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7 Luglio 2005

Per l’economia americana Kyoto è un lusso troppo caro

Autore: Federico Rampini
Fonte: la Repubblica

DOPO l´Africa, l´ambiente: nel giorno d´apertura del G8 Tony Blair incassa un altro successo d´immagine grazie a una concessione dell´ultima ora del suo alleato americano. Il premier britannico ha convinto George Bush a sposare una posizione meno intransigente sul surriscaldamento climatico.

Ma l´America resta determinata a respingere il Trattato di Kyoto sulla riduzione delle emissioni carboniche, già adottato dagli europei. Per non restare isolato Bush «corteggia» il nuovo protagonista presente per la prima volta a questo G8, il presidente cinese Hu Jintao.

«La superficie terrestre si è riscaldata e l´aumento delle emissioni carboniche provocate da attività umane, creando l´effetto serra, ha contribuito a questo fenomeno». Questa dichiarazione di Bush, rilasciata a poche ore dal suo arrivo nell´hotel scozzese di Gleneagles, può sembrare un´ovvietà e invece è una novità di rilievo per il presidente americano.

Ammettere che il clima del pianeta sta cambiando, e che questo è dovuto all´inquinamento, può costringere a ridurre le emissioni di gas carbonici attraverso il risparmio energetico, adottando nuovi limiti agli scarichi delle auto o delle centrali elettriche. Per i suoi legami con l´industria petrolifera, Bush è sempre stato contrario a queste misure.

La Casa Bianca è giunta fino a manipolare degli studi scientifici che aveva commissionato, pur di negare il legame tra il nostro modello di sviluppo, le attività industriali, e l´effetto-serra. Perciò la dichiarazione di ieri è una concessione fatta a un alleato strategico in cambio dell´appoggio britannico alla guerra in Iraq.

Oltre che a Blair, questa mini-svolta si deve anche al ruolo della destra religiosa americana: molte chiese protestanti conservatrici, che formano una base di consenso decisiva per Bush, sono sensibili alle campagne degli ambientalisti e non si riconoscono negli interessi dell´industria petrolifera.

La concessione americana ha dei limiti. Bush ieri ha ribadito la sua contrarietà al trattato di Kyoto. Quell´accordo, entrato in vigore a febbraio nei paesi che lo hanno ratificato (tra cui gli Stati membri dell´Unione europea, il Giappone e la Russia), pone come obiettivo una riduzione del 5,2 delle emissioni carboniche nel 2012 rispetto ai livelli del 1990.

Bush ha ripetuto la sua tesi secondo cui gli obiettivi di Kyoto inmpongono costi troppo pesanti all´industria: «Agli amici europei vengo a dire che quel trattato avrebbe devastato l´economia americana e avrebbe rovinato la crescita mondiale».

Il presidente americano ha invitato i suoi partner ad «aprire l´èra del dopo-Kyoto» puntando sugli investimenti in nuove tecnologie verdi, in alternativa alle riduzioni delle emissioni imposte dall´alto.

Tre sono gli esempi di tecnologie che Washington sponsorizza con forza: il nuovo dispositivo che consente di «catturare» e interrare i gas carbonici prodotti dalle centrali termoelettriche; l´energia nucleare; l´auto a idrogeno.

In realtà non c´è contrapposizione tra l´approccio di Kyoto e le tecnologie verdi. Il meccanismo di Kyoto, proprio perché impone degli obiettivi di riduzione delle emissioni, è l´incentivo che accelera l´adozione da parte dell´industria delle tecnologie meno inquinanti.

L´Unione europea è all´avanguardia, avendo varato per prima un «mercato delle emissioni», meccanismo che premia le imprese più innovative e rende trasparenti (monetizzandoli) i costi per chi tarda a ridurre lo smog.

In molti campi l´America paga il prezzo del suo ritardo: Toyota e Honda, all´avanguardia nella ricerca del «motore pulito», hanno conquistato il nuovo mercato delle auto ibride accentuando così le difficoltà di General Motors e Ford.

Nel braccio di ferro su Kyoto il nuovo protagonista a questo G8 è la Cina, presente per la prima volta al massimo livello con il suo presidente. Tutti corteggiano Hu per il peso che il suo paese ha sull´ambiente: già oggi la Cina è il secondo inquinatore mondiale con il 15 di tutte le emissioni carboniche ed entro uno o due decenni al massimo avrà scavalcato gli Stati Uniti (oggi al primo posto con il 20 delle emissioni).

Nessuna strategia per la riduzione dell´effetto-serra può reggere senza il coinvolgimento della Cina e dell´India, i nuovi «pesi massimi» dell´industrializzazione. Ma il testo di Kyoto esenta esplicitamente dai suoi obiettivi i paesi emergenti, e la Cina insiste nell´essere trattata come tale: di qui deriva anche la sua resistenza ad ogni allargamento del G-8 che la includa ufficialmente come un membro a pieno titolo, un «onore» di cui i cinesi fanno volentieri a meno se comporta nuove responsabilità e nuove richieste da parte occidentale.

Per gli europei, ottenere da Hu un sostegno alla filosofia di Kyoto – anche senza una data precisa per l´adesione cinese – sarebbe un successo politico enorme. Bush invece ha offerto a Pechino «libero accesso alle tecnologie americane per la riduzione dell´inquinamento», pur di evitare un accordo Europa-Cina che lo isolerebbe.