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13 Febbraio 2006

“No a collateralismi economici e confessionali”

Autore: Arturo Parisi
Fonte: Corriere della Sera
Caro Direttore,
ancorché in ritardo leggo il retroscena politico settimanale che  Francesco
Verderami ha dedicato sabato scorso alla Margherita.
Se non ho mal compreso la novità   che emerge (l’articolista coglie) nel
passaggio rappresentato dalla formazione delle liste del partito sarebbe
costituita dal manifestarsi di un disegno diretto “a mescolare storie diverse
con l’intento di fonderle in un progetto nuovo”.
Se questo fosse un fatto nuovo e se la sua novità  fosse limitata ad alcune
personalità  che quasi all’improvviso vengono proposte come candidati alle
prossime elezioni avrei onestamente qualche dubbio che questo sarebbe
sufficiente ad assicurare  alla Margherita quella capacità  di attrazione che
rafforzando il riequilibrio tra i due principali partiti della coalizione
rappresenta una premessa determinante per la nascita del Partito democratico
evocato dalla riproposizione dell’Ulivo.
Fortunatamente il dato proposto (dal giornale)  come un novità è invece
espressione di un processo ormai più che decennale. E’ infatti fin dalla discesa
in campo dell’Ulivo che “il mescolarsi di storie diverse in nome di un progetto
nuovo” si propone come il segno e allo stesso momento lo strumento principale per
l’avanzamento del processo di cambiamento politico del nostro Paese. Non di una
novità  quindi si tratta ma solo della conferma che il sentiero lungo il quale
la Margherita continua a camminare è lo stesso lungo il quale si sono incontrate
le diverse storie che ad essa hanno dato vita cinque anni fa: quella dei
popolari del Ppi, dei liberali di Rinnovamento Italiano e dei Democratici nei
quali si erano già  in precedenza mescolate storie diversissime per ispirazione
religiosa,  provenienza partitica e riferimenti culturali.
E’ per questo che in un partito, come la Margherita,  pensato fin
dall’inizio come partito laico aperto e plurale le candidature di figure che
continuino ad arricchirne e a rafforzarne il carattere “meticcio” tutto possono
essere all’infuori che una novità .
E’ per questo che, ancorchè in un colloquio privatissimo, come riferisce
l’articolista (Verderame), avrei manifestato la mia disponibilità  a valutare
con apertura, oltre alle candidature di Khaled Fouad Allam, Domenico Fisichella
e Antonio Polito che ho il piacere di conoscere personalmente anche la
candidatura della neuropsichiatra Paola Binetti, della quale, non conoscendola,
sono costretto a registrare solo la qualifica di Presidente del Comitato Scienza
e Vita che in occasione degli ultimi referendum si è battuta per l’astensione,
su posizioni cioè opposte a quelle che allora espressi e delle quali sono oggi
ancor più convinto. Ma dire della assenza di pregiudizi ed anzi della positiva
apertura di fronte ad ogni incontro e arricchimento del campo democratico al
quale non posso che confermare il mio “convinto si”, non significa dimenticare
che alleggeriti anzi proprio perché alleggeriti dal passato gli incontri debbono
trovare la loro giustificazione non in quel presente “moderato e interclassista”
evocato dall’articolo, del quale non riesco a riconoscere né contorni né
contenuti, ma nel futuro: in quel comune “progetto politico nuovo” che solo può
dar senso alla condivisione di una proposta difronte agli elettori.

Non posso
infatti dimenticare che questa condivisione è possibile solo a condizione che
essa si fondi senza riserve almeno in due punti fermi della carta dei principi e
del progetto politico di Margherita: la inequivoca opzione per il bipolarismo e,
al suo interno, per il centrosinistra che oggi si declina più precisamente nel
cantiere del Partito democratico e il superamento di ogni collateralismo sul
piano economico, culturale e confessionale. Gli stessi punti che qualificano il
progetto di Partito Democratico in nome del quale gli ulivisti sono in campo da
sempre.

Solo dentro questo quadro di motivazioni le ipotesi di candidatura che vedo
circolare sulla stampa  potranno essere adeguatamente valutate consentendo ad
ognuno di noi di distinguere tra esse quelle legate al passato da quelle fedeli
al futuro, e di fare perciò con coerenza le proprie scelte conclusive.