Ognuno lo fa a modo suo. I Ds hanno messo su la loro Commissione per il Programma 2006, una cosa ordinata, come lo era il Pci. Massimo D’Alema ha riunito le migliori intelligenze della sua Fondazione “ItalianiEuropei” e per un giorno le ha fatte esprimere in un cinema multisala al centro di Roma. Romano Prodi, già da mesi, fa stoccare migliaia di proposte nei depositi immateriali della Fabbrica del Programma a Bologna. Fausto Bertinotti è stato l’eminenza “grigio-rossa” del convegno “Fuori programma”, formalmente promosso delle riviste della sinistra radicale. E in questo fiorire di “pensatoi” programmatici, il progetto più ambizioso lo sta coltivando la Margherita: riunire per due giorni, in un seminario a porte chiuse sui Castelli romani, personaggi di punta dell’economia, della finanza, dell’Università per farli esprimere sul futuro del Paese. In principio c’era la Fabbrica di Prodi. A parole i partiti hanno gratificato di elogi l’idea prodiana, anche se quel tenerli ai margini ha intensificato le diffidenze verso l’iniziativa. Uno per tutti, il ds Fabio Mussi: «La Fabbrica c’è e lotta assieme a noi, ancora non ci sono andato…». Anche per dissipare questa serpeggiante diffidenza, Romano Prodi, stamattina col varo della cabina di regia per il programma dell’Unione, punta a tranquillizzare i partiti, ridandogli un ruolo nella preparazione di proposte e slogan da spendersi in campagna elettorale. Ma davvero il programma è diventato l’ombelico dell’Unione? Davvero non è più la tradizionale lista della spesa? Meno ideologia e più cose da fare? «Bisogna ammettere che i programmi non hanno ancora un appeal sull’elettorato, quel che conta è un messaggio-forte, che ancora non c’è – sostiene Peppino Caldarola, battitore libero dei Ds – E dunque, Prodi leader senza partito, con la Fabbrica chiama a raccolta forze intellettuali e interessi, cercando di costruire un’armatura politico-intellettuale. I partiti stanno seguendo lo stesso percorso del Professore ed è dunque aperta quella che un tempo si sarebbe chiamata una contesa per l’egemonia politico-culturale». Da questo punto di vista l’iniziativa più ambiziosa la sta coltivando la Margherita. Già da diverse settimane e con una riservatezza insolita in questioni del genere, Francesco Rutelli e un gruppo di parlamentari e non (Enrico Letta, Roberto Pinza, Ermete Realacci, Tiziano Treu, Linda Lanzillotta) stanno lavorando ad un convegno che ha già un titolo, “Italia 2016, missione possibile”. Una sede panoramica, Villa Tuscolana a Frascati, la più alta tra le ville dei Castelli. Una data, il 27 e 28 maggio. Ma soprattutto una corposa e qualificata lista di invitati. Dal presidente di Confindustria e della Fiat Luca Cordero di Montezemolo all’amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo, da Diego Della Valle all’amministratore delegato di Banca Intesa Corrado Passera. E tanti altri, imprenditori, docenti universitari, sindacalisti. La formula immaginata è fuori dagli schemi italiani: gli invitati non si sentono impegnati in alcun modo dal partito che li chiama e sono invitati ad esprimere liberamente la propria opinione sul futuro e le potenzialità del Paese. Sulla lista degli invitati – non necessariamente partecipanti – nulla trapela dal quartier generale della Margherita, anche se la data è stata scelta per non interferire con i numerosi impegni all’estero di Romano Prodi e dunque il Professore ci sarà. Per il momento i Ds hanno messo in movimento il più classico degli organismi di tradizione «pci-sta», la Commissione per il programma. Ma con un investimento che sembra preludere ad un un futuro operativo: la guida del comitato è stata affidata al “numero due” del partito, il responsabile del Dipartimento Economia Pierluigi Bersani. Per ora la Commissione si è riunita due volte, alla seconda ha presenziato anche il segretario Piero Fassino ed è stato deciso di articolarsi in gruppi di lavoro, mentre più avanti la Commissione produrrà eventi pubblici. E la prova che il programma sta diventando una filiera viene dal progetto che sta coltivando lo Sdi di Enrico Boselli: a settembre a Fiuggi andrà in “scena” il “Dizionario riformista”, venti parole-simbolo per l’eventuale governo Prodi.