorso in cui si mostra tutta la stanchezza dopo i giorni dell´ira. Fine degli «incubi». Prodi «ottimista» per aver scelto di lanciare una sua lista ulivista in risposta al no della Margherita a quella unitaria. «Istituzioni nuove» la chiama, anticipando un´investitura non ancora definita nei dettagli. Ma l´importante è mostrare sicurezza e slancio sul futuro. Prodi batte e ribatte sul concetto. Unità, Ulivo.
Li evoca in mattinata per elogiare lo «spirito costruttivo» della relazione di Montezemolo. «Io – paragona – ho preso certe decisioni proprio perchè penso che la coesione dell´Ulivo e la sua forza siano indispensabili per le scelte indicate anche stamani». «Occorre nella coalizione una unità forte, un punto di riferimento. – insiste, come ormai da mesi – Non è possibile andare frammentati a risolvere i problemi di un paese che deve rialzarsi e fare un salto in avanti».
Prima fila, nell´auditorium romano. Una stretta di mano e un sorriso con Berlusconi, entrando. Nulla con Rutelli, qualche posto dietro. Una chiacchierata veloce con Fassino, Boselli, Parisi: si tratta di destini grandi e piccoli incrociati nella sfida di cui Prodi è un simbolo mai a rischio come in questi giorni.
Poi su, in macchina, verso l´Adriatico. Verso la Cisl dell´Emilia – Romagna riunita a congresso. Via la giacca scura, maniche di camicia. Parole identiche. «Il messaggio non è escludere, ma cercare di raggruppare. Con l´Ulivo abbiamo vinto le europee. Con l´Ulivo e l´Unione abbiamo vinto le regionali. Gli italiani hanno detto che questa è la strada giusta.
La mia decisione di ieri è stato un gesto di responsabilità verso gli italiani». Le parole sembrano non bastare mai in questi giorni: «Intendo fare un´operazione verità e intendo fare sul serio perché altrimenti il paese va a rotoli. Intendo che le idee di noi tutti diventino programma di governo.
Ci vuole una cornice larga, l´Unione con tutti i partiti del centrosinistra. Non come nel ‘96 quando c´erano appoggi esterni». L´«incubo» si capisce è quell´ottobre ‘98, quando il governo Prodi cadde: Marini anche allora era fra gli avversari interni, i sospetti congiurati. Rutelli fra i grandi amici.