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23 Maggio 2005

Ma abbiamo un patrimonio comune

Autore: Giuliano Amato
Fonte: la Repubblica

Caro direttore, leggo le critiche che piovono in questi giorni sul centrosinistra, o meglio sulla claudicante Federazione dell´Ulivo dopo la rinnovata divisione sulla lista unitaria. Non me la sento di contrastarle e tanto meno di negare l´amarezza che in più casi le ispira, tanto più che di quell´amarezza sono io stesso partecipe. C´è però in esse un filo argomentativo che non mi convince, perché mi pare contrario alla realtà. E vorrei metterlo in luce, non tanto per ridurre in tal modo le nostre responsabilità, quanto, caso mai, per dimostrare ancor più le ragioni che avremmo per non dividerci e per cercare, con rinnovata pazienza, di suturare la ferita.
Mi riferisco alla frequente accusa che ci viene rivolta di voler costruire la nostra unità sull´ingegneria dei contenitori e non sulla cultura dei contenuti, di avere quindi organigrammi e non programmi e progetti e proprio per questo di essere poi preda delle divisioni che ci affliggono. Insomma, se sotto il vestito della Federazione c´è il niente di una latitante piattaforma progettuale comune, mancano gli antidoti essenziali per assorbire i conflitti in qualche modo inevitabili fra le identità preesistenti da una parte e le ambizioni per il futuro dall´altra.
Non nego l´interesse per l´ingegneria dei contenitori né le diffidenze che animano i conflitti identitari. Nego che sia vero che sotto il vestito della Federazione non ci sia una cultura comune e quindi non ci siano progetti e orientamenti politici comuni che ne testimoniano l´esistenza. Il che, se vuole, può anche aggravare le nostre responsabilità ogni volta che facciamo prevalere le divisioni.
Ma ci può anche aiutare ad imbrigliare i fattori che ci portano a dividerci.
Non citerò documenti programmatici rientranti nella serie destinata ai cassetti (anche se potrei farlo, perché ne sono autore recidivo). Citerò progetti e orientamenti che sono venuti emergendo dal vivo delle vicende politiche di questi anni e che, proprio per questo, sono al riparo dall´astrattezza che c´è talvolta nei documenti programmatici e riflettono invece, con più sicura schiettezza, le posizioni di chi li ha fatti propri. In politica estera, a più riprese e segnatamente in un recente seminario della Fondazione ItalianiEuropei, sia Massimo D´Alema che Piero Fassino hanno espresso la loro adesione all´impegno comune dell´Occidente per la promozione delle democrazie nel mondo. Hanno anche ribadito la loro contrarietà all´invasione militare come mezzo per farlo, ma questo nulla toglie a una visione che contrasta l´antiamericanismo e che chiede all´Europa di concorrere a una rinnovata relazione transatlantica. Non a caso, i giornali dei giorni successivi hanno riferito critiche e prese di distanza dell´estrema sinistra (e della stessa sinistra dei Ds). Mentre dalla parte della Margherita c´è stato – immagino – apprezzamento, perché un pezzo importante della piattaforma comune era e doveva essere proprio questo.
In politica sociale, dove culture diverse difficilmente riescono ad incontrarsi nel trovare un equilibrio funzionante e condiviso fra le ragioni della sicurezza e le ragioni della flessibilità, mentre infuriava il conflitto sull´art.18 dello Statuto dei lavoratori (e quindi in una clima che accentuava e non stemperava le diversità di posizione) nacque un disegno di legge sul nuovo Welfare e quindi sui diritti e le protezioni da connettere ai diversi tipi di lavori, che divenne ed è oggi la piattaforma comune di tutti i partiti della Federazione. Il disegno di legge è legato ai nomi del terzetto Amato, Treu, Damiano, che erano e sono tuttora profondamente d´accordo con quello che hanno fatto insieme. In politica istituzionale abbiamo prodotto una bozza comune (che ha raccolto consensi anche più larghi). In politica fiscale e oggi in tema di misure urgenti per risvegliare la nostra economia i partiti e gli esponenti della Federazione sostengono esattamente le stesse cose. Per non parlare di Europa, di Costituzione europea, di euro e di strategia di Lisbona, dove davvero il linguaggio è uno solo.
Mi scuso per la pignoleria dell´elenco. Ma non si può scrivere – come troppo spesso si fa – “sotto il vestito, niente”, quando invece c´è molto di più che niente. Diciamo piuttosto un´altra cosa, diciamo che noi non valorizziamo abbastanza l´autentico patrimonio comune testimoniato da queste iniziative comuni e che caso mai, indebolendo la Federazione, rischiamo di dilapidarne il potenziale. Ai fini dei contenuti da imprimere alle intese che dovranno reggere una coalizione che va da Mastella a Bertinotti, come non vedere l´impatto che potrebbe avere quello che lei ha giustamente chiamato il “baricentro” riformista, un impatto che invece si perderebbe in un centro sinistra arcipelago E non rischieremmo con un programma figlio dell´arcipelago di perdere anche i benefici che, sul terreno dei voti, si vedono nella corsa individuale di ciascun partito nel suo bacino di pescaggio elettorale Ma c´è di più. Se davvero l´obiettivo della Federazione viene mantenuto, ma la sua piena attuazione è rinviata a quando vi sarà un migliore equilibrio fra i suoi partiti, si introduce fra gli stessi partiti una logica concorrenziale, che difficilmente sarà compatibile con quella cooperativa e che lacererà proprio per questo il patrimonio comune, anziché costruirci sopra. E quando ci si deciderà a farlo, ci si accorgerà che non è più possibile. E´ un´esperienza che personalmente ho già vissuto negli anni ‘80 (condividendone la responsabilità) e con tutte le differenze da allora pavento il riproporsi della stessa spirale.
Non c´è un´unica mossa per uscire dalla nostra situazione. Occorre un oculato e fermo esercizio di leadership, occorrono consapevolezza e rispetto per le ragioni di tutti, occorre che la disponibilità ad integrarsi non sia soltanto di alcuni e non vi siano né ragioni né occasioni perché possa essere agitato lo spettro di egemonie o quant´altro ferisca identità, che sono componibili solo con gradualità e senza precostituire gli sbocchi. Ma uno strumento prezioso potrebbe anche essere la rinuncia di ciascuno ad avanzare le sue separate proposte e a marcare con esse una propria separata identità (secondo una logica competitiva), per scavare invece insieme nel grande serbatoio di principi e di orientamenti che condividiamo (secondo una logica cooperativa). Così, al di là delle competenze formali assegnate alla federazione, dovremmo lavorare ai fini del programma dell´intera coalizione. Daremmo modo a quella identità comune che già abbiamo di emergere e di plasmare i nostri rapporti. Ed anche grazie a questo, fra qualche mese tutto potrebbe essere diverso.
E´ una proposta candida Può darsi, ma il candore non sempre è ingenuità, al fondo è fiducia. E di fiducia abbiamo un grande bisogno.