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12 Ottobre 2005

L’occasione sprecata

Autore: Luigi Spaventa
Fonte: la Repubblica

In un sussulto di attività, il Senato approva al galoppo il disegno di legge sulla tutela del risparmio, cercando di recuperare prima della fine della legislatura il tempo perso in venti mesi di melina parlamentare.

All´ultimo momento è passato anche, così com´era, un emendamento riguardante la Banca d´Italia, che il Governo (smentendo la sua precedente richiesta di lasciare la Banca fuori dalle disposizioni sul risparmio) concepì frettolosamente anche come strumento di pressione per indurre il Governatore a dimettersi. La fretta non fu buona consigliera. In un´iniziativa che voleva essere di riforma si doveva fare di più e di meglio.


Il di più non consiste solo nel trasferimento all´Autorità garante per la concorrenza anche della competenza sulle banche. Vi sono questioni forse più importanti. Al di là del folklore dei protagonisti, le vicende di Lodi e dintorni rappresentano manifestazioni degenerate di difetti più profondi nella definizione dei poteri di vigilanza. Quei poteri furono estesi con il Testo unico bancario del 1993, ben al di là di quanto previsto dalla normativa comunitaria.

In conseguenza, la normativa vigente e la sua traduzione in disposizioni applicative affidano alla Banca d´Italia e al suo Governatore facoltà discrezionali amplissime di condizionamento e di decisione nel caso di fusioni e di acquisizioni di banche; consentono dunque a un organo non responsabile politicamente di perseguire propri (e riservati) disegni di politica industriale che eccedono i fini della vigilanza di stabilità.

Paradossalmente, la rivendicazione da parte del Governatore della legittimità del suo operato offre l´argomento migliore per ritenere che la legge debba essere cambiata. E´ dunque necessaria una rivisitazione del Testo unico; ma l´emendamento governativo non se ne occupa, se non per dire che gli atti della Banca d´Italia devono essere in forma scritta e motivati.


Si doveva fare di meglio. Su alcuni punti importanti la proposta governativa è incompleta o insoddisfacente, come rileva anche la Banca Centrale Europea nel parere espresso pochi giorni fa.


Il Governo prevede che le quote di partecipazione al capitale della Banca d´Italia vengano detenute non più dalle banche, ma dallo Stato (in maggioranza) e da altri enti pubblici. E tuttavia non interviene sulla composizione del Consiglio superiore, i cui membri sono designati dai partecipanti, e sulle sue competenze, fra cui quelle di nomina e revoca dei vertici dell´Istituto.

Con lo Stato partecipante di maggioranza il Consiglio sarebbe necessariamente di nomina pubblica. Si tratterebbe di un´anomalia: per evitarla occorre perseguire soluzioni diverse per l´assetto proprietario. Comunque, tanto vale attribuire direttamente all´esecutivo, come avviene in ogni altro paese, la nomina dei vertici, con la garanzia di un parere obbligatorio e vincolante del Parlamento.


Il Governo poi introduce un termine per il mandato del Governatore e prevede che questi acquisisca un parere preventivo del cosiddetto direttorio (oltre al Governatore, direttore e vicedirettori generali) sui suoi provvedimenti. La Banca Centrale Europea chiede, giustamente, un termine di mandato per tutti i membri del direttorio e, con più forza, una effettiva collegialità delle decisioni, con la fine dell´attuale regime monocratico.


In definitiva, la Camera dei Deputati dovrebbe introdurre modifiche incisive alle disposizioni sulla Banca d´Italia approvate dal Senato: con una revisione della legislazione per ridurre il perimetro degli interventi di vigilanza e con l´elaborazione di un disegno più coerente degli assetti proprietari e di governance dell´istituto. Si può temere che un tale intervento impedisca l´approvazione del disegno di legge prima della fine della legislatura.

Ma è ancor più grave il rischio di chiudere la pratica, accontentandosi di una riforma a metà che lascia irrisolti i problemi di fondo e che disattende il parere della Banca Centrale Europea. Tanto varrebbe allora rinviare la questione alla prossima legislatura.