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25 Febbraio 2005

Prodi, i radicali e i cattolici

Autore: Miriam Mafai
Fonte: la Repubblica

L´ultima parola, alla fine di un mese di incertezze, telefonate, incontri, e abbozzo di trattative spettava a Prodi. E Prodi ha detto no: niente accordo dell´Unione di centrosinistra con i radicali per le prossime regionali e, in prospettiva per le prossime politiche. La presenza dei radicali all´interno dello schieramento è stata giudicata alla fine, troppo difficile da digerire, non solo per i cattolici della Margherita ma anche per alcuni settori dei Ds che ricordavano le prese di posizione dei radicali in tema di articolo 18 o assistenza sanitaria. Posizioni «liberali e liberiste» come ama ripetere Pannella e proprio per questo indigeribili per la cultura e le aspirazioni di gran parte della sinistra. Ma non c´è dubbio che, anche se queste resistenze e preoccupazioni si sono legittimamente manifestate, non sono queste che alla fine hanno reso impossibile l´accordo con i radicali attorno al quale avevano già lavorato Fassino e Marini. No, la pietra decisiva sulla possibilità o meno di un accordo con Pannella e Bonino è stata messa da coloro che hanno temuto che la presenza, nell´Unione, di una lista radicale intitolata a Luca Coscioni, simbolo della battaglia per la libertà della ricerca scientifica e contro la legge sulla fecondazione assistita, potesse suonare come una vera e propria sfida alle gerarchie cattoliche che a difesa di quella legge e contro i referendum stanno mobilitando il massimo delle loro forze.
Lo hanno detto, del resto, apertamente quei cattolici della Margherita che fin dall´inizio si erano opposti all´accordo con i radicali. «Ci salvi Prodi» diceva allarmata Rosy Bindi «pensiamo alle parrocchie» E Castagnetti, di rincalzo «Se facciamo l´accordo con Pannella c´è la rivolta dei vescovi». Sono stati accontentati. L´accordo non si farà.
Ma non si può sottovalutare la ferita che la conclusione di questa vicenda apre all´interno del centrosinistra. Per almeno due motivi. Non solo per le conseguenze possibili sul piano elettorale, mettendo così a rischio la vittoria dell´Unione in regioni di grande importanza, come il Lazio o il Piemonte dove il peso dell´apporto dei voti radicali è tutt´altro che trascurabile, ma anche e a mio avviso soprattutto perché se si fosse davvero trattato di un cedimento alle richieste della Chiesa, allora tutto questo potrebbe essere letto come la rinuncia da parte della Fed e di tutto lo schieramento di centrosinistra alla difesa della laicità dello Stato, valore irrinunciabile per molti di noi.
In compenso il cardinal Camillo Ruini può celebrare questa decisione del centrosinistra come una sua vittoria. Aveva chiesto ai cattolici, a tutti i cattolici di organizzarsi per far fallire, con l´astensione, i referendum contro la legge sulla fecondazione assistita, referendum già convocati e per i quali ancora non è stata fissata una data. Non pochi porporati, sacerdoti e personalità cattoliche avevano contestato nelle scorse settimane questa posizione. Ma sono stati severamente ricondotti al silenzio e all´obbedienza. Un Comitato per l´astensione, al quale aderiscono organizzazioni e personalità cattoliche fino a uomini ed esponenti della destra estrema, è già stato organizzato e si sta impegnando per far fallire i referendum e quindi salvare la attuale legge sulla fecondazione assistita. La Chiesa ha scelto questo come terreno privilegiato di battaglia civile e politica. Si gioca qui la possibilità o meno, per la Chiesa, di imporre il suo nuovo progetto egemonico sulla nostra società, nel tentativo di chiudere, progressivamente, gli spazi di autonomia e laicità che, nel corso di alcuni decenni ci siamo conquistati. Di qui l´arroganza con la quale lo stesso cardinal Ruini, rinnegando le stesse acquisizioni del Concilio Vaticano II a favore della democrazia e della libertà religiosa, ha voluto proporre l´etica cattolica come l´unica lecita nella nostra società. Ma la nostra società, connotata da tempo dal pluralismo dei convincimenti, dei comportamenti e delle idee, dalla libertà di pensiero e delle scelte non può farsi chiudere nel recinto, pur rispettabile, dell´etica cattolica. Né il legislatore può essere richiamato al rispetto rigoroso di questi principi. Lo ricordava sessant´anni fa Alcide De Gasperi al porporato che, alla vigilia della elaborazione della nostra Costituzione, pretendeva che questa fissasse, sulla base del diritto naturale, il carattere «gerarchico» del rapporto uomo-donna nel matrimonio. Il leader democristiano gli ricordava che il legislatore, anche credente, ha come suo compito non quello di tradurre in legge un principio cattolico ma piuttosto quello di «fissare una pratica di convivenza civile che tenga conto delle opinioni altrui cercando una via di mezzo fra quelle che possono essere le aspirazioni di principio e le possibilità di azione» Più laico Alcide De Gasperi dei nostri attuali legislatori?
Un´ultima osservazione: la decisione finale, voluta dalla maggioranza cattolica della Margherita e subita da Fassino che nel colloquio con i radicali si era personalmente impegnato, è la riprova delle incertezze del cosiddetto «timone riformista» che dovrebbe guidare lo schieramento. Ci conferma nel dubbio che tutto il dibattito dei mesi passati si sia concentrato più sul contenitore (la Fed) che sui suoi contenuti. Alla prova dei fatti, si sono manifestate apertamente divisioni non trascurabili sia sulla politica estera che sulla difesa della laicità dello Stato.
Un´ immagine che lascia inevitabilmente turbati e incerti.