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19 Ottobre 2012

Parisi: «Potrei lasciare il Pd» – di Giuseppe Meloni, L’Unione Sarda 19 ottobre 2012

Professor Parisi, lei voterà alle primarie del centrosinistra?

Nonostante i dubbi, non potrei mancare.Assieme alla elezione diretta dei sindaci, di quello che fu il nostro disegno riformatore le primarie sono lo strumento che ha meglio resistito soprattutto a livello locale. L’unico strumento per superare il pantano nel quale è finita la nostra democrazia. Anche se le primarie non fossero serie, abbiamo il dovere di prenderle sul serio.

Per chi voterà?

Non per Bersani. Se fosse per le qualità personali avrei difficoltà a negargli il mio sostegno. Sono stato al governo con lui ben due volte. Conosco la sua concretezza e il suo pragmatismo. Ma l’idea di democrazia alla quale si ispira e ancor di più la prassi della “ditta” che rappresenta sono troppo, troppo lontane da me.

In Sardegna alcuni a lei vicini, come Gavino Manca, hanno scelto Renzi. Simpatizza anche lei per il Rottamatore?

Se fosse a simpatia, preferirei Bersani o Vendola. Che Renzi sia un male-educato mi sembra fuori di dubbio. Uno che dice “io” invece di limitarsi a pensarlo e dire invece “noi” o “il Partito”. Ma senza la sua maleducazione queste primarie non sarebbero mai state fatte e soprattutto mai prese per vere. Al conformismo venduto per educazione preferisco comunque la maleducazione.

Queste primarie non le piacciono, vero?

E come potrebbero piacermi? Una elezione del candidato a premier della coalizione, senza che ancora si sappia se poi sceglieremo un premier e una coalizione di governo? Anzi mentre ancora lavoriamo per tornare ad un sistema che rinvia queste scelte a dopo il voto, come – secondo D’Alema – avverrebbe in tutte le democrazie del mondo!

E il dibattito sulla legge elettorale?

Dice bene dibattito. A meno di tre mesi dall’inizio della competizione siamo ancora al dibattito. Una vergogna. Sappiamo solo che l’alternativa è tra lasciare il Porcellum, o finire per precipitare nel bel tempo antico della Prima Repubblica.

Lei ha annunciato da tempo che non si sarebbe ricandidato. Perché?

Ricandidato? Diciamo meglio rifiutato di essere rinonimato. Sì l’ho detto da tempo, e ora ripetuto ringraziando Veltroni che mi invitava a restare, o quelli che hanno ricordato che non ho raggiunto la soglia di esclusione. Quello che mi dovrebbe chiedere è perchè accettai quattro anni fa. Le ripeterei che ho accettato solo per l’illusione di riuscire ad azzerare dal di dentro la vergogna che mi aveva portato in Parlamento. Nonostante referendum, firme a milioni, e proposte di legge, come si vede, ho perso. Finora. Invece di andare avanti stiamo tornando indietro. Quello che non riesco ad accettare è che a guidare questo arretramento verso il proporzionale, sia stato proprio il Pd.

Apprezza la scelta simile di Veltroni e D’Alema?

Simile forse. Uguale proprio no. Col suo gesto Veltroni ha oggettivamente rafforzato il processo di rinnovamento. D’Alema non ha esitato invece a difendere la conservazione, anzi, a promettere, nel caso di una vittoria di Renzi, una reazione.

Quanto è lontano il Pd di oggi dall’’idea che lei e Prodi avevate?

Il dramma è che siamo inchiodati in mezzo al guado ormai da anni. E intanto è arrivata l’ondata di piena. Se il nostro disegno fosse arrivato a compimento il suo impeto si sarebbe tradotto, come in Francia, in forza di un governo democratico. Da noi rischia invece di disperdersi o di travolgerlo.

Resterà comunque nel partito?

Se la legge elettorale dovesse riportarci all’indietro e le primarie, più che nel loro esito, nel loro svolgimento dovessero confermare definitivamente che il dna del Pd è quello di D’Alema la risposta non potrebbe che essere negativa. Con il pianto nel cuore. Pensando alle speranze cullate all’inizio degli anni ’90 e nella stagione dell’Ulivo, e ai movimenti e ai partiti che abbiamo fondato e sciolto in vista del Pd. Non potrei certo sostenere avanti ai cittadini una linea nella quale non mi riconosco.

Ma lei avrebbe fiducia in un Bersani premier?

Senza dubbio. Se fossimo in Francia non avrebbe niente da invidiare ad Hollande. Ma, anche per colpa del suo Pd, la Francia resta lontana mentre la Grecia si avvicina.

Un eventuale governo guidato dal Pd dovrebbe porsi in continuità con la cosiddetta agenda Monti, o no?

Se Monti è stato un passaggio obbligato, obbligato è anche raccogliere l’eredità della sua agenda. Prima che l’Italia è tuttavia l’Europa che dobbiamo ripensare. Sceglierla da capo e cambiarla con la forza della democrazia.

Se qualcuno le proponesse un ministero, sarebbe disponibile?

Qualcuno chi?