18 Gennaio 2006
L’intesa non cancella ambiguità e sospetti
Autore: Massimo Franco
Fonte: Corriere della Sera
La voglia di nobilitare l’esito del vertice notturno dell’Unione è corale e generosa. Romano Prodi parla di «una pace con un passo avanti». Vede un Partito democratico creato «con la lentezza necessaria per i grandi movimenti storici». Ne preannuncia la nascita «subito dopo le elezioni». Ma la «lentezza» che nell’ottica del Professore è condensata in uno spazio di mesi, per gli alleati tocca orizzonti che appaiono politicamente un’eternità. Il risultato è un’incertezza che non riguarda tanto la leadership per Palazzo Chigi: spinto dal vento delle primarie, Prodi sta arrivando al traguardo del voto. E la Margherita conferma che dopo le altre riunioni di ieri esiste «un’intesa su tutto».
Ma si intravede una situazione complicata su come il centrosinistra arriverà alle urne e soprattutto ne uscirà, anche se vincesse. L’articolo di commento uscito ieri mattina su
Europa, il quotidiano della Margherita, era un altolà che sapeva di stroncatura. «Minare l’unità dell’Ulivo è il modo migliore per uccidere già oggi il Partito Democratico», avvertiva il quotidiano; ed era chiaro che parlava proprio a Prodi. L’accelerazione tentata dal Professore sembra avere avuto l’effetto di cementare l’intesa fra Rutelli e i Ds: un asse messo in tensione dal caso Unipol.
La loro sintonia ostentata suona come un atto di autodifesa dei partiti. Non solo. Proprio mentre il leader dell’Unione prevedeva l’alba del Partito Democratico dopo il voto del 9 aprile, è arrivata la doccia fredda diessina. Il coordinatore Vannino Chiti ha spiegato che la nuova formazione non nascerà prima delle europee, nel 2009. La programmazione della prima forza della sinistra prevede congressi «entro l’estate del 2007» «per farci autorizzare» ad aprire una nuova fase. Poi ci sarà una tappa ulteriore che durerà circa diciotto mesi. E solo alla fine si arriverà a quello che vuole Prodi.
Sono scadenze che, senza volerlo, sembrano elencate apposta per saggiare le reazioni del Professore. E’ probabile che, in caso di vittoria dell’Unione, il premier abbia autorità e potere per rilanciare il progetto; e magari per imporlo ad alleati che a volte sembrano quasi subirlo. Ma qualcuno non esclude che, una volta insediato Prodi a Palazzo Chigi, ad accelerare siano proprio Margherita e Ds; e l’approdo al Partito Democratico, «nel quale» fa sapere Rutelli, «crediamo profondamente», sia pilotato da loro. Forse, l’impazienza prodiana si inserisce anche su questo sfondo.
Il prezzo pagato negli ultimi giorni dal centrosinistra, tuttavia, non è piccolo. Prodi ritiene di avere ottenuto «quel che si poteva fare a ridosso delle elezioni». E ai suoi confida: «Almeno non è stata messa la retromarcia». Eppure, l’atmosfera nell’Unione è nervosa. Lo sforzo dei leader di accreditare l’armonia con l’intesa di ieri deve fare i conti con il disorientamento e l’irritazione nei gruppi parlamentari e negli apparati dei partiti. Come minimo, si teme di avere offerto ad un centrodestra in svantaggio qualche argomento polemico in più.