23 Settembre 2004
Nuovi rischi per la democrazia in Europa
Autore: Joachim Fest
Fonte: la Repubblica
La Germania d´oggi non è solo alla vigilia di riforme dolorose. Affronta un passo molto più difficile: è sulla soglia d´una svolta profonda. Deve rivedere a fondo i suoi sistemi di welfare, previdenza, sicurezza sociale e pensioni, deve varare al più presto una coraggiosa deregulation per smetterla di rendere la vita impossibile agli investitori. E su tale sfondo i grandi partiti storici devono riconquistare la fiducia degli elettori. Ecco perché oggi purtroppo, nel mio paese, scocca l´ora dei demagoghi, dei populisti, degli estremisti di ogni sorta.
La mia Germania, oggi, non attraversa ancora una vera crisi politica. Ma la crisi politica vera, profonda e pericolosa, verrà tra qualche anno, diciamo dal 2010 o dopo, se il paese, i partiti democratici, le forze sociali falliranno la grande prova a cui sono chiamati. Io ora sono ottimista, forse sembro più ottimista di quanto la situazione reale non lo consenta. Ma solo il coraggio d´andare a queste difficili svolte consentirà, alla lunga, di tagliare l´erba sotto i piedi ai demagoghi e agli estremisti. Insisto, sono ottimista. Ma guai a noi se non troveremo il coraggio di cambiare.Certo, so che per gli amici italiani, o di altri paesi europei, può sembrare assurdo che un paese così ricco, civile, progredito, un paese che si avvantaggia di continui record dell´export, debba cambiare a fondo. Proverò a spiegare con alcuni esempi perché il grande Umbruch, la grande svolta di fondo, è necessaria. Di recente ho trascorso alcuni giorni in ospedale, e ho visto il problema con i miei occhi.Le donne delle pulizie, o le infermiere non qualificate, erano tutte russe, oppure ucraine. Negli ultimi giorni è arrivata un´africana. Di tedesche dalla nascita, neanche l´ombra. Poi, tornato a casa, ho appreso da un reportage tv di casi in cui giovani disoccupati rifiutano l´impiego offerto dall´ufficio di collocamento protestando perché è troppo lungo e faticoso raggiungere con i mezzi pubblici il luogo di lavoro. Il reporter è andato a verificare sul posto, e accompagnato dalla telecamera ha mostrato che la fermata del tram distava sì e no un minuto a piedi dall´ingresso della fabbrica. Dal 1 gennaio, con le riforme di Schroeder, tutto cambierà: chi rifiuterà l´impiego offerto sarà colpito da severi tagli ai sussidi.
Da noi, è vero, abbiamo molti disoccupati: quasi 5 milioni secondo le cifre ufficiali, forse 6 se contiamo anche quelli non registrati. Ma occorre distinguere: ci sono lavoratori qualificati sui 40 o 50 anni che da tempo si sforzano invano di trovare un lavoro. E ci sono molti profittatori, che sfruttano il generoso e costosissimo sistema previdenziale. Sono forse i più numerosi, e sono spesso i più inferociti nelle proteste contro le riforme.Perciò dico che le riforme volute dal governo Schroeder non sono che il primo dei passi necessari. Tale è il primo sfondo del malcontento e delle proteste. Quando guardo ai risultati elettorali, non mi preoccupa tanto l´alto astensionismo. Due grandi democrazie quali Usa o Regno Unito vivono forti da decenni con una bassa partecipazione al voto. E quando guardo all´alto astensionismo elettorale da noi, rammento un giudizio di Benedetto Croce. Il grande filosofo non trovava giusto che in democrazia lui e il suo portiere, “un cretino”, avessero entrambi diritto a un voto. Per lui al fondo era meglio che gente che capisce troppo poco, come il suo portiere, restasse a casa nel giorno delle elezioni.Anche da noi, amici italiani, al fondo preferisco che, in questa situazione in cui scocca l´ora dei demagoghi gente al livello del portiere di Benedetto Croce, si astenga, piuttosto che votare per la Pds o addirittura per la Npd o gli altri gruppi dell´ultradestra. Il che è molto più pericoloso.
