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10 Ottobre 2005

Le sorprese della finanziaria

Autore: Tito Boeri
Fonte: La Stampa

LA cancellazione di più di metà dei trasferimenti previsti per le Olimpiadi di Torino nel 2006 non è certo l’ultima delle sorprese che ci riserverà questa Finanziaria. E’ piena di taglietti e piccoli trasferimenti, che si scoprono solo ad una attenta lettura, man mano che vengono rese pubbliche le (colpevolmente tardive) tabelle riassuntive. La filosofia dei piccoli interventi rischia di prestare il fianco agli assalti alla diligenza, che sono tipicamente una costellazione di richieste di stanziamenti ciascuno di importo limitato.

Questa Finanziaria passerà alla storia anche come la prima a geometrie variabili: nessuno sa esattamente di quanto sia. Se la manovra sulla carta è di 22 miliardi, i 3 miliardi richiesti dal piano di Lisbona predisposto dal ministro La Malfa, sono condizionati ai risultati della campagna di dismissioni immobiliari. Ma non è chiaro se per sbloccarli basterà raggiungere gli obiettivi già incorporati nello scenario a bocce ferme (6 miliardi di dismissioni) oppure anche gli ulteriori 3 miliardi previsti (in modo del tutto irrealistico) da questa Finanziaria per il 2006. Per non parlare delle componenti di spesa derogabili, cui ha accennato Tremonti nella sua audizione al Senato. Nessuno, forse nemmeno lo stesso Tremonti, sembra sapere quali siano.


Non che precedenti Finanziarie fossero molto più intellegibili. Ma questa genera un’eclissi pressoché totale sulla politica economica di fine legislatura in un momento in cui molti occhi guardano con forte preoccupazione allo stato dei nostri conti pubblici. La Finanziaria sembra comunque destinata a lasciare in eredità alla prossima legislatura un disavanzo non inferiore al 5 per cento del Pil. Perché le previsioni del governo sugli scenari a bocce ferme non sono aggiornati, perché troppe coperture appaiono irrealistiche e perché diverse componenti della manovra trasferiscono oneri sugli esercizi futuri.

Per rispettare gli impegni presi con Bruxelles (2,7% di indebitamento nel 2007), il governo che uscirà dalle elezioni di primavera dovrà allora varare una Finanziaria che riduca il disavanzo di circa 2 punti e mezzo di Pil. Una manovra non lontana da quelle dei primi Anni 90. Come in quella occasione, il governo dovrà per forza di cose intervenire sulla spesa corrente, toccando capitoli delicati quali pensioni, sanità e pubblico impiego.


E’ un compito difficile, ma non impossibile. A condizione che all’eredità di conti pubblici disastrati, non si aggiunga anche quella di un sistema elettorale proporzionale, pur corretto con premio di maggioranza. Se il Parlamento dovesse approvare la proposta di riforma della legge elettorale proposta dalla Casa delle Libertà, sarà praticamente impossibile riuscire a trovare un accordo nella nuova maggioranza su come e dove tagliare la spesa.

Il fatto è che un sistema proporzionale accentua la competizione all’interno della coalizione, dunque rende più difficili accordi su scelte politicamente difficili perché è troppo forte l’incentivo a dissociarsi da queste scelte per strappare voti ai «propri alleati». Inoltre, un caffè proporzionale, pur corretto con premio di maggioranza attribuisce maggiore potere contrattuale ai piccoli partiti, che si fanno portatori di interessi specifici.

Diventa infatti maggiormente credibile la loro minaccia di abbandonare la coalizione facendo perdere a questa il premio di maggioranza. Infine rende anche possibili riedizioni di quelle coalizioni di centro che hanno sapientemente edificato la montagna di debito pubblico del nostro Paese. E’ di questi moderati che molti sembrano in questi giorni avere tanta nostalgia?