18 Febbraio 2004
L’Europa dei tre che esclude l’Italia
Autore: Bernardo Valli
Fonte: la Repubblica
La novità più evidente del vertice in programma oggi a Berlino è la partecipazione britannica a una riunione di solito riservata alla coppia franco-tedesca. L´asse Parigi-Berlino, fonte di tanti vizi e di tante virtù, di innumerevoli gelosie e di altrettante discusse (benefiche o malefiche) energie nel processo di integrazione europea, si è esteso oltremanica, comprende ormai anche Londra. Perlomeno in questa stagione. Non si tratta soltanto di un rilevante mutamento nell´ambito comunitario che fa digrignare i denti agli esclusi. La cooptazione del primo ministro britannico, campione dell´Europa altlantica, da parte del cancelliere tedesco e del presidente francese, campioni dell´Europa europea, ha un significato preciso. E´ impossibile non interpretarla come una ricucitura della frattura apertasi platealmente un anno fa con la famosa «lettera degli Otto» sull´Iraq, firmata da Blair, Aznar, Berlusconi ed altri, schieratisi con gli Stati Uniti, in netto contrasto con Chirac e Schroeder, che si opponevano alla guerra preventiva di Bush.
È chiaro che l´invito di Blair a Berlino equivale a una volonterosa apertura, o se si vuole a un gesto propiziatorio, nei confronti dell´altra sponda dell´Atlantico. Uno dei tanti gesti compiuti negli ultimi tempi. Blair è un ponte tra i due mondi; può essere un messaggero; figura come un europeo garante della fedeltà alla superpotenza.
Ansioso di chiudere al più presto i dissidi provocati dalla guerra in Iraq, e di neutralizzare le accuse di antiamericanismo, il cancelliere, al quale si deve l´iniziativa, considera la presenza del primo ministro britannico al suo fianco come una prova della flessibilità dell´intesa franco-tedesca. Un´intesa cui si sente vincolato, senza esserne prigioniero. Succube di Chirac? Neanche per sogno. La stessa Francia, del resto, ricorrendo alla storia come è nella sua tradizione, dinamizza la sua politica estera in varie direzioni. E il Regno Unito è un obiettivo che adesso le sta particolarmente a cuore. Un esempio: in aprile sarà celebrato il centenario dell´Entente Cordiale (l´intesa del 1904, che mise fine ai dissidi franco-britannici) con una visita della regina Elisabetta sulle rive della Senna. E, su un piano più concreto, sempre Parigi realizza con Londra accordi militari (forze di pronto intervento comuni) ai quali la Germania si associa con slancio, per non lasciarsi distaccare.
Sullo sfondo di tutto questo si profila la cerimonia di giugno sulle spiagge della Normandia, dove nel 1944 sbarcarono le forze alleate, per liberare la Francia occupata dalle truppe del Terzo Reich. Il sessantesimo anniversario avrà un alto valore simbolico, poiché per la prima volta un cancelliere tedesco sarà a fianco dei capi dell´esecutivo degli Stati Uniti, di Francia e di Gran Bretagna. Nella nostra civiltà delle immagini, quella cerimonia diffusa in tutti gli angoli della Terra avrà una risonanza importante: ricorderà cosa hanno in comune le due sponde dell´Atlantico.
Chi trascura la storia, chi non ne tiene conto, chi dimentica gli imperativi geopolitici, chi pensa che i rapporti tra Stati, tra governi, tra popoli, siano come quelli tra commercianti, rischia forti delusioni, e provoca danni non indifferenti al Paese che rappresenta. E´ il caso dell´attuale governo italiano, e in particolare del presidente del Consiglio che indirizza la politica estera con l´estro e la vivacità di un venditore di spettacoli televisivi. Invece di affiancarsi nei momenti difficili, sia pure con spirito critico, e senza venir meno alla lealtà verso gli Stati Uniti, ai Paesi con i quali condividiamo dall´inizio la grande impresa europea, il capo del governo italiano si è affidato alla vanità e alla facilità, alle pacche sulle spalle di Bush e a un acritico allineamento sulle sue posizioni. Dimenticando di rappresentare una delle nazioni fondatrici dell´Europa. Trascurando il fatto che, superata la crisi, della sua condotta sarebbe rimasta soltanto la scarsa attendibilità. Il pragmatismo, certo, ma anche la geopolitica e la storia, hanno condotto Tony Blair a Berlino. E nel giugno prossimo, per dimostrare che i demoni della storia sono stati dispersi, il cancelliere tedesco, il presidente americano e quello francese, e il primo ministro britannico, si troveranno fianco a fianco sulla spiagge di Normandia.
Il carattere nazionale, cosi come si è disegnato nei secoli, ha imposto alla nostra politica estera di basare la potenza sulla diplomazia, anziché la diplomazia sulla potenza come è accaduto e accade in altri grandi Paesi. Non a caso abbiamo riportato più successi diplomatici che militari. La presenza del primo ministro britannico e l´assenza del presidente del Consiglio italiano a Berlino equivalgono a una beffa. Per i nostri ambasciatori è una sconfitta. Una sonora sconfitta. Un´altra dopo le tante recenti figuracce sulla ribalta internazionale, e l´indecoroso fallimento del vertice di Bruxelles. Ma essi sono diplomatici, non maghi o prestigiatori.
Non potevano dare credibilità a chi non ne ha. Alla «riconciliazione» tra l´Europa atlantica e l´Europa europea non l´hanno voluto. Lui non è un ponte, né un messaggero, né un garante. In altre occasioni, è vero, e con altri governi, l´Italia è stata esclusa da importanti appuntamenti internazionali. E´ tuttavia la prima volta, in mezzo secolo di storia europea, che non partecipa a un´iniziativa di grande rilevanza politica, economica, militare e tecnologica. I partecipanti al vertice escludono unanimi che si tratti della nascita di un « direttorio». Ma di fatto lo è. Ed essere lasciati fuori dalla porta è grave per un Paese come l´Italia (che almeno per le sue dimensioni e il suo reddito dovrebbe pesare come un «grande»). E´ grave perché la riunione berlinese può segnare una svolta nei rapporti tra Stati Uniti ed Europa. Non è «un pasticcio» come dice l´escluso Berlusconi. L´appuntamento si tiene dopo che Blair, messaggero credibile, ha convinto Bush a non opporsi ad un accordo del Regno Unito con la Francia e la Germania nel cruciale settore della difesa (compreso quello nucleare?). E in questa circostanza Blair non si cura dell´alleato italiano, con il quale ha firmato la famosa «lettera degli Otto». Adesso non serve più. Neppure Bush gliel´ha raccomandato.