I pericoli, intendiamoci, non vanno sottovalutati. Quanto alla Pds, credo che si ridimensionerà presto. Alle ultime politiche hanno portato al Bundestag appena due deputati. Ma è uno svantaggio inevitabile della democrazia e delle nostre società che in momenti difficili come quello attuale, tanta gente sia così stupida da dar credito a chi promette di far di più e meglio per i lavoratori, o per l´est, o per la nazione. La stessa demagogia della Pds, a volte con slogan uguali o quasi, è usata in versione nazionalista dall´ultradestra. I due estremismi cullano sogni irreali di una società senza classi, di una nazione solidale. La gente fa presto a dimenticare che Hitler ridusse la Germania alle macerie del 1945, e scorda persino memorie più recenti, come la catastrofe economica e sociale in cui il comunismo ha gettato la Germania est. Si fa addirittura presto a dimenticare che cosa terribile sia la privazione della libertà. Ecco, perciò, che ci avviciniamo alla prima grande prova della nostra democrazia. Non ci siamo ancora arrivati: ma la crisi, verrà. I prossimi anni sono difficili. Non solo da noi, anche in Francia o in Italia. Ovunque o quasi, in Europa, l´ultradestra sfrutta frustrazioni diffuse agitando toni nazionalisti. Purtroppo è anche un pezzo di normalità europea che entra nel nostro quotidiano. In Germania è o appare ben più allarmante a causa del passato. È giusto che sia così, ma è errato, sciocco pensare che siamo già alla sventura.
Mi preoccupano gli orientamenti della gioventù, da noi e altrove in Europa. Non per preferenze radicali del momento, ma a causa di un altro mutamento radicale. Lo sviluppo socioeconomico, la globalizzazione, la congiuntura debole, il peso della previdenza e delle pensioni, ci hanno portato a perdere per strada una libertà fondamentale senza che ce ne accorgessimo: la libertà di scegliere il proprio lavoro e la propria carriera. Come ancora dieci anni fa era possibile: era facile, ieri, diventare meccanico, insegnante, cooperante nel Terzo mondo. Oggi non più. Oggi da un lato le aspettative della società rispetto a previdenza e sbocchi professionali sono cresciute a dismisura, dall´altro la realtà è tale che chi vuole trovare un lavoro deve accettare quel che trova, non può più scegliere. È una libertà perduta, è la fine di un sogno collettivo. Fino a ieri, in Germania, vivevamo in un Paradiso, che è svanito o sta svanendo molto più rapidamente di quanto non ci aspettassimo. Ciò mentre una mostruosa montagna di leggi, norme e divieti, una overregulation tipicamente tedesca, rende impossibile una vita economica normale. Anche tale sviluppo crea spazio per radicali ed estremisti di ogni colore, e fa dimenticare come proprio la Germania abbia sofferto per i mostruosi fallimenti dei due totalitarismi.
Non fraintendetemi, e non cedete a timori eccessivi. Il nuovo Hitler non è alle porte, e neanche un nuovo Mussolini. E anche quando guardiamo alla Germania orientale, quando constatiamo che laggiù c´è gente che identifica la democrazia col caos, bisogna ben ricordare che la gente là ha vissuto sotto dittature dal ´33 al ´89. Un periodo spaventosamente lungo, persino più lungo delle dittature di Salazar o di Castro. Però questi connotati della situazione tedesca devono spingere le élites politiche ad agire, ad andare avanti al più presto sulla via di riforme radicali e d´una deregulation.
Se falliranno, o se ad esempio Schroeder rallenterà le riforme pur di vincere le prossime elezioni, allora si presenterà il rischio di un astensionismo elettorale tale da ridurre Cdu-Csu e Spd in minoranza. E non sono sicuro che Francia, Italia, Regno Unito siano al riparo da tendenze simili. Sono ottimista sulle chances d´evitare tale rischio. Ma se si avverasse, avrebbe conseguenze fatali per l´Europa intera. Sono molto preoccupato, ma mi consola la speranza. Le società democratiche oggi in Europa sanno aiutarsi a vicenda a superare la crisi. In passato non lo sapevano fare così bene. È sempre istruttivo voltarsi indietro a guardare il nostro passato recente. Penso all´indomani della Prima guerra mondiale: l´Europa contava allora una trentina di democrazie. Vent´anni dopo, ne erano rimaste solo otto, le altre avevano ceduto il posto a dittature. Insisto, non cediamo al panico. Non vedo un altro Mussolini o un altro Hitler all´orizzonte del nostro futuro prevedibile. Almeno non nei prossimi trent´anni. Il costume-maschera di Hitler o di Mussolini è vecchio, demodé. Ma una dittatura può sempre riaffacciarsi con maschere o costumi nuovi. E oggi noi democratici non sappiamo con certezza sotto quale maschera o costume si potrebbe presentare.