I ministri degli esteri possono tornare a casa soddisfatti.
Grazie all’ostinato lavoro dell’Italia, l’Unione europea ha preso
solennemente l’impegno di presentare alla prossima sessione delle Nazioni
Unite, in settembre, una risoluzione per ottenere una moratoria sulla pena
di morte. D’Alema avrebbe voluto sottoporre la questione al Palazzo di vetro
già questa estate, ma si è scontrato con la resistenza di britannici e
polacchi, sempre preoccupati di non dispiacere a Washington. Alla fine
comunque, sia pure con un ritardo di qualche mese, l’ha spuntata. Molto più
arduo sarà invece il compito di Romano Prodi, che giovedì arriva a Bruxelles
per il «vertice di tutti i vertici».
Il vertice che dovrebbe riformare i
Trattati cambiando finalmente il volto dell’Unione e ponendo fine ai due
anni di paralisi dopo la bocciatura della Costituzione da parte di francesi
e olandesi. La battaglia si preannuncia durissima, e superare i veti di
Londra e Varsavia non sarà altrettanto facile. Il vertice, in teoria,
dovrebbe concludersi venerdì in serata. Ma la delegazione italiana ha
prenotato le camere d?albergo almeno fino a sabato notte, con possibilità di
prolungare il soggiorno fino a lunedì mattina. Sempre che, già venerdì, la
cancelliera Angela Merkel che presiede i lavori e che si gioca la sua
reputazione di grande mediatrice, non getti la spugna aprendo ufficialmente
una crisi drammatica e dagli esiti imprevedibili.
Intanto, come sempre
succede alla vigilia dei vertici storici, le posizioni si induriscono e
tutti mettono in campo le artiglierie. Ieri Tony Blair, l’uomo che secondo
il “Financial Times” Sarkozy medita di lanciare come primo presidente
europeo, ha dettato l?elenco delle quattro condizioni che il suo governo
pone ad ogni ipotesi di accordo: nessun valore vincolante della Carta de
diritti sulle legislazione britannica; nessun limite o condizionamento alla
politica estera di Londra; nessun ingerenza dell?Europa sulla «common law»,
sul sistema giudiziario o sull?azione delle forze di polizia inglesi. E, per
finire, nessuna estensione del voto a maggioranza sulle questioni di
interesse fiscale o sociale. Se queste sono le posizioni di un possibile
candidato alla presidenza dell?Unione europea, c?è poco da stare allegri. In
realtà Blair ha un problema concreto.
Questo è il suo ultimo vertice
europeo, e qualsiasi concessione faccia, a pagarne il prezzo politico dovrà
essere il suo successore, Gordon Brown. Ma Brown non vuol in alcun modo
dover difendere il nuovo Trattato in un referendum popolare, con il rischio
di farsi bocciare dagli elettori sobillati dalla stampa anti-europea. Per
cui la sola preoccupazione dei laburisti è di rendere il nuovo Trattato
talmente insignificante da poter evitare una ratifica referendaria. Se però
le richieste britanniche venissero accolte, questo significherebbe
rinunciare all?estensione del voto a maggioranza, alla creazione di un
ministro degli esteri europeo, alla Carta dei diritti e alla personalità
giuridica internazionale dell?Unione europea: tutti punti qualificanti che
erano nella Costituzione e che i diciotto Paesi che l?anno ratificata, oltre
alla Francia di Sarkozy, considerano irrinunciabili. Londra finora resta
irremovibile, ma con garbo.
Varsavia, invece, non solo è irremovibile, ma
sembra addirittura pregustare il prossimo braccio di ferro che la potrebbe
opporre da sola agli altri ventisei Paesi dell?Unione. Oltre a condividere
tutte le obiezioni degli inglesi, i polacchi sono infatti ben decisi a
condurre una loro battaglia nazionale contro il nuovo sistema di voto
previsto dalla Costituzione e che dovrebbe essere confermato nel nuovo
Trattato. In base alle nuove regole, le decisioni vengono approvate da una
maggioranza del 55 per cento degli Stati membri, purché rappresentino almeno
il 65 per cento della popolazione. In questo modo si dà un po? più di
influenza ai Paesi più popolosi e si riduce un poco il potere di veto dei
Paesi medio-piccoli. I polacchi si sentono penalizzati e non intendono
cedere. Contropropongono un sistema assurdo, che assegni ad ogni Paese un
numero di voti pari alla radice quadrata della popolazione.
In questo modo
si aumenta il potere di veto dei piccoli e si riduce l?influenza dei grandi
Paesi, i cui cittadini diventerebbero di fatto europei di serie B, con minor
potere di influire sulle decisioni comuni. Ma perfino il capo di un governo
di un piccolo paese come la Slovacchia ha definito la proposta polacca «un
sistema che non interessa nessuno e che nessuno capisce». Britannici e
polacchi sono, in questo momento, i maggiori ostacoli al raggiungimento di
un accordo. I cechi, che li appoggiano, hanno dimostrato nelle ultime ore
qualche segno di cedimento. Ma nonostante gli strepiti e le minacce di
Varsavia, l?opposizione di Londra è molto più preoccupante. Se i Ventitre
Paesi che vogliono un accordo sul Trattato possono isolare la Polonia, non
tutti se la sentono di mettere la Gran Bretagna in un angolo. Nonostante i
dati che saranno pubblicati oggi da Eurobarometro dimostrino che il 66 per
cento degli europei è favorevole ad avere una nuova Costituzione per
l?Europa, il compito che attende Angela Merkel è di quelli che fanno tremare
i polsi.