26 Gennaio 2005
Parisi: Si alle primarie aperte, da 700 mila a 1 milione i partecipanti
Autore: Federica Fantozzi
Fonte: l'Unità
La candidatura di Bertinotti alle primarie è legittima, purché sia portatore di un punto di vista diverso», informa Arturo Parisi. «Io vicepremier di Prodi? No, perché non siamo in America», replica il leader rifondarolo.
Mentre il diessino Peppino Caldarola annuncia che la Quercia «insisterà perché le primarie non si facciano, ma se sì potrebbe presentarsi un Ds». A Bologna si «fabbrica» il programma dell’ulivone, a Roma si dibatte il tema “primarie e partiti”: primarie anti-partito? partiti contro le primarie? Se ne parlerà al vertice romano di domani pomeriggio con Prodi: in discussione la bozza di regolamento della Fed elaborata dal «comitato Scoppola» e le modalità con cui i quattro partiti la approveranno.
«Guai a una contrapposizione tra i partiti e la gente – ammonisce il presidente dell’assemblea dielle – Se ci fosse, non potremmo che stare dalla parte della gente. Ma noi lavoriamo per evitare questa contrapposizione, perché il coinvolgimento della gente trovi spazio». Pallottoliere alla mano, Parisi fa i conti: alle primarie di maggio la partecipazione attesa è 700mila-1 milione di persone. «A Prodi per vincere basta la metà più uno dei voti». E Bertinotti quanto prenderà? «Non si possono fare previsioni. Sarebbe sbagliato immaginare che il risultato sia la somma dei voti dei partiti, come se i partiti possedessero i voti degli elettori, perché non è così». Caldarola invece a Fausto pronostica il 40%: «Si avvantaggia di uno scontento che attraversa tutti i partiti». Parisi sobbalza: «Se si parla di scontento dei partiti, allora siamo messi male».
Negli studi televisivi di Sky discutono il professore sardo, spin doctor ulivista e creatore del fortunatissimo brand Ulivo, il segretario rifondarolo, i deputati della Quercia Caldarola e Folena (assente dell’ultim’ora Chiti). La trasmissione è Planet 430, condotta – con una certa veemenza – da Luca Telese e Vittorio Zincone.
La linea parisiana è chiarissima: il metodo delle primarie funziona e il caso Puglia lo ha dimostrato, basta non trasformarle in rissa. «Non sono d’accordo con chi dice che Vendola ci abbia rovinato i piani – dice – se si gioca, bisogna poi accettare il risultato». Vale anche per le primarie nazionali? «Sono d’accordo con D’Alema, due persone due linee politiche alternativa. La candidatura di Bertinotti è lecita, purché con un programma diverso». E se corrono tutti? Che dice a Di Pietro, Pecoraro Scanio? «Tocca a loro giustificare la candidatura. Il candidato premier deve rappresentare l’intera coalizione. La domanda agli elettori sarà: quale di questi nomi rappresenta meglio la coalizione? Chi è più in grado di portare alla vittoria?».
Parisi tende la mano a Bertinotti: «Oggi serve un soggetto di centrosinistra nella democrazia bipolare. L’intenzione è anticipare dentro l’Ulivo l’unità di tutte le forze di centrosinistra. In questo percorso collochiamo il rapporto nuovo con Rifondazione: quello di stagioni passate è da superare». Il leader di Rc, con cui nel ‘98 si consumò la rottura che portò alla caduta dell’esecutivo Prodi, a sua volta tende la mano alla Quercia, in sofferenza per il suo protagonismo: «I Ds sentono un disagio, ma considerata la grande forza politica e la vasta presenza sul territorio, non credo che subirebbero un oscuramento non presentando un candidato».
Si argomenta intorno alla tesi di Giovanni Sartori che le primarie siano un test falsato perché a votare vanno gli estremisti. Nessuno dei presenti è d’accordo. Folena nota che «il presidente del Rotary di Bitonto è entrato in una sezione Ds dove ha votato per Vendola». Caldarola: «Anch’io avrei votato per Vendola. Ho scelto Boccia perché mi ha convinto
Vendola».
Nel frattempo Di Pietro, che il giorno prima definiva «arrogante» la sortita prodiana su Bertinotti, ieri frenava: «Dopo le Regionali serve una riflessione. Se c’è già il leader le primarie sono inutili». Opinione, quest’ultima, che Clemente Mastella ha da tempo: «Se Prodi insiste alla fine si troverà in costume adamitico… Con dieci candidati, uno che leva di qua e uno di là..». Mentre Parisi, pur condividendo l’importanza delle Regionali come test preliminare, resta convinto che le primarie si faranno lo stesso: «Non confondiamo la democrazia con la superstizione.
La coalizione vincerà, ma tutta insieme. Non con il “portafortuna” Prodi, anche perché non ha definito lui il formato delle Regionali».
Quel 9 ottobre 1998 quando il governo ulivista andò a casa per un voto di scarto, Parisi era vicinissimo al premier. Le primarie oggi sono una ricucitura di quell’evento, il superamento di un clima del sospetto?
«Sono un modo di superare quella storia andando verso un cammino di unità«. Ma quel giorno, alla fine, sbagliaste i conti? Diniego assoluto: «Noi accettammo il rischio di perdere ma non di perderci. E infatti siamo ancora qui. Non chiedemmo i voti a Cossiga non perché sbagliammo i calcoli ma perché non eravamo disposti a pagarne il prezzo».