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8 Ottobre 2005

Maggioritario, veglia di Parisi con Veltroni

Autore: Francesco Verderami
Fonte: Corriere della Sera

Arturo Parisi ha organizzato per lunedì sera una preghiera laica, perché da sacerdote del maggioritario considera la riforma elettorale del Polo un sacrilegio. Sarà una «veglia per la democrazia» quella che si terrà davanti a Montecitorio.

Accanto all’inventore dell’Ulivo ci saranno i reduci del ’93, da Achille Occhetto a Mario Segni, da Walter Veltroni ad Antonio Di Pietro, artefici a vario titolo della stagione che con il referendum del 18 aprile consegnò la Prima Repubblica alla storia. Anche Romano Prodi ha assicurato la sua presenza, siccome si considera figlio del maggioritario e ritiene che il ritorno al proporzionale sia un trucco per levarlo dalla scena. Fino a notte fonda illumineranno la piazza con fiaccole e lumini, e chissà se dalla finestra del suo appartamento il presidente della Camera osserverà l’evento, lui che oggi è considerato più di Silvio Berlusconi come il vero artefice del «ritorno al passato», ed è riconosciuto come «l’avversario», il possibile sfidante.

La polemica che sta contrapponendo Pier Ferdinando Casini al Professore segna la fine di una stretta relazione. Talmente stretta che nell’autunno del ’98, un Prodi ormai assediato a palazzo Chigi, e prossimo alla crisi del suo governo, scrisse un bigliettino al segretario del Ccd: «Caro Pier, sento arrivare Mastella. Avrei preferito che al suo posto ci fossi stato tu».

Adesso che Casini è alla testa del fronte proporzionalista, Parisi prova a interpretarne le mosse sdoppiandosi nel ruolo di politico e di politologo.

Era il politologo che alcuni giorni fa alla Camera ha iniziato a discettare del futuro, «e in futuro il bipolarismo italiano sarà una competizione tra il centro e la sinistra». Una pausa gli è servita per tornare nei panni del politico: «Sia chiaro, questo avverrà quando non ci sarò più». Un modo per sottolineare che si opporrà al disegno, sebbene sia conscio di non avere al momento armi per combatterlo. Dovette consegnarle a giugno, quando Prodi lo abbandonò sulla strada della lista dell’Ulivo, quando gli fu impedito di fare la scissione della Margherita. Da allora Parisi dice di se

stesso: «Sono un prigioniero». Da allora Giulio Santagata, uno dei fedelissimi del Professore, chiede che non lo si definisca più un prodiano «perché sennò mi incazzo».

Da allora i rapporti tra Prodi e Parisi sono cambiati, ed è l’amico ormai, non più il consigliere, che spesso ricorda al capo dell’Unione quell’«errore strategico»: «Perché non andare fino in fondo con la lista unitaria è stato un errore strategico, Romano. Ed è stata la vittoria di Rutelli».

Il Professore sarà certo il candidato premier nel Duemilasei, ed è assai probabile che nemmeno il cambio della legge elettorale gli impedirà di vincere. Ma quella riforma – agli occhi di Parisi – lo rende un leader senza terra, esposto ancor di più alle mosse di Palazzo. Era il politologo che alla Camera anticipava ciò che succederà dopo il ritorno di Prodi a palazzo Chigi: «Le prove di un nuovo centro inizieranno fin dal primo giorno della prossima legislatura. Ogni voto in Parlamento sarà una prova». «Finché un giorno – ha chiosato il diellino Gianclaudio Bressa – dagli altoparlanti della Camera partirà un messaggio: “Attenzione attenzione questa non è un’esercitazione”». Tutti hanno riso, anche Parisi ha sorriso amaro.

Lunedì sera il profeta disarmato e «prigioniero» pregherà perché all’ombra del voto segreto siano più numerosi i franchi tiratori del Polo dei proporzionalisti di centro-sinistra che correranno in soccorso alla riforma.

Se così non fosse, se la legge venisse approvata anche al Senato, Parisi non avrebbe comunque perso tutte le speranze. Perché a quel punto nell’Unione si riaprirà il vaso di Pandora: è meglio andare alle elezioni in ordine sparso o rilanciare la lista unica? L’armistizio raggiunto a giugno potrebbe rompersi. Nella Margherita si sentono già rumori di guerra, e Parisi spera di tornare in libertà