È terribilmente pericoloso. È stato già detto e scritto. Bisogna ripeterlo e ricordarselo. Berlusconi convoca nella sede istituzionale di Palazzo Chigi i giornalisti. Appare furente. Non lo è, posa. Il copione è il solito.
Strepita, depreca, ammonisce, inveisce. Questa volta, contro i magistrati di Milano. Che cosa c´è di nuovo? È soltanto la conferma che vuole giocare (e giocherà) fino alla fine e oltre ogni limite la carta del conflitto, della divisione irragionevole, dell´avventura funesta.
A vederlo, è giusto preoccuparsi. Ha occhi spiritati e mascella rigida. Grida a gola piena. Picchia i pugni sul tavolo. Sceglie le parole più ingiuriose. Allunga il braccio e, nel vuoto, muove l´indice accusatore contro i suoi nemici.
Le ultime carte del Cavaliere Li vede come fantasmi in ogni angolo della vita pubblica, nascosti nei comuni, nelle regioni, nei seggi elettorali a imbrogliare le schede, tra gli industriali, nei sindacati, all´università, negli ospedali, nelle redazioni dei giornali, tra gli operai, nei palazzi della televisione.
Sono fantasmi pericolosi come quei “coglioni” del ceto medio che gli votano contro; come i moderati e i cattolici che, con sgomento, osservano agitarsi il suo spirito animale; come i suoi dipendenti che si rifiutano di servirlo come ordina; come gli alleati che hanno il freddo alla schiena ad ascoltarlo e non gli vanno dietro come dovrebbero.
Si rappresenta solo contro il male assoluto. Dice che si difenderà. Geme: «Lo farò per me, per i miei figli, per le mie aziende, per i miei collaboratori, e anche per i cittadini». In ordine di importanza, of course.
Non si accorge di svelare il gioco. Gli interessa il suo personale destino, e soltanto quello. Il suo destino e i suoi averi. Pensa che i cittadini debbano fare finalmente qualcosa per proteggere l´uno e gli altri. È a questo punto che affiora in chi lo osserva il timore e un brivido.
Che cosa devono fare? Che cosa dovrebbero fare, i cittadini? Scendere in strada? Menare le mani? Berlusconi sembra chiamarli ossessivamente alla lotta, alla barricata come se il nostro piccolo mondo nazionale sia in procinto di crollare sotto l´assedio di una minaccia nera, di un insopportabile ricatto.
Come se la nostra democrazia, dove negli ultimi dieci anni ha governato sia il centro-sinistra che il centro-destra, non possa sopportare pena il collasso che egli, il più bravo, il più indefesso, il più capace, il più probo, il magnifico in grado di allungare finanche la vita degli italiani di un paio di anni, venga sconfitto dal voto.
Insensibile alle contraddizioni, inventa ogni giorno variazioni falsarie che possano mostrarlo vittima di una trama e di un pericolo mortale. Si lamenta, anche ieri, che gli è stato impedito di andare in televisione. Poi ritorna al consueto leitmotiv. La magistratura.
Sceglie le formule più spregiative per l´occasione: «Pubblici ministeri indegni e infami tramano contro di me». Per documentarlo getta tra le mani dei giornalisti un quindicina di fogli di incerta affidabilità, pescati chissà dove, chissà come. Dimostrano, dice, che «gli indegni, gli infami» conoscono la sua innocenza.
L´hanno a portata di mano e non la vogliono afferrare. Non c´è una sola affermazione gridata dall´alto di Palazzo Chigi che stia in piedi.
Protesta di aver chiesto il 6 marzo 2006 alla procura una rogatoria per ottenere quei documenti, i pm «infami» gliel´hanno negata.
I pm «indegni», al contrario, hanno proposto alle Bahamas quella rogatoria un anno fa, aprile 2005, e riproposta in altre due occasioni, dicembre 2005, febbraio 2006. Il governo di Perry Gladstone Christie non ha mai risposto.
Dice di non conoscere quell´avvocato inglese, David Mills. Egli stesso, Berlusconi, ha avuto modo, però, di ammettere: «Può essere che gli abbia stretto la mano ad Arcore» e l´avvocato inglese, linguacciuto e per suo conto, confessa di essere l´ideatore della “tesoreria” estera e riservata della Fininvest, di averne discusso con Berlusconi «al telefono» e, peggio, un appunto del commercialista di Mills svela che l´avvocato ha incontrato a Londra Berlusconi accompagnato dalla figlia («… incontra SB + daughter…»).
Berlusconi giura sui «suoi figli» che non sapeva nulla dei soldi a Mills. È stato proprio Mills a confidare ai suoi fiscalisti di aver ottenuto dal «dottore» un dono di 600mila dollari per aver taciuto, con molte «tricky corners» (curve pericolose), «tutta la verità» nelle sue due testimonianze in tribunale a Milano (1997 e 1998).
Berlusconi rivela che a dare i soldi a Mills è stato un armatore, Diego Attanasio. È la stessa via d´uscita che ha scelto Mills, disperato e alle strette dopo un misterioso giro del mondo in trenta giorni.
I suoi sono ora passi da acrobata. L´avvocato inglese ha prima ammesso di aver ricevuto «il dono» per disposizione del «dottore». Lo ha confermato, alla presenza del suo avvocato, ai pubblici ministeri «infami».
Se l´è rimangiato chiamando in causa altri suoi clienti. Quelli lo sbugiardano e allora tira fuori dal sacco il nome di Attanasio: «I 600 mila dollari fanno parte della movimentazione di 2 milioni e 50 mila dollari trasferiti per conto di Attanasio dalla banca MeesPierson della Bahamas, il 23 luglio 1997», dice. Mills è un pasticcione malaccorto.
Diego Attanasio lo condanna: «Escludo nella maniera più categorica di aver dato ordine anche indirettamente alla banca MeesPierson…».
Ha un buon argomento: «… alla metà del luglio del 1997 ero stato arrestato con l´accusa di corruzione ed ero detenuto nel carcere di Salerno…». Coltiva un interessante sospetto: «… ricordo di aver lasciato a Mills una procura e anche dei fogli firmati in bianco».
L´inchiesta dirà se i fogli distribuiti a Palazzo Chigi fanno parte di quello stock di fogli firmati in bianco dall´armatore. Come, prima o poi, salterà fuori per quali vie e da chi gli uomini di Berlusconi si siano procurati documenti che i pubblici ministeri invocano da un anno.
È stato Mills, il benefattore, come dice lui stesso? O il governo delle Bahamas? O addirittura Londra? Sono, in ogni caso, dubbi e domande che non mutano di una virgola il disegno di Berlusconi.
Non gli interessa nemmeno che le bubbole, distribuite ieri nel palazzo del governo, siano prese per buone.
Vuole che gli italiani si odino e sa che non c´è odio senza paura. Sa che l´odio è paura cristallizzata, è il dividendo della paura. Gli interessa allora tenere l´atmosfera della vigilia calda come all´inferno.
Gli interessa evocare fantasmi e seminare tra gli italiani una robusta, velenosa dose di odio con la paura per la fine della democrazia e la nascita di «un regime».
L´odio e la paura sono le ultime disperate e avventurose carte che Berlusconi gioca in questa campagna elettorale.
Si va sul sicuro se si scrive che oggi, a 48 ore dal voto, se ne inventerà lungo questa strada ancora un altra.