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16 Settembre 2004

Le allegre cicale

Autore: Sabino Cassese
Fonte: Corriere della Sera

Il presidente della Repubblica ha auspicato ieri che, nel ridefinire i compiti delle Regioni, si eviti l’«aumento degli oneri finanziari per la pubblica amministrazione che deriverebbe da una duplicazione di competenze o da una moltiplicazione delle strutture amministrative». Il ministro per le Riforme istituzionali, Calderoli, parlando lunedì scorso alla Camera dei deputati, ha annunciato che, nelle norme finali della nuova versione di riforma costituzionale, è stato previsto che il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni avvenga «senza un aggravio di costi complessivi». Basta una clausola generale di questo tipo per soddisfare il criterio enunciato dal presidente della Repubblica Sono molto scettico circa il valore effettivo di clausole del tipo indicato e ancor più quando esse sono usate nel contesto dei rapporti Stato-Regioni. Infatti, innanzitutto, non c’è una autorità competente a fare un calcolo complessivo dei costi. Le Regioni hanno autonomia di bilancio e la Ragioneria generale dello Stato ha da tempo perduto il controllo del quadro d’insieme, salvo ciò che riguarda il patto di stabilità interno. In secondo luogo, valutazioni dei costi vanno compiute prima, non ex post , quando il danno si è già prodotto. E, purtroppo, i nostri federalisti si sono dimostrati finora allegre cicale. Infatti, dal 2002, mentre funzioni, uffici e personale statali dovevano essere trasferiti alle Regioni, le strutture centrali dello Stato hanno visto aumentare in modo cospicuo dipartimenti, direzioni generali ed altri uffici centrali. E in periferia è accaduto anche di peggio: sono aumentate le direzioni generali periferiche e sono state ripristinate strutture statali prima confluite negli uffici territoriali del governo (presso questi ultimi avrebbero dovuto confluire i residui uffici decentrati dello Stato, in modo da limitare il numero dei doppioni).

Se si vogliono evitare doppioni, occorre agire sulla mobilità del personale, trasferendo dipendenti alle Regioni cui vengono attribuite le funzioni. Ma questa è una operazione difficile, di cui il governo si è dimostrato incapace. Basta ricordare che in Piemonte, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli, negli uffici statali, vi sono vuoti di organico del 60 per cento, mentre, all’opposto, in Campania, Calabria e Sicilia vi sono eccedenze di organico del 70 per cento. Nonostante questa situazione, il 98 per cento della mobilità è avvenuta, in questi anni, su richiesta dei dipendenti o sulla esclusiva base delle loro preferenze, senza che venissero stabiliti incentivi per avere una più razionale distribuzione del personale.

Per questi motivi sono scettico circa l’efficacia di formule costituzionali di salvaguardia, che avranno un mero valore retorico. E temo che i buoni intenti di chi governa l’economia, di introdurre lo zero-base budgeting , si scontreranno con una realtà amministrativa tutt’altro che razionale, ma di fronte alla quale si dovrà cedere, perché la macchina burocratica messa in moto nel 2002 ha un costo più alto e comporta impegni obbligatori, che dovranno essere onorati.