Il «partito tedesco» è, come era prevedibile, fortissimo in parlamento,
anche se è tenuto insieme da interessi contraddittori. Giovanni Sartori
se ne è fatto interprete, nel suo articolo pubblicato ieri. Dal decano
della mia materia mi sarei aspettato maggiore coerenza logica e
attenzione ai dettagli. Il professor Sartori, in uno dei suoi più
accreditati lavori scientifici, pubblicato in inglese e tradotto in una
dozzina di lingue, scrive: «Nella sua forma pura il proporzionale
generalmente fallisce» (…) «il sistema proporzionale è meglio quando
viene corretto». «I riformatori hanno ora cominciato a giocare con
l’idea che il meglio si ottiene con una miscela di maggioritario secco
e di proporzionale. Questa idea proviene da una falsa percezione del
sistema tedesco, che è misto in termini di criteri di voto ma non di
esito, che è perfettamente proporzionale ».
È puramente proporzionale,
per i partiti che superano la soglia del 5 per cento, per la quale fu
facile ridurre, in origine, la frammentazione in Germania solo perché,
ipse dixit, contemporaneamente «la Corte costituzionale dichiarò fuori
legge sia il partito comunista che quello neonazista». Se ne deduce che
se, in origine, i partiti sono di più, di più tendono a rimanere. Il
Vassallum corregge la pura proporzionalità del tedesco con due elementi
che lo rendono più semplice per gli elettori e gli conferiscono la
necessaria torsione maggioritaria: il voto unico, l’assegnazione dei
seggi in circoscrizioni medio- piccole. Nel suo articolo Sartori dice
che il voto doppio è meglio del voto unico ma non spiega perché. Mentre
credo si possa intuire che il doppio voto in Italia aprirebbe il varco
a tutti i giochetti già in uso con la Mattarella-Camera. Sartori dice
poi che sarebbe troppo complicato ridisegnare le circoscrizioni, mentre
questo lavoro è già stato fatto. È molto, molto più complicato
ridisegnare i collegi uninominali. Una operazione, come il professor
Sartori credo sappia, necessaria anche qualora si adottasse il modello
tedesco da lui sponsorizzato, perché i collegi della Mattarella non
vanno più bene, essendo 475 mentre per il tedesco ne servono poco più
di 300.
Per stare al merito, il Vassallum usa circoscrizioni medio-
piccole per spingere i partiti ad aggregarsi. Con circoscrizioni in cui
si assegnano al massimo 16 seggi (13 in media) due partiti che si
aggregano prendono, nel complesso, più della somma dei seggi che
ottengono rimanendo divisi, mentre se un partito si spacca le sue
componenti prendono meno seggi di quelli che otterrebbero rimanendo
unite. Questa virtù scompare del tutto se le dimensioni delle
circoscrizioni sono pari a quelle proposte dalla bozza Bianco (19 seggi
in media). Al contrario di quanto scrive Sartori, con circoscrizioni di
quelle dimensioni è del tutto fittizia l’alternativa tra assegnazione
dei seggi nelle circoscrizioni e in un collegio unico nazionale, perché
l’effetto è pressoché identico, cioè puramente proporzionale per tutti
i partiti che superano la soglia stabilita per legge. Di fronte ai due
nodi citati, la bozza Bianco sta solo apparentemente in equilibrio.
Delle circoscrizioni si è detto. Quanto al voto unico o doppio, Bianco
li mette in alternativa, ma sta cercando consensi sulla seconda
opzione. Dietro queste ambiguità c’è l’obliquo attivismo del «partito
tedesco », da tempo numericamente solido, nonostante le sue notevoli
contraddizioni. Ne fanno parte apertamente, nel Pd, D’Alema, Marini e
Rutelli (DMR) che ritengono di consentire così lo sviluppo di una «cosa
di centro», anche detta «centro cattolico», con cui il Pd dovrebbe
dialogare. Ma l’onorevole Casini giura e rigiura che mai e poi mai
potrebbe abbandonare il centrodestra. Dunque, tertium non datur, o
Casini mente o DMR si illudono.
I dirigenti del Prc vogliono il tedesco
per il banale timore di perdere qualche seggio. Se pensassero al lungo
termine non potrebbero non vedere che la strategia DMR, qualora Casini
si convertisse, li penalizzerebbe molto più del «nuovo bipolarismo»
veltroniano. Se il Pd diventasse il partito della sinistra laica che
dialoga con il centro cattolico, si rinsecchirebbero sia lo spazio
elettorale del Pd sia quello della «cosa rossa», mentre aumenterebbe la
tentazione per quest’ultima d’essere ancora più «radicale». Per di più,
sarebbero sempre meno possibili maggioranze di centrosinistra senza
l’apporto del dilatato soggetto di centro, destinato ad esercitare un
potere di veto irremovibile, rafforzato dalla possibilità di rivolgersi
a due forni diversi, su tutti i temi che stanno apparentemente a cuore
alla sinistra (altro che «Dico»!). Pare poi che anche Gianfranco Fini,
dopo tante giravolte, sia ora pronto a votare la bozza Bianco, cioè per
un sistema proporzionale puro (altro che mani libere!), purché contenga
il voto disgiunto, al solo scopo di non dare un vantaggio a Berlusconi.
Tutti d’accordo, insomma, i medi, pur guidati ciascuno da una ragione
diversa, su un sistema che ammazza i piccoli senza nessun beneficio per
la razionalità del sistema. Per fortuna, in questo caso, anche loro,
nel loro piccolo … «si agitano» e bloccheranno l’esame parlamentare
fino a gennaio. Speriamo che il Capodanno porti consiglio, e che nel
frattempo i Dioscuri del partito tedesco la smettano di fare pressioni
politiche indebite sulla più sacra tra le istituzioni della nostra
Repubblica. Il problema non è salvare il Vassallum, che come si è detto
sin dal principio non è un feticcio, ma ridurre la frammentazione senza
rinunciare al bipolarismo, in un Paese di caste irremovibili inclini
alla consociazione. Se il Vassallum non va bene, l’alternativa può
essere il doppio turno con premio nazionale di maggioranza o il doppio
turno di collegio. Non certo un sistema, come dice giustamente Sartori,
puramente proporzionale. ❜❜ Il Vassallum non è un feticcio, ci sono
anche altri sistemi elettorali validi. L’obiettivo di qualunque
riforma, però, deve essere ridurre la frammentazione dei partiti senza
rinunciare al bipolarismo.