Onorevole Maccanico, il consiglio dei
ministri ha modi ficato la procedura di nomina del Governatore della
Banca d’Italia, invertendo i ruoli del governo e del Consiglio
superiore. La modifica però non sembrerebbe di rilievo e, soprattutto,
salvaguarda il ruolo del Quirinale. Come valuta questo lieve
cambiamento?
Reputo positivo il fatto che, nella sostanza, tutto sia rimasto
invariato. Del resto non sarebbe stato naturale cambiare la procedura
in assenza di una riforma strutturale di Bankitalia. Queste due cose
non possono essere trattate in maniera disgiunta. Quindi è meglio
andare avanti con il meccanismo attuale, sebbene un po’ modi ficato, in
cui sono tre i protagonisti: il governo, il Consiglio superiore di
Bankitalia e il Presidente della repubblica. Un meccanismo, questo, che
attribuisce grande importanza al ruolo del Quirinale. L’atto con cui il
Presidente nomina il Governatore non è un semplice atto di governo ma
un atto complesso in cui il capo di stato può esprimere la sua
posizione in maniera determinante. In queste ore si susseguono le
ipotesi su chi sarà il successore di Fazio.
Le probabili candidature si possono
dividere in due gruppi: quelli con un passato in Bankitalia (come Padoa
Schioppa) e quelli che invece hanno percorso altre strade professionali
(come Draghi, Monti e Amato). Lei preferisce una candidatura interna o esterna all’istituto di via Nazionale?
Guardi, devo fare una premessa. Sono d’accordo con Mario Monti quando
dice che quella di palazzo Koch è una struttura sana e forte. La Banca
d’Italia si è sempre avvalsa delle migliori intelligenze di questo
paese. E gli errori di Fazio non possono assolutamente mettere in
dubbio la qualità eccellente degli uomini che ci lavorano. Quindi non
mi dispiacerebbe affatto l’affermarsi di una candidatura interna. A
maggior ragione adesso che, con la riforma alle porte, si andrà verso
una maggiore collegialità delle decisioni.
Stando alle indiscrezioni che girano in queste ore, il più papabile fra quelli “interni” è sicuramente Padoa Schioppa.
Sì, anche se devo aggiungere che pure le altre candidature “esterne” che ha citato sono molto forti.
Passiamo ai giudizi politici sulla
vicenda Fazio. Secondo lei il ministro dell’economia, Giulio Tremonti,
ha gestito bene questi ultimi giorni in cui la posizione dell’uomo di
Alvito si è irrimediabilmente compromessa?
Be’, Tremonti ha accellerato nell’intento di sbloccare una
situazione che si era fatta difficile. Però mi sembra che il presidente
del consiglio non lo abbia seguito adeguatamente nel suo tentativo.
Insomma, Berlusconi si è più preoccupato di frenare e mettersi di
traverso che il contrario.
Invece come si sono comportati i Ds e la Margherita?
Si sono sollevati, da entrambe le parti, diversi malumori nei confronti
degli alleati, sia nella vicenda Fazio che in quella Unipol. La lezione
che si deve far propria dalle ultime vicende finanziarie è che la
politica deve prendere le opportune distanze dal mondo degli affari.
Non ci può essere nessuna commistione. Anzi dirò di più: non farebbe
male al sistema una maggiore dose di etica pubblica.
Il governo ha presentato gli
emendamenti al disegno di legge sul risparmio e ha premesso che, per
approvarlo in tempi brevi, ha messo la fiducia. Sarà l’ennesima legge
approvata a maggioranza? Il centrosinistra cosa dovrebbe fare in
parlamento?
Penso che non era necessario mettere la fiducia sul ddl. Anzi, credo
che un provvedimento importante come la legge sul risparmio dovrebbe
essere concordato con l’opposizione. Sarebbe un grande segno di
maturità democratica. Tenuto conto poi del grande ritardo del
parlamento, che a più di due anni dai crack Cirio e Parmalat non è
riuscito ancora a far approvare la legge.
Nell’ipotesi di un testo bipartisan
votato anche dal centrosinistra, che ne sarà della modifica del falso
in bilancio voluta dal premier?
Su questa questione bisogna rimanere ancorati al testo licenziato dall’aula del Senato, non sono opportune ulteriori modifiche.