ROMA – «Sull’Iraq io terrei questa posizione». Comincia così il foglietto di bloc notes che Piero Fassino allunga a Romano Prodi durante l’inaugurazione della sede dei Repubblicani europei, una nota riservata in cui il segretario dei Ds ha annotato in sette punti la linea dell’Ulivo. La grafia del leader della Quercia è così minuta che il Professore chiede aiuto a Luciana Sbarbati e poi, lanciato a Fassino un cenno di intesa, annuncia la posizione del centrosinistra, convinto che al votare sulla missione italiana la Gad andrà come un sol uomo: «Ci hanno descritti come divisi, invece siamo perfettamente uniti e lo saremo in Parlamento». Nelle stesse ore da Oslo il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini invita i poli a realizzare convergenze in Parlamento senza polemizzare, senza attardarsi a guardare di chi sia il torto e di chi la ragione. «Parlare oggi di disimpegno dei nostri militari è irresponsabile». Quanto ai tempi del ritiro, è un problema «che verrà affrontato e risolto in una concertazione chiara nella comunità internazionale e in collaborazione con il governo iracheno».
SETTE TAPPE – Prima di leggere il «programma politico per il futuro dell’Iraq» in nome del quale conta di cementare le diverse anime dell’opposizione, Prodi premette che il centrosinistra ha salutato le elezioni come «un momento importantissimo». Poi enuncia i sette passi verso la democrazia. Convocare al più presto il Parlamento «che uscirà da queste elezioni», dar vita al nuovo governo, adottare una Costituzione che garantisca tutti (sunniti compresi), premere per l’intervento dell’Onu e promuovere una nuova Conferenza internazionale sugli aiuti. Punto sesto, caldeggiare una riunione del Consiglio di sicurezza che preveda un piano per il rientro delle truppe, il passaggio dei poteri e il riassetto del Paese. Punto settimo, sostituire il contingente con «una forza multinazionale che garantisca la sicurezza».
È la formula magica. Il compromesso che consente di tenere unita la federazione ulivista tra Ds, Margherita, Sdi e Repubblicani e di non rompere con Bertinotti (e Diliberto) sulla politica estera. Chiamando in causa l’Onu, Prodi può sfumare sulla tempistica del rientro e celare i patemi che il successo delle elezioni ha riaperto nell’alleanza. Il Correntone Ds, forte di un ordine del giorno approvato in tanti congressi federali e regionali, spinge per il ritiro immediato e nella Margherita c’è chi come Gerardo Bianco ritiene «inaccettabile» una richiesta di ritiro. Ma ora Prodi ha dalla sua anche Francesco Rutelli. Invece di mostrarsi offeso perché il Professore ha sposato le tesi di Fassino, il presidente della Margherita dichiara che le elezioni sono state un fatto straordinario su cui le Nazioni unite possono far leva «per coinvolgere molti più Paesi, con l’uscita delle truppe di occupazione che hanno fatto la guerra e l’ingresso di una nuova coalizione internazionale».
VOTO UNITARIO – La prossima settimana il Senato voterà il rifinanziamento della missione italiana e Prodi può sperare in un voto unanime della sua Gad. Rifondazione aveva pronta una mozione per il ritiro immediato ma Bertinotti ha apprezzato la svolta del Professore, un «fatto nuovo e importante» che il segretario, promette, valuterà. E infatti ecco Franco Giordano leggere le parole di Prodi come una richiesta di ritiro e annunciare ottimista che «tutta la Gad voterà contro la proroga». Se poi Gerardo Bianco è contrario al ritiro immediato, trattasi di «opinioni personali».
CDL ALL’ATTACCO – L’intervento di Giordano consente alla Cdl letture ironiche e affondi polemici. L’Udc esprime solidarietà a Bianco, «smentito da Giordano e, temiamo, anche da Prodi» e accusa il candidato a Palazzo Chigi di coprirsi con l’Onu neanche fosse una foglia di fico qualsiasi. Prodi dica una parola di chiarezza, sprona il vicepremier Marco Follini: «Non può cavarsela facendo lo slalom tra opinioni contraddittorie». Il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ritiene «irresponsabile» parlare oggi di disimpegno militare e con parole simili va all’attacco Sandro Bondi. Il ministro leghista Roberto Calderoli si gode la scena di una Gad affetta da schizofrenia. «Se Prodi fosse in Parlamento voterebbe sì con la mano destra e no con la sinistra».