La casistica si meritò una pessima fama nei manuali per confessori di quattro secoli fa, quando portò all´estremo l´arte di escogitare un´indulgenza per ogni colpa. Ci sono esempi leggendari di quel delirio capzioso. «C´è un bambino, non ancora battezzato, in punto di morte.
Non c´è a disposizione una sola goccia d´acqua, se non nel fondo di un pozzo. È lecito, per salvargli l´anima, gettare il bambino nel pozzo?». Era lecito. Il gusto della casistica paradossale è a doppio taglio, dato che risponde a una specie di moralismo immoralistico.
Ho appena letto una lettera del settimanale Diario: «In una stanza incendiata ci sono 4 persone e 4 embrioni in provetta, un soccorritore si getta tra le fiamme e salva soltanto i 4 embrioni: è uno di quelli che si astengono nel referendum».
Che la casistica sia il più affascinante gioco dell´intelligenza, chi vorrà negarlo? Ho detto gioco, ma la posta può essere, come per l´antico enigma, la vita o la morte. Ecco un esempio dalla cronaca dei giorni scorsi. In un penitenziario dell´Indiana, Stati Uniti, un condannato a morte alla vigilia dell´esecuzione ha chiesto una dilazione alle autorità competenti, adducendo l´intenzione di donare il proprio fegato alla sorella bisognosa di trapianto.
Le autorità hanno mostrato un certo imbarazzo, ma l´hanno superato alla svelta. Un condannato a morte non va più considerato padrone dei propri organi vitali. Inoltre, l´iniezione letale produce effetti tossici tali da pregiudicare l´integrità del fegato.
Questione appropriata alla casistica confessionale classica. Nei Cento casi di coscienza del domenicano Serafino Razzi (1582) si trova proprio la questione: «Se ad uno che si trovi in prigione, condannato alla morte, è lecito fuggirsi», seguita da un esame minuzioso e dalla menzione delle auctoritates, cioè degli autorevoli precedenti, utili a giudicare.
A scanso di arbitrii, i “manuali” per confessori enumeravano tutti i pensabili casi di coscienza; strada facendo, l´intenzione di fissare regole certe si trasformava nel suo opposto, altrettante soluzioni per quanti erano i casi, e anzi più soluzioni accettabili per lo stesso caso.
Questa cavillosa attitudine a relativizzare fatti e circostanze permetteva ai confessori di essere all´occorrenza indulgenti con i loro penitenti. Al lettore verrà in mente una certa tradizione di pronunce della Corte di Cassazione meticolose fino al paradosso, o di certe difese processuali condotte per assurdo.
Nel Cinque-Seicento lo si chiamava probabilismo: che non significava una predilezione per l´interpretazione più probabile, ma l´ammissibilità di qualunque interpretazione apparisse appena probabile, verosimile.
Si capisce come la casistica morale fosse per eccellenza una forma di relativismo, nel senso denunciato da Benedetto XVI (e, con un facile sinonimo, di “machiavellismo”). Proseguita nella Chiesa fino a tempi assai recenti, come in certe tragicomiche sentenze di annullamento della Sacra Rota.
Nei suoi fautori, la casistica probabilista distingueva fra una Verità oggettiva, assoluta, e una verità morale, per sua natura relativa e opinabile. Questo almeno ho capito, e anche un´ambivalenza di questo atteggiamento.
Per un verso, un´intelligenza piegata alla convenienza – l´indulgenza verso i potenti e ricchi, la Ragion di Stato o di partito ecc. Per l´altro, un´intelligenza affinata nell´indagine sulla complessità e la versatilità dei fatti e dei loro contesti, la varietà di persone e circostanze. Ambiguità che era già nel pensiero sofistico.
Per non ritenerne solo l´aspetto dell´espediente retorico e dell´ipocrisia, si può pensare che dal ragionamento sui casi di coscienza derivi quella conquista che è l´obiezione di coscienza. (È lecito al soldato rifiutarsi all´obbedienza verso il suo capitano, al suddito verso il proprio signore, quando l´ordine vada contro la sua convinzione?)
In ambedue i sensi, l´indagine accurata e la minuziosità pretestuosa, la casistica non è esclusiva della teologia morale cristiana o dell´ebraismo ortodosso. (Pensate alla sconvolgente vertenza casuistica fra Abramo e il suo Signore per la sorte di Sodoma).
Nell´islam ha uno sviluppo altrettanto rilevante, e anche più spregiudicato nel senso della «ipocrisia lecita». Una fatwa televisiva: «Le ragazze possono cantare in presenza di un uomo? Fanciulle accolsero Maometto a Medina con musica e danze». «No. Dobbiamo distinguere fra sentire e ascoltare.
Il Profeta sentì cantare voci femminili, ma non le ascoltò mai». (Ricordo, nell´Iran khomeinista, l´accertamento coranico della commestibilità e commerciabilità dello storione e dunque del caviale del Caspio: si trattava di passare un filo di seta lungo il corpo del pesce.
L´esperimento motivò la proibizione nella prima rigorosa fase della rivoluzione sciita; ripetuto più tardi, quando l´economia faceva sentire le sue ragioni, il filo fu passato nel verso opposto, e il caviale tornò sul mercato).
Nel medioevo cristiano, dopo esser stata di francescani e domenicani, la casistica diventò prerogativa dei gesuiti, e a loro rinfacciata dai nemici del lassismo morale, della ginnastica intellettuale e del gioco di salotto cui era stata ridotta: primo fra tutti il Blaise Pascal delle Lettere provinciali.
La casistica, o casuistica – non il calcolo delle ricorrenze statistiche, ma la formulazione dei possibili casi della vita – offre un prezioso punto di vista sulle questioni sollevate dal referendum.
La casistica vuol essere, se non relativista, senz´altro relativa, proprio perché mette al centro situazioni singolari (con una predilezione per le estreme) e circostanze peculiari. Al contrario, l´assolutismo dei principii vuole applicarsi senza riserve alle situazioni più diverse.
La legge cerca di tenersi in equilibrio fra la singolarità delle condizioni e l´astrattezza dei principii: vuol valere per tutti, ma attenuarsi o aggravarsi secondo le circostanze particolari. Ammetterete che le più interessanti e drammatiche confutazioni della Legge 40 sono venute dai singolari racconti di vita.
La mala fama che la casistica si è fatta coi suoi abusi non toglie che essa sia all´origine di ogni conoscenza intelligente. L´abuso di eccezioni non conferma, bensì annulla la regola. Ma il fondo è che la regola ha le sue eccezioni.
Prendete un´esperienza capitale della sapienza greca come l´Edipo tragico: marito di sua madre, figlio di sua moglie, fratello delle sue figlie (vi verrà in mente anche Dante: Vergine madre, figlia del tuo figlio) – non somiglia al repertorio delle estremità dell´ingegneria genetica?
L´uomo che prima di cambiare sesso congela il proprio seme, nell´intento di farsi padre e madre del proprio figlio… E Giocasta, moglie di suo figlio, sorella delle sue figlie, non fa pensare all´utero prestato da madre a figlia, che rende l´una madre e nonna del nascituro, l´altra madre e sorella?
Casi iperbolici e già alla portata di tutte le tasche, che oltretutto eludono, con la loro spettacolarità, il turbamento per i grandiosi sconvolgimenti demografici, la politica del figlio unico che abolisce l´idea stessa di sorella e di fratello, la scelta sessuale cinese o indiana che ha già ridotto le bambine a una minoranza di 100 a 120, la crescita di popolazione per la quale noi (provvisoriamente) vivi abbiamo messo in minoranza i morti di tutti i tempi, e ne siamo indotti a maramaldeggiare col passato.
Ci sono argomenti sacri, che rimandano cioè a ciò che vale per sé e non per qualcosa o qualcun altro, che esigono una tassatività ed escludono la casistica come una crepa che annuncia la rovina.
È così per la pena di morte, una volta che sia diventata davvero un tabù. O per la tortura: nell´America del dopo 11 settembre la discussione casistica ha annunciato il cedimento. La Chiesa cattolica cerca di fare dell´intangibilità dell´embrione dal primo momento un tabù, che dunque escluda ogni distinzione casistica.
Poiché la definizione morale dell´embrione sulla base biologica è impossibile, la Chiesa ne è costretta a contraddizioni logiche che sembrano insuperabili, se non attraverso un fideismo o una forzatura volontaristica.
E poiché il diritto dell´embrione prodotto come persona ne identifica la morte con un omicidio, la Chiesa accetta la Legge 40, e per esempio la limitazione a tre degli ovociti da inseminare e degli embrioni da impiantare, come una riduzione del danno: ma il male minore non può valere quando si tratti di omicidi.
Penso che per la fecondazione assistita il confronto con la casistica non sia una crepa rovinosa in un valore tabù, ma una ragionevole necessità. Questo ha dimostrato, sfrondata dall´idolatria e dalla demagogia di ogni parte, la discussione sul referendum.
Proprio questo sacrificio irruento della buona casistica rende indiscutibile l´intervento di Oriana Fallaci. La sua è un´alluvione che trascina tutto ciò che incontra sul suo corso. Ammirevole e spaventosa, come ciò di cui si dice: è una forza della natura.
Ma qui non si tratta della natura, tantomeno delle sue sfuriate: si tratta della terza natura che scienza e tecnica contemporanee promettono e minacciano al genere umano. La buona casistica è il tentativo infinito e paziente di districare promessa da minaccia.