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18 Giugno 2005

Parisi, nessuno può dare per scontato il nostro consenso. Neppure Romano

Autore: Roberto Gressi
Fonte: Corriere della Sera

ROMA – Arturo Parisi, sassarese,classe 1940 (da San Mango Piemonte). E’ lui il capo dell’opposizione all’interno della Margherita, il  partito che ha contribuito a fondare, ma anche il più critico e preoccupato per i modi con i quali il centrosinistra ha ritrovato la sua unità.

E’ pronto ad accogliere con spirito unitario e senza pregiudizi  l’invito di Romano Prodi a un confronto con la maggioranza guidata da Rutelli, all’interno di un partito nel quale non sa se sentirsi oggi «ospite o prigioniero», ma  di questo confronto  sente tutto il peso senza farsi illusioni.

Se mai è stato corretto definirlo così, certo oggi non veste il ruolo del «collaboratore» o del «braccio destro» di Prodi: è pronto a fare la sua battaglia nella Margheritanella quale è  presidente dell’Assemblea  federale, insieme agli altri che condividono fino in fondo il progetto dell’Ulivo e non ci rinunciano: «Inizia una discussione che prende atto delle decisioni prese, ma nessuno può dare  per scontato il nostro consenso, nè io nè Prodi. Romano si è trovato a scegliere tra spinte diverse: una difesa immediata del progetto, fino a farsi parte tra le parti, con una lista confortata da sondaggi lusinghieri, e le spinte a un’unità, così e ora, del centrosinistra.

Ha scelto l’unità possibile, affidando alle primarie la salvaguardia dell’obiettivo. La scelta nostra è quella di chi intende resistere, di chi non può non dare voce al disagio, alla rabbia, allo sconcerto e al dolore di tanti. In questa battaglia io posso avere il timore per le nostre, le mie inadeguatezze personali, ma dubbi no: l’unica domanda è come continuare, non se continuare».

L’idea di Parisi è semplice, non crede alle sirene di chi immagina «che le identità politiche siano ancora quelle figlie delle  contrapposizioni  dell’800: la religione, le classi, le divisioni territoriali».

Pensa invece che « sommare ed investire, come ha fatto Berlusconi, sulle divisione tra i partiti, dalla Lega ad An, possa servire a prendere cento parlamentari in più, non certo a governare».

E’ ora lo stesso, identico problema che ha ora di fronte l’Unione: «Possiamo vincere ma rischiamo di non poter governare, di spaccarci malamente alla prima Finanziaria. Che me ne faccio così di cento seggi in più?

E’ in agguato il ritorno alla cultura del proporzionale, assolutamente inadatta al governo del paese».

Parisi è consapevole di essere all’opposizione del suo partito, e il sollievo per il presunto patto di via Margutta si accompagna alla convinzione che la scissione della Margherita non sia definitivamente archiviata, teme «una concordia che rischia di durare un minuto, in una condizione da separati in casa, con la possibilità di una rottura sempre presente», se il progetto dell’Ulivo, o comunque di un’alleanza che travalica i partiti dovesse essere messo da parte.

«Dario Franceschini – ricorda – all’inizio della Margherita mieteva applausi raccontando  di un suo cognato che gli chiedeva: ma quale è la differenza tra la Margherita e l’Ulivo? Gli ho chiesto ora se suo cognato continua a fargli la stessa domanda, si è limitato a sorridere».

Parisi non si aspettava di avere Ciriaco De Mita o Franco Marini al suo fianco nella battaglia, ma Francesco Rutelli sì: «Mi è mancato come interlocutore. L’orgoglio identitario per noi era legato al futuro, ora è come se avesse fatto della Margherita un Partito Popolare con un altro nome. Io escludo che Rutelli pensi a un terzo polo in chiave neocentrista.

Vedo però nascere una vocazione a un rapporto con l’elettorato di destra che inevitabilmente spinge la sinistra a un’operazione simile verso la sinistra: e così tutti insieme si corre a un’esito come quello praticato da Berlusconi.

Ci si divide in allegria illudendosi che sia possibile poi riunire con altrettanta allegria una volta al governo quello che si era diviso ».

Ma è anche il referendum sulla fecondazione assistita a dividere Parisi da Rutelli: «Ho pieno rispetto della sua scelta personale, che so limpida, ma intestarsi la vittoria dell’indifferenza, perché così va letto quel 74,1% di astenuti, è un errore e tanto più cercare di cointestarlo alla Margherita. Rutelli si è prestato o almeno non è riuscito a difenderci dalla spirale di veleni che ha privato prima il Parlamento e poi il Paese di una grande occasione, quella di affrontare questa questione con umanità.  

Il mio partito che a differenza di altri segnati da una ispirazione laicista   poteva essere un  luogo laico di confronto tra credenti e non credenti su temi così importanti, come la crescita di una cultura della vita, si è ridotto ad un aggregato agnosticocome se ci trovassimo di fronte ad una divisione tra laziali e romanisti.

Fino a brindare per una vittoria alla quale non si capisce bene, come il partito, avesse mai partecipato. Il fatto è che mentre tanti  pensano che Parigi valga bene una messa, io resto attaccato alla convinzione  non c’è Parigi che valga una messa».

La delusione per la via intrapresa dalla maggioranza della Margherita sulla lista dell’Ulivo si accompagna alla preoccupazione per la «campagna acquisti» di Rutelli nel centrodestra, ma non è solo nel suo partito che Parisi vede un arretramento « il rischio di  una scivolata all’indietro che può farci  trovare con il sedere per terra». L’Ulivo è «straniero» anche nei Ds: «Fassino prima ha proposto una lista unitaria con lo slogan “chi ci sta ci sta”, un errore gravissimo perché è apparso come un’ingerenza esterna nelle scelte della Margherita, poi abbiamo visto la Quercia sbandare.

Il fatto è che per loro il partito è l’unica  stella polare. D’Alema ha condiviso per un tratto il ragionamento sul futuro, ma figlio come è della sua storia questa non poteva alla fine far sentire il suo peso.

Lo dico con rispetto e apprezzamento per il cammino che abbiamo fatto in avanti. Ma vedo che purtroppo non ne abbiamo fatto a sufficienza. E parlavano di un “patto scellerato” tra noi… si dobbiamo riconoscerlo l’Ulivo è messo male da tutte le parti».

Il presidente dell’assemblea federale della Margherita non crede che il progetto unitario si sia fermato per la voglia di cambiare il timoniere magari come dice “Europa” per motivi generazionali.

Se qualcuno pone un problema di leadership vuol dire che per lui la leadership attuale fa problema ma certo non per motivi generazionali, per la  carica dei cinquantenni : semmai il problema del nostro Paese è che siano considerati giovani i cinquantenni.

Le primarie diventano per Parisi un punto dirimente, «primarie vere, come quelle fatte in Puglia, e non lo sventolio di fazzoletti in una assemblea con con uno striscione sul quale ci scriviamo primarie di cui parla Marini con la solita franchezza che tutti gli riconosciamo».

Ora è convinto che sarà impossibile spacciare per elezioni primarie cose che non lo sono. Potranno riaprire la partita dell’Ulivo? «Siamo affezionatissimi all’Ulivo ma di tutto siamo disposti a farci prigionieri meno che di un nome.

Come non riconoscere che arrivati a questo punto c’è più Ulivo nell’Unione che in quella che giustamente voi chiamate  Fed. Come non cercare lo spirito del progetto nell’intero campo dell’Unione?

Attraverso le primarie dobbiamo trovare un leader che sia riconosciuto come leader di tutti, al di là delle appartenenze di partito». Parisi non crede che dalla consultazione dell’elettorato del centrosinistra possa rispuntare la lista unitaria: «Tutto può essere, noi non rinunciamo, e tuttavia non ne facciamo una condizione. Non riaprirei però una questione che i partiti hanno purtroppo chiuso.

Siamo sufficientemente adulti per cercare la sostanza al di là delle forme. Le foglioline di Ulivo non ci hanno mai interessato nè liste unitarie coatte trasformate nei soliti   taxi elettorali  dai quali gli eletti scendono  una volta arrivati in Parlamento. Abbiamo già dato».