«Una
rassicurante frustrazione» è la passione dominante in Italia, sostiene
Giorgio Agamben. è il sentimento che prova chi è stato espropriato
delle sue capacità espressive, è l´impulso di chi, «senza avere nulla
per tirarsene fuori», si consegna a un silenzio dinanzi
all´«intollerabile». è insostenibile in Italia lo stordito consenso a
questa riduzione al silenzio, la quieta accettazione del vuoto di
parole di un intero popolo di fronte al proprio destino.
Non c´è
dubbio che contribuiscano a questo sentimento il disincanto delle
élites, la debolezza dell´opposizione politica, il rumore dei media, la
narcosi di un corpo sociale frastornato da una comunicazione nebbiosa,
truccata, prepotente. Per l´ultima prova di forza di Berlusconi – un
déjà vu – non accade nulla di diverso.
Il Cavaliere deve liquidare
un paio di nomina criminis: corruzione in atti giudiziari (in un
processo, che lo vede imputato, compra un testimone chiave, Mills);
corruzione di incaricato di pubblico servizio (traffica con Agostino
Saccà, Rai, promettendogli lussuosi affari). Il capo del governo
combina un provvedimento con immediata forza di legge protetto da una
formula di grande successo: la sicurezza. Prova a condirlo con una
norma che lo salva. Il Capo dello Stato gli si oppone due volte:
urgente può essere la sicurezza dei cittadini, non la tua personale
impunità giudiziaria. E ancora, non è urgente o necessario
l´annichilimento dello strumento investigativo delle intercettazioni:
vai in Parlamento e trova una soluzione condivisa.
Berlusconi
finge di abbozzare. Rinuncia a regolare le intercettazioni per decreto
(oggi, disegno di legge). Non rinuncia a rendersi “sacro”. Ordina a due
turiferari di proporre un codicillo che sospende il processo Mills per
un anno: tempo utile per far votare la sua inviolabilità fino a quando
sarà al governo e domani (Dio ci scampi) al Quirinale. Accade che, di
fronte a questa manomissione di equilibri e regole, si reagisce come se
lo scasso fosse già realizzato e la violazione irrimediabile. Ci si
abbandona al risentimento, allo sdegno, alla delusione. Questi
sentimenti, pur legittimi, sostituiscono ogni iniziativa politica,
gesto privato o discorso pubblico, addirittura ogni scambio di
opinione; si confondono nelle illusioni sceniche create dagli annunci
del governo; ci consegnano a un´immota passività, prigioniera di un
ideologismo tautologico e, alla fine, impotente (Berlusconi è
Berlusconi).
Ne sono un esempio le parole di Piero Sansonetti,
direttore di Liberazione, che non comprende come è interdetta, con le
intercettazioni, anche ogni possibile informazione sui processi fino
alla fine dell´udienza preliminare dimenticando che quel negro di
Patrick Lubumba, accusato di aver ucciso a Perugia Meredith Kercher –
Filippo Pappalardi, accusato aver ucciso a Gravina i suoi due figli –
le insegnanti di Rignano, accusate di pedofilia – hanno salvato la
pelle proprio perché c´è stata un´informazione prima dell´udienza
preliminare che probabilmente, a giornalismo muto e cieco, li avrebbe
dannati per sempre.
Ne è esempio pure la generosa iniziativa dei
giornalisti raccolti nel cartello «Arrestateci tutti» come se ormai
soltanto il martirio fosse possibile – e null´altro – per chi ha il
dovere di raccontare. Ora che si tratta di mettersi al lavoro con
maggiore lena – e senza timore e senza speranza – si abbandona il campo
accompagnati, appunto, da una «rassicurante frustrazione». Come se la
partita fosse soltanto il gioco solitario e irreparabile di Berlusconi
contro le regole della Repubblica. E non dei cittadini a fronte di
un´iniziativa che, per proteggere Iddu, rende la società meno sicura,
le istituzioni più deboli, il diritto storto. In scena non c´è un solo
protagonista (è un tragico errore crederlo). Gli attori, ammesso che
abbiano la voglia e il coraggio di mostrarsi, possono essere ancora
molti e decisivi. E buoni e convincenti gli argomenti da offrire
all´opinione pubblica. Per dire.
Può il capo del governo imbrogliare
il garante della Costituzione? Può inserire con un artificio un
codicillo già respinto per l´inesistenza di «necessità e urgenza»? Deve
firmarlo il Capo dello Stato? Può non firmarlo? E´ una strada
«difficilmente praticabile», si dice, anche perché «non ci sono
precedenti». E si comprende. La Costituzione dà per implicita la leale
collaborazione tra gli organi dello Stato. Quando questa non c´è o
diventa beffa, bisogna esplorare strade nuove. Esistono? Quali sono?
Quale contributo culturale intende dare oggi la società dei
costituzionalisti a questo confronto? Il governo diffonde la bubbola
che il codicillo (liberatorio per Berlusconi) consente ai giudici di
affrontare i reati più gravi.
Questa saggezza già fa parte del
quotidiano lavoro dei giudici. Quel che non vi fa parte (ecco la
maligna novità) è mettere una pietra su reati di particolare allarme
sociale, gli stupri, i furti, le rapine. Davvero la Lega potrà spiegare
ai suoi elettori che non ha votato l´indulto nella scorsa legislatura
e, una volta al governo, ha dato il via libera a un´amnistia di massa,
per favorire l´interesse personale di Iddu a scapito della sicurezza di
tutti? E´ un affare che non può essere affidato – pare chiaro – alle
proteste delle sole toghe o alle urla nelle aule del Parlamento (durano
il titolo di un Tg). Dove sono tutti gli altri? La Confindustria evoca
a ogni pie´ sospinto merito, concorrenza e mercato. Davvero può
accettare che la magistratura sia senza unghie nel controllo dell´abuso
di informazioni privilegiate, della manipolazione del mercato, della
bancarotta fraudolenta, del rialzo fraudolento dei prezzi? Marcegaglia,
Confindustria, e Guidi, giovani di Confindustria (così entusiasta e
tremula accanto a Berlusconi in quel di Santa Margherita) dovrebbero
far sapere se condividono o censurano l´idea di lasciare in ombra, come
fossero reati trascurabili, l´estorsione, l´usura, l´associazione per
delinquere.
Le signore dovrebbero, quanto meno, farlo sapere agli
imprenditori di Sicilia ai quali è stato spiegato che Confindustria (ma
era quella di Montezemolo) vuole fare sul serio contro il crimine e
l´illegalità. Prima di convocare uno sciopero pur necessario, forse
varrebbe la pena che i giornalisti spiegassero ai lettori che la difesa
della privacy invocata dal governo è soltanto un´illusione ottica
perché l´accesso abusivo a un sistema informatico (come è avvenuto al
Corriere della Sera e a un altro paio di migliaia di innocenti target)
diventa, con le trovate di Berlusconi e del suo avvocato, una burla e
con un paio di biglietti da dieci chiunque potrà procurarsi – impunito
– un tabulato telefonico. Forse sarebbe meglio affrontare tutti coloro
(e sono moltissimi, i più) che sono sordi ai guai giudiziari di
Berlusconi e pensano che «vabbè, è un corruttore, ma per me va bene lo
stesso…». Forse bisogna informarli che, non di Berlusconi si discute,
ma della loro, personale sicurezza. Perché se, come sostiene l´avvocato
del Cavaliere, diventano reatucci la rapina semplice, il furto in
appartamento, l´omicidio colposo degli ubriaconi al volante, il
sequestro di persona non a scopo di estorsione (non erano i partiti di
governo a suggerire che le zingarelle portano via i bambini dalla
culla?), la sicurezza in pericolo non è quella del capo del governo e
del suo legale, ma di chi è esposto a questi reati. Perché se le
decisioni di governo vogliono salvaguardare e proteggere i preti dalle
inchieste della magistratura, non di Berlusconi si parla, ma delle
attenzioni pedofile che un sacerdote può riservare ai nostri figli.
Anche questo va bene a chi si tura il naso?
E´, infine, un arco di
ragioni che dovrebbe interessare soprattutto l´opposizione, sempre che
ritorni in sé. Casini dovrebbe dare un senso compiuto alla sua
moderazione. Di Pietro dovrebbe rinunciare a coltivare il disegno del
«tanto peggio, tanto meglio». Veltroni, infine, dovrebbe abbandonare il
feticcio del dialogo (come se in ballo fosse quello, e soltanto quello)
e spiegare alla gente (non sola la sua) quale iniziativa politica,
istituzionale, sociale da domani intende muovere per evitare che la
sicurezza diventi, per gli italiani meno protetti, un tiro birbone di
Iddu. Non è scritto nei vangeli che una società postideologica debba
lasciar cadere un´idea di interesse pubblico o ammutolirsi dinanzi
all´«intollerabile».