Vorrebbero non essere confusi con quelle «anime belle» che sferzano i partiti, ma non si sporcano mai le mani. E dunque se Piero Fassino, Massimo D’Alema, Francesco Rutelli prenderanno tempo sul progetto del partito democratico, a quel punto l’associazionismo ulivista ha in mente una contromossa insidiosa. Dice Gregorio Gitti, presidente dell’Associazione per il partito democratico: «Con rispetto aspetteremo le decisioni dei partiti, ma se dovessero essere riproposte soluzioni superate come la Federazione dell’Ulivo, noi stavolta andremo avanti».
Avanti fino a che punto? La risposta, in qualche modo, è contenuta nel parterre del convegno organizzato per domani dall’Associazione per il partito democratico in un albergone vicino alla Stazione Termini: oltre ai big dei partiti (Piero Fassino, Francesco Rutelli) e del governo (Giuliano Amato, Arturo Parisi) interverranno tutti gli amministratori ulivisti di punta: sindaci come Walter Veltroni, Sergio Chiamparino, Sergio Cofferati, Leonardo Domenici, Massimo Cacciari; presidenti di Regione come Renato Soru, Antonio Bassolino, Agazio Loiero.
Un parterre che prelude ad un’insidia seria per Ds e Margherita. E Gitti, che oltre ad essere genero di Giovanni Bazoli è uno degli emergenti del mondo ulivista, la spiega così: «Prima delle elezioni politiche rinunciammo al progetto di presentare nostre liste in Piemonte e in Lombardia, ma se la riflessione dei partiti dovesse prolungarsi ancora, credo diventerebbe molto difficile bloccare sul territorio il proliferare di liste che finirebbero per entrare in competizione con quelle delle forze tradizionali».
Certo, la minaccia non è esplicita ma il senso è chiaro: o si fa il partito democratico, o sarà una ’esplosione di liste uliviste. E l’Associazione – che ha in Gad Lerner e Michele Salvati gli altri personaggi di punta – è guardata con molta simpatia da Romano Prodi (che invierà un videomessaggio) e da Arturo Parisi.
Sinora l’ulivismo di base – interpretato da associazioni come «Libertà e Giustizia» di Sandra Bonsanti e «Cittadini per l’Ulivo» di Pietro Scoppola – ha agitato bandiere (come le primarie) che sono poi diventate realtà, ma sempre per dinamiche interne alla dialettica tra i partiti e non per la spinta «dal basso».
La novità – o l’illusione – dell’Associazione per il partito democratico sta proprio in quella allusione ad un possibile accerchiamento del vertice da parte del territorio. D’accordo con amministratori che oramai sentono molto allentato il vincolo di partito. Come Walter Veltroni, che l’ha proprio detto di non «sentirsi più» vincolato alle direttive di partito.
Come il sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Come Renato Soru, che sta guidando con grande energia la Regione Sardegna. Come Sergio Cofferati, che da scettico è diventato supporter del partito democratico. E d’altra parte anche il partito degli amministratori ulivisti sta preparando un convegno ad hoc, fissato per il 20 luglio.
E se gli amministratori dovessero per davvero farsi parte dirigente del cosiddetto popolo delle Primarie, potrebbe diventare più concreto quello che è stato sinora un argomento poco incisivo e che Gad Lerner spiega così: «Il partito democratico c’è già. Milioni di elettori dell’Ulivo. L’esperienza amministrativa di sindaci e presidenti di Regione come Veltroni, Cacciari, Chiamparino, Pericu, Emiliano, Illy, Soru e tanti altri che di fatto il partito democratico lo hanno realizzato sul territorio, senza che sia pensabile per loro una marcia indietro».
E nel convegno di domani (cui parteciperanno anche intellettuali d’area come Claudia Mancina, Stefano Ceccanti, Franco Bassanini e che sarà concluso dai leader dei Ds e della Margherita), l’Associazione per il partito democratico avanzerà una sola pregiudiziale per il dialogo con le forze politiche: «Il futuro partito – sostiene Gitti – non può nascere da un accordo “civilistico” tra Margherita e Ds che regolerebbe ogni passaggio della fase costituente secondo il metodo della cooptazione. La questione va rovesciata, a partire dalla domanda: chi sono i soci, chi eleggerà i delegati destinati a loro volta a eleggere i dirigenti?».
E per demolire la logica delle quote, la proposta è: «Votino gli iscritti ai partiti storici e qualunque cittadino che abbia aderito al processo costituente: i “comizi elettorali” dovrebbero essere organizzati con un voto di lista per candidati e programmi, eliminando così il problema delle quote riservate ai partiti storici e alle “riserve indiane” da cooptare». Se ne discuterà domani, per una giornata intera, al Radisson, uno degli hotel più avveniristici di Roma.