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2 Gennaio 2007

Legge Elettorale. La minaccia del sistema tedesco

Autore: Salvatore Vassallo
Fonte: Corriere della Sera

È davvero strano, per quanto è accorto e competente, che Franco Bassanini non si sia reso conto di cosa stava firmando quando è andato in Cassazione a sottoscrivere il referendum elettorale. Difficile pensare che non si sia chiesto se l’ esito sarebbe stato migliore o peggiore, come ora dichiara, dello status quo. Bassanini sa perfettamente, d’ altro canto, che i referendum sono in Italia solo abrogativi e che quelli sulla legge elettorale devono usare la tecnica del ritaglio. Possono amputare parti del testo in vigore lasciando in vita un sistema in qualche modo funzionante. Sa anche che nessuna legge elettorale è perfetta, tanto meno quelle fortunosamente prodotte per ritaglio. Non gli sfugge che, qualora passasse il referendum, il Parlamento avrebbe piena legittimità politica e giuridica ad introdurre correttivi, che anche i promotori richiedono, come il ripristino dei collegi uninominali. Sa che i referendum, se sono una credibile minaccia, possono solo favorire, non certo impedire, il dialogo parlamentare. E che questi in particolare, per essere una credibile minaccia, implicano il ravvedimento attivo di una parte della Cdl. Bassanini sa però anche che i referendum dettano indirizzi generali politicamente vincolanti. E l’ indirizzo del referendum in questione è chiaro su un punto. 

Il sistema elettorale deve spingere i nostri troppi partiti a fondersi e coalizzarsi, prima delle elezioni, dando a chi vince una maggioranza autosufficiente per governare. Se Bassanini ha cambiato idea, non può averlo fatto, come dice, per le soggettive intenzioni di Guzzetta e Segni. È più plausibile che lo abbia fatto perché le strategie negoziali del ministro Chiti, con cui collabora, rischiano di entrare in collisione con l’indirizzo referendario. E in effetti, tra i modelli oggetto di negoziato, ce n’ è uno che chiaramente collide. Il sistema elettorale tedesco è di sicuro attraente agli occhi (miopi) di chi deve attualmente gestire i complicati rapporti del governo con la seconda camera. Consentirebbe infatti all’ Udc, con il suo 6-7% di voti, di sopravvivere da sola, senza fare accordi preelettorali. Le consentirebbe quindi di muoversi già in questa legislatura liberamente in sede parlamentare e di divenire poi ago della bilancia tra coalizioni di centrosinistra o centrodestra, a seconda delle opportunità, con o senza le ali (Rifondazione e Lega). Alcuni dirigenti ds potrebbero considerarlo un buon modo per sottrarsi ai condizionamenti della sinistra radicale, e questi ultimi un modo per tenersi le mani libere. 

Tutto bene? Basta non porsi una domanda. Perché mai, una volta che sia stata regalata all’Udc una così conveniente rendita di posizione, Marini e Letta, De Mita, Rosy Bindi e Rutelli, dovrebbero rinunciare a condividerne gli utili? Perché mai dovrebbero regalare una rendita di posizione all’Udc e poi infilarsi nel Partito democratico, a rischio di «morire socialisti»? Le pressioni di parti della gerarchia ecclesiastica e il richiamo ai temi eticamente sensibili farebbero il resto. E siccome in Italia vari potenti gruppi di interesse hanno una consumata vocazione a darsi un interlocutore politico stabile, e a «stare sempre al governo», contribuirebbero ben volentieri anche loro a ripristinare l’ egemonia del centro, sotto la specie della politica dei due forni. Il proporzionale con sbarramento alla tedesca non ci farebbe tornare esattamente alla Prima Repubblica, ma nemmeno ci porterebbe in Germania.

Farebbe diventare il nostro sistema politico più simile a quelli belga e olandese, nei quali una Dc un pò più piccola di quella italiana ha quasi perennemente governato coalizzandosi ora con i liberali ora con i socialisti. Una soluzione che certamente piace a chi, dopo avere ostentato falsi entusiasmi o conversioni tardive ugualmente fasulle, comincia a temere
che prenda corpo sul serio il Partito democratico e che, anche grazie ai referendum, si stabilizzi su nuove basi la democrazia bipolare. Come si poteva intuire già da un pezzo, le scelte sul sistema elettorale sono il vero banco di prova della sincerità con cui si evoca quel progetto. Altro che Pse! E sul punto una cosa è certa: chi crede che la trasformazione dell’Ulivo (o della Cdl) in un partito sia la strada maestra per dare all’ Italia finalmente una democrazia normale deve guardarsi dal sistema tedesco, e da quelli che lo negoziano nell’ombra.