Onorevole Presidente, onorevoli senatori, ho ascoltato con attenzione chi ha preso la parola in questa giornata. Non tutto ciò che è stato detto è strettamente pertinente al tema. Non lo sono le preoccupazioni espresse in discussione generale e presentatemi anche personalmente dal Gruppo Per le Autonomie per la pressione fiscale e gli oneri burocratici nei confronti delle piccole e medie imprese. È un tema all’attenzione del Governo, sul quale sarò pronto a un approfondimento. Ma qui ora cercherò di rendere conto degli atti compiuti da me e dal Governo nella vicenda che riguarda i vertici della Guardia di finanza e i rapporti tra questi e il Governo della Repubblica nella persona del vice ministro Vincenzo Visco.
Al Consiglio dei ministri, riunitosi d’urgenza il 1° giugno scorso, ho proposto la sostituzione del comandante generale della Guardia di finanza, ben consapevole della responsabilità che mi assumevo compiendo un sì grave passo. Ho esposto i motivi che mi inducevano a compierlo. Di concerto con il Ministro della difesa, ho proposto che nuovo comandante generale fosse nominato il generale di Corpo d’armata Cosimo D’Arrigo, in sostituzione del comandante generale Roberto Speciale. Il Consiglio dei ministri ha deliberato conformemente alla mia proposta. Nella stessa riunione ho sottoposto al Consiglio dei ministri… L’obiettivo dominante del mio comportamento in questa delicatissima circostanza è stato restituire serenità e fiducia al Corpo della Guardia di finanza.
Ho servito io stesso nelle Forze armate e so quanto essenziale sia per chiunque ne faccia parte, senza distinzione di grado, la sicurezza dell’ordine a cui appartiene e la certezza di avere superiori sul cui corretto comportamento non possa nutrire dubbi. Altrettanto essenziale è una piena consapevolezza del rapporto corretto che deve esistere tra ordine militare e ordine politico.Quell’obiettivo dominante assume, nel caso della Guardia di finanza, una rilevanza particolarissima, perché essa non è un corpo che opera in tempi di pace per prepararsi all’eventualità che le pace possa venire meno. No, essa è un corpo militare impegnato qui e oggi in una difesa attiva contro chi compie illeciti e delitti di natura finanziaria, primo tra questi l’evasione fiscale. È dunque nelle condizioni tipiche di una forza combattente, bisognosa di un sovrappiù di certezza morale e di fiducia, senza le quali è impossibile battersi. Dal momento in cui un anno fa assunsi la responsabilità di Ministro dell’economia e delle finanze, ho sempre assunto quale criterio di partenza il migliore utilizzo possibile delle situazioni ereditate.
La continuità delle istituzioni è un bene prezioso. Sulla base di questo criterio ho affrontato le situazioni dell’Alitalia, della RAI, dei dipartimenti del mio Ministero (Commenti ironici dai banchi dell’opposizione). Ho deciso di intervenire quando mi sono convinto che il buon governo imponesse di correggere situazioni divenute ormai insostenibili. Con questo animo ho affrontato la vicenda della Guardia di finanza. Affronterò ora due questioni: in primo luogo, la legittimità del potere che l’Esecutivo ha usato; in secondo luogo, il ricorrere delle condizioni di fatto che hanno reso indifferibile esercitarlo.
Sulla prima questione ricordo che la nomina di un nuovo comandante generale della Guardia di finanza e la contestuale revoca di quello in carica sono espressione di un potere del tutto legittimo in mano al Governo della Repubblica. Su questo punto sono concordi anni e anni di dottrina e di giurisprudenza. (Commenti dai banchi di AN). La nomina, come anche il mantenimento nella carica del comandante generale – ma lo stesso principio vale per tutti i vertici delle istituzioni militari e civili -, è qualificata come una decisione, e quindi un atto, di altissima amministrazione da assumersi in base ad una molteplicità di criteri che devono tutti ed ineludibilmente tendere all’obiettivo di garantire il perseguimento dei principi costituzionali che impongono il buono e corretto andamento della pubblica amministrazione.
In linea generale, il buon andamento dell’amministrazione dello Stato si realizza concretamente allorquando, all’unisono, professionalità, assoluto rispetto dei ruoli e delle regole, inflessibile autonomia di azione nell’ambito di dette regole, serena e costruttiva dialettica istituzionale nell’alveo delle rispettive competenze, non disgiunta da impeccabile stile comportamentale, si riscontrano nei soggetti chiamati al rispetto e all’attuazione dei citati principi e della nostra Carta costituzionale. Laddove l’assenza o anche la carenza di uno solo dei requisiti personali ed oggettivi che ho appena richiamato possa sostanzialmente pregiudicare la funzionalità di una branca dell’amministrazione dello Stato, non credo si possa disconoscere la legittimità e l’opportunità di un intervento risolutivo ed adeguato, per quanto incisivo esso possa essere. Se poi innestiamo tali comportamenti e tali considerazioni sulla vicenda di cui ci stiamo interessando, non ho dubbi né perplessità sulla fondatezza sostanziale e formale dei provvedimenti da me proposti ed assunti all’unanimità dal Governo.
Nel caso specifico, l’atto di nomina è caduto su un soggetto di indiscussa competenza e professionalità. La riunificazione in un unico contesto della revoca e della nomina configura una struttura provvedimentale binaria ben nota alla dottrina e alla prassi amministrativa. Nella sostanza, come chiarirò nel seguito, si è realizzata una discrasia permanente tra l’esercizio della funzione di direttiva e di indirizzo intestata all’autorità di Governo e le funzioni di gestione e di organizzazione intestate al vertice militare. Questa situazione doveva essere corretta d’urgenza per restituire piena funzionalità al corpo della Guardia di finanza. (Commenti del senatore Guzzanti).
Passo ora alla seconda questione, per esporre i profili salienti che a giudizio mio e del Governo hanno reso inevitabile l’esercizio del potere legittimo che ho ora descritto. Esaminando con attenzione tutti gli elementi che ho potuto ottenere, ho rilevato gravi manchevolezze su due piani: i rapporti tra Comandante della Guardia di finanza e potere politico, e l’esercizio del comando all’interno del Corpo. In primo luogo, manchevolezze nei rapporti tra il comando di un corpo e l’autorità di Governo. Tutta la vicenda è stata caratterizzata dall’assenza di una comunicazione serena e cooperativa, da mancanza di trasparenza, di prudenza, di riservatezza, oltre che da quel venir meno alle regole… (Applausi ironici dai Gruppi FI, AN, LNP e DCA-PRI-MPA). Tutta la vicenda è stata caratterizzata dall’assenza di una comunicazione serena e cooperativa, da mancanza di trasparenza, di prudenza (Commenti dal Gruppo FI), di riservatezza, oltre che da quel venir meno alle regole etiche e deontologiche che si chiama omissione. Una continua distorsione di regole e procedure ha finito per deformare l’autonomia, che è indubbia prerogativa del corpo, in qualcosa di diverso che chiamerei separatezza, quasi che fosse venuto meno l’essenziale legame tra autorità di Governo e vertice del corpo al servizio dello Stato.
Gli inviti del potere politico ad usare prudenza e a non sconvolgere regole consolidate dall’uso sono stati definiti minacce o abusi d’ufficio. (Applausi dai Gruppi AN, LNP e FI). Minacce che se fossero state davvero tali, il generale Speciale avrebbe dovuto denunciare subito. (Commenti dai Gruppi AN, LNP e FI). Ma minacce non erano, il che spiega perché non siano state prese sul serio dalla stessa procura generale nella dichiarazione resa pubblica dal procuratore generale di Milano, dottor Mario Blandini, il 23 maggio 2007. In quest’ordine di mancanze va inserito l’episodio chiave della vicenda. Il 26 giugno 2006 il comandante generale proponeva una serie di nomine che coinvolgevano un vasto numero di sedi, ma faceva eccezione per Milano, presso la quale vi erano peraltro alcune permanenze di alti ufficiali più lunghe della media.
Il 13 luglio 2006 il vice ministro Visco, dopo aver sentito anche i due ufficiali generali più anziani del Corpo per avere maggiori elementi di informazione, faceva presente al generale Speciale una duplice esigenza: primo, rendere più armonico il proposto piano di impieghi degli ufficiali prendendo in considerazione anche la sede di Milano, ovvero operando un ridimensionamento del piano stesso; secondo, ristabilire la giusta armonia anche all’interno del Corpo coinvolgendo il Consiglio superiore e comunque le cariche di vertice che affiancano il comandante generale nella sua azione di comando laddove sono in discussione le decisioni di maggiore rilevanza. Risulta in modo chiaro che il generale Speciale non ha mai riferito al Vice Ministro che il procuratore di Milano, con lettera del 1° giugno, aveva auspicato, nell’interesse di indagini in corso, la continuità dell’azione di comando di due colonnelli soggetti ad avvicendamento.
Emerge dai documenti in modo obiettivo che il Vice Ministro non ha mai imposto alcun provvedimento (Ilarità dai banchi dell’opposizione. Applausi ironici); viceversa, nell’esercizio dei suoi legittimi poteri di direttiva ha prospettato l’opportunità di coinvolgere anche la sede di Milano negli avvicendamenti proposti e sul piano del metodo ha consigliato di seguire la prassi, cioè di consultare il Consiglio superiore. (Commenti del senatore Storace). Il complesso di questi fatti dimostra un comportamento reticente e non cooperativo nei confronti dell’autorità di Governo. Il rapporto tra Corpo della guardia di finanza e autorità di Governo è stato dunque guastato anche da mancanza di collaborazione, comunicazione e trasparenza da parte del comandante generale. (Commenti dai Gruppi FI e UDC).
Subito dopo che tra il comandante generale e il vice ministro Visco si erano definite le linee guida per gli avvicendamenti alla Guardia di finanza di Milano, il comandante generale interrompeva la procedura che lui stesso aveva iniziato comportandosi come se quella procedura non esistesse: di sua iniziativa e rompendo ogni comunicazione imboccava per proprio conto ed in segreto una strada del tutto imprevista. (Commenti del senatore Collino). Il 14 luglio veniva avviata in apparente consenso la procedura di trasferimento degli ufficiali di Milano; due giorni dopo, il 16, l’agenzia Ansa dava testualmente la seguente notizia: «UNIPOL, azzerati i vertici della Guardia di finanza in Lombardia». A partire da questo momento la stampa diventa il canale attraverso il quale filtrano tutte le vicende che riguardano il comandante generale mediante la pubblicazione di lettere e note ricevute o indirizzate alle autorità, compreso il Vice ministro.
Infine, la condotta del comandante generale nei confronti del Vice ministro è stata segnata da una mancanza di riservatezza molto grave. (Commenti dai banchi dell’opposizione). È inqualificabile che le telefonate tra il comandante e il Vice Ministro fossero fatte ascoltare con il sistema del vivavoce da due collaboratori del generale: il colonnello Carbone e il maggiore Cosentino. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur). Va detta qui una parola chiara sul preteso nesso tra il caso UNIPOL e questa vicenda. Contrariamente a quanto cerca di far credere una campagna di stampa in corso da circa un anno, il nesso manca di ogni riscontro. Che gli instancabili corifei di questa tesi non abbiano saputo a tutt’oggi citare un solo fatto a sostegno del loro canto è di per sé una forte ragione per pensare che il nesso con UNIPOL sia inesistente. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, SDSE, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur).
Se vi sono prove in contrario le si producano, le esaminerò senza pregiudizio. Concludo. La giusta autonomia del Comandante generale è degenerata in separatezza. Magistratura e stampa sono state, di volta in volta, usate per alterare il rapporto corretto con il Governo (Vibrate proteste dai banchi dell’opposizione), per screditare l’Esecutivo, comunque per intralciarne il normale operato. Le decisioni concordate sono state disattese con comportamenti a dir poco opachi e di dubbia lealtà. (Vivaci proteste del senatore Saporito). Mentre sulla scena ci si comporta in un modo, dietro le quinte si annodano rapporti con la magistratura e con la stampa. Il secondo ordine di manchevolezze riguarda l’esercizio del comando all’interno del Corpo. Norme e prassi di correttezza sono state non di rado disattese, con conseguente sconcerto dei comandi e perdita di autorità, anche morale, verso i collaboratori più stretti e i subordinati. (Dai banchi dell’opposizione si levano cartelli con su scritto «Visco santo subito»).
Secondo la normativa vigente il Comandante generale deve avvalersi del Consiglio superiore della Guardia di finanza per le questioni di rilevanza strategica concernenti l’organizzazione, il personale, le operazioni e la pianificazione, a medio e lungo termine, per l’acquisizione e l’impiego delle risorse. Il Comandante generale, invece, non ha consultato in modo costante e sistematico il Consiglio superiore nei trasferimenti di cui si discute e, più in generale, non risulta che avesse l’abitudine di farlo. Entro il Corpo erano notati, con dispiacere, il non puntuale rispetto delle regole e la mancata valutazione degli effetti giuridici delle decisioni prese.Capisco il vostro dispiacere…. (Vivaci proteste dai banchi dell’opposizione)Anche qui siamo di fronte ad una gestione che non comunica, che separa il Comando dal Corpo, che viene meno ai criteri della lealtà e della trasparenza. Quel che è apparso chiaro al Governo è che esistevano, dentro al Corpo e nei suoi alti gradi, sconcerto, profondo malumore, malessere, aspri contrasti. Stati d’animo e giudizi che derivavano da precise mancanze in quella che, a giusto titolo, si chiama arte del comando, vale a dire opacità dei comportamenti, gestione personalistica e anomala per quanto riguarda gli ufficiali dell’area dirigenziale nei settori dei trasferimenti, delle attribuzioni, degli incarichi, degli encomi solenni. (Vivaci e reiterate proteste dai banchi dell’opposizione).
So che gli italiani sentono la mia voce e non sentono questi schiamazzi ