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4 Ottobre 2005

L’ossessione del Cavaliere

Autore: Piero Ottone
Fonte: la Repubblica

In fondo mi dispiace: lo spettacolo è deprimente. Il declino di Silvio Berlusconi, il suo tramonto, la sua eclissi politica avviene nel peggiore dei modi. Che il ciclo di questo insolito personaggio fosse finito, era chiaro da molti mesi, e anch´io, come altri, lo avevo scritto. Lui ne aveva preso nota. «Ottone ­ aveva detto a un amico comune ­ mi dà per spacciato». E aveva aggiunto, con un sorrisetto ironico: «Portagli i miei saluti». In quei giorni poteva ancora sorriderci. Ora non più.


Effettivamente avevo scritto che era spacciato: ma senza malanimo. Già prima dell´estate, il declino era chiaro, era inarrestabile, e c´era soltanto da chiedersi come lo avrebbe gestito. Avrebbe potuto decidere di uscire di scena con un beau geste, con qualche frase appropriata, del tipo: ho reso un servizio al paese in un momento difficile, ho agevolato la transizione dalla prima alla seconda repubblica, adesso cedo il testimone…

Sarebbe stata, quella, una fine dignitosa. All´estremo opposto c´era il pericolo che architettasse qualche manovra clamorosa, qualche mossa drammatica e disperata, magari a spese delle finanze nazionali: muoia Sansone con tutti i filistei. Niente di tutto questo: assistiamo adesso all´affondamento graduale, allo smarrimento. Uno spettacolo triste.


A chi osserva da lontano, come un semplice cittadino che guarda la televisione, Berlusconi sembra quasi un uomo in stato confusionale. Ha il volto teso, di chi non dorme la notte. Ha lo sguardo smarrito, la voce ora dimessa, ora stridula, come quando ha detto, quasi gridato, che sarebbe “esploso”. Si lascia andare a frasi infelici, che rivelano i lati meno edificanti della sua personalità, e paragona certi suoi alleati a “una metastasi”; dice che Schröder “ha messo sotto” la Merkel, e lui “metterà sotto” il povero Prodi.

Poi, oltre agli atteggiamenti scomposti, ci sono le incoerenze, le decisioni intempestive e contraddittorie, come il silenzio tenuto troppo a lungo su Antonio Fazio, seguito da una sconfessione improvvisa, pronunciata nel momento più inopportuno, quando Fazio è impegnato in una missione all´estero. Ha sentenziato Francesco Cossiga: “Il peggio del peggio”.


Stato confusionale vi sembra eccessivo? Vediamo di approfondire il discorso: Berlusconi si comporta come un uomo spaventato, che ha paura. E fin qui niente di strano: tutti gli uomini che raggiungono grandi vette rischiano molto, e ogni rischio comporta la paura di fallire. Berlusconi ha rischiato tante volte, nella sua vita di imprenditore, quindi ha avuto tante volte paura.

Si aggiunga che è di temperamento apprensivo. Mi disse per esempio, tanti anni fa, che aveva rimuginato tutta la notte la decisione di acquistare la televisione di Edilio Rusconi, perché temeva di avere fatto il passo più lungo della gamba; e credo che fosse sincero. Certamente ebbe paura di essere processato, e di fallire, quando Craxi fu costretto a ignominiosa fuga per tante malefatte, e lo abbandonò al suo destino.

Ma allora, ogni volta, reagiva alla paura con decisioni audaci, e soprattutto con estrema lucidità. Alla fine vinceva. Forse ha conosciuto per la prima volta, nella sua vita, un periodo di relativa tranquillità psicologica, esente da grandi paure esistenziali, quando è diventato Primo ministro.

Perché allora il rischio, qualcuno può malignamente insinuare, ricadeva sul paese, non sul suo patrimonio, che intanto cresceva. Ma soprattutto perché ormai si era convinto di essere invincibile, di essere onnipotente: la sindrome che colpisce, prima o dopo, ogni uomo di grande successo.


Ora le certezze sono svanite, la lucidità nelle reazioni è persa. La paura, nel Berlusconi di questi giorni, non è più incentivo a reagire: diventa ossessione. Ma paura di che? Non di coloro che si trova di fronte: li ha sempre disprezzati e, nonostante tutto, continua a disprezzarli. Non paura di elezioni primarie, che forse non si faranno mai. Ma paura di sé: di perdere il controllo di sé stesso, e della situazione in cui si trova. Paura di non essere più capace di vincere: per inadeguatezza.


E così il declino avviene nel peggiore dei modi. Mi dispiace per lui: lo spettacolo di un uomo in difficoltà è sempre penoso. Ma mi dispiace, soprattutto, per il nostro paese, per la nostra immagine nel mondo. Gli stranieri non ci hanno mai perdonato di avere dato credito per dieci anni a questo personaggio. Ora più che mai diranno che avevano ragio