Roma – Il gioco delle parti tra maggioranza e opposizione sulla legge elettorale è iniziato. Dopo la novità di una ritrovata intesa nel centrodestra (Udc escluso), accolta con favore da Veltroni e con più distacco da Fassino, ieri è stato un paladino del referendum come il ministro della Difesa Parisi a commentare il vertice di martedì a Gemonio tra Berlusconi, Fini e Bossi: «I principi da loro ribaditi sono condivisibili, ma insufficienti e generici». Era stato lo stesso Cavaliere, all’uscita dall’incontro con gli alleati, ad annunciare la nuova «disponibilità, già chiesta da Bossi, a trattare con la maggioranza su una legge per evitare il referendum».
A tre condizioni: «bipolarismo, indicazione preventiva delle alleanze e del premier, sbarramento contro la frammentazione partitica». Un’apertura che se va incontro al monito del presidente della Repubblica Napolitano e raccoglie l’apprezzamento del presidente del Senato Marini («E’ una notizia positiva per tutti»), non fa impazzire i partitini. E, anzi, sembra fatta apposta per acuire le divergenze all’interno della maggioranza. E’ infatti nell’Unione che ora serve un accordo. Perché sarebbe difficile per il governo Prodi sopravvivere ad una riforma decisa in Parlamento senza un’intesa preventiva nel centrosinistra. Ieri, Arturo Parisi, dalla festa della Margherita, ha posto i suoi paletti: «Sono per il modello francese. E non solo come legge elettorale, ma anche riguardo il semipresidenzialismo. Serve un accordo alto – ha spiegato il ministro della Difesa -. Altrimenti la maggioranza dovrà prendersi la responsabilità di modificare l’attuale legge, nota simpaticamente come Porcellum. Un’iniziativa che dovrà essere parlamentare, per azzerare la situazione attuale, ripristinando il Mattarellum. Poi, rimosso il Porcellum, si riprenderà il confronto».
Più aperta la porta di Palazzo Chigi. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, ha annunciato di voler incontrare tutti i partiti per un «confronto risolutivo». E dalla presidenza del Consiglio è arrivata una nota proprio per chiarire che non solo le forze di maggioranza e i tre di Gemonio sono invitati al dialogo, ma anche l’Udc rimasto isolato. Pier Ferdinando Casini ieri ha speso parole a favore dell’intesa tra Berlusconi, Fini e Bossi «perché rappresenta la liquidazione chiara e limpida dell’illusione referendaria». «Solo su un punto sono d’accordo con Casini – gli replica il presidente del Comitato referendario Giovanni Guzzetta -. E cioè che spetta al Parlamento fare una legge elettorale e non sia un pasticcio come quelli di cui si parla in questi giorni. Ma ad ora non c’è certezza più grande del referendum». Giunto ieri alla Festa dell’Unità di Bologna per un dibattito con Casini, Massimo D’Alema si è detto invece «non a conoscenza dei contenuti della proposta della Cdl». «Ho visto solo che si concorda su taluni principi», ha aggiunto prima di polemizzare coi referendari: «Vedo che il sistema tedesco è stato ribattezzato Dalemellum, anche se io non c’entro niente. Il referendum avrebbe la conseguenza aberrante di produrre due listoni con tutte le ambiguità del nostro sistema. E cioè coalizioni che dopo il voto ricominciano subito a litigare».