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12 Luglio 2005

Pizzetti: “Più controlli Ecco le regole per salvare i diritti”

Autore: Maurizio Tropeano
Fonte: La Stampa

LA lotta al terrorismo non può giustificare nessuna misura di riduzione dei diritti fondamentali dei cittadini. Se questo accadesse, vorrebbe dire che la democrazia italiana ha già perso la battaglia contro le forze del terrore. La sicurezza non può giustificare una società oppressiva».

Franco Pizzetti, presidente dell’Autorità di Garanzia della Privacy, traccia il confine «invalicabile» delle strategie di contrasto al terrorismo che sta elaborando il ministero degli Interni. Pizzetti, docente di diritto costituzionale, non entra nel merito delle proposte – leggi speciali, ministero antiterrorismo, superprocura – che si stanno rincorrendo, perché «si tratta di notizie giornalistiche sulle quali l’autorità non può esprimere giudizi». Il garante, però, lancia la parola d’ordine: «La privacy dei cittadini non è negoziabile».

Anche la sicurezza dei cittadini, però, non è negoziabile. Professore, la priorità non è prevenire attentati?
«Dal mio punto di vista non c’è contraddizione, anzi. Più ci sono garanzie che il livello di privacy dei cittadini non sarà violato più sarà facile accettare la necessità di allargare i controlli. Abbiamo la necessità di garantire che tutte le informazioni legate alla vita di una persona e alla sua dignità, dai dati relativi al Dna a quelli biometrici, dall’uso delle carte di credito all’utilizzo delle moderne tecnologie di manifestazione e di comunicazione del pensiero, siano utilizzati nel rispetto della legge sulla privacy e non per fini impropri o da persone o strutture che non hanno titolo».

Che cosa si può fare?
«E’ necessario che l’Autorità sia messa in condizione di verificare la necessità e la proporzionalità delle nuove misure di raccolta e trattamento dati che fossero proposte. C’è un precedente positivo: la decisione di rendere nominativi i biglietti dello stadio. Abbiamo dato il via libera, ma ponendo precise condizioni come la distruzione della documentazione dopo una settimana e la non trasmissione alla polizia nel caso non si siano verificati incidenti».

Dunque, esistono spazi di manovra per misure che incidano di più sulla privacy dei cittadini?
«Il nostro obiettivo è il rispetto della legge sulla privacy e la protezione assoluta degli archivi ed è per questo che abbiamo iniziato un’azione ispettiva per verificare se ci sono state violazioni del data base del Viminale. E’ un contributo per aumentare la fiducia dei cittadini verso chi deve garantire la sicurezza. Non si possono escludere ulteriori misure di trattamento dei dati personali, ma queste misure devono essere sottoposte al vaglio dell’Autorità».

In che modo?
«Ci aspettiamo che il Viminale richieda il nostro parere, un parere obbligatorio, se i provvedimenti vengono adottati con regolamenti o atti amministrativi. Nel caso il governo utilizzasse lo strumento del disegno di legge o di un decreto legge abbiamo il dovere di segnalare al Parlamento tutte quelle misure che possono incidere sulla protezione dei dati personali».

Tra le misure ipotizzate c’è anche il cosiddetto «monitoraggio aggressivo» con uso di intercettazioni, controllo della posta elettronica e via dicendo. Che cosa ne pensa?
«La tutela delle libertà e della dignità di una persona è una delle caratteristiche della democrazia. Lo prevede la Costituzione e la Carta dell’Ue. La decisione di raccogliere nuovi dati dev’essere giustificata e ci devono essere garanzie che i dati non possano essere conosciuti da chi non ha titolo».

Il governo inglese ha chiesto di archiviare per un periodo di tempo indeterminato gli accessi di Internet e le chiamate dei cellulari. E’ d’accordo?
«E’ una richiesta che è già stata respinta dai garanti dell’Ue, perché viola la Carta dell’Ue e anche la nostra Costituzione. Una schedatura indiscriminata e rivolta a tutti gli utenti di Internet calpesta la libertà di comunicazione. Non si può trasformare l’Europa in un popolo di sospetti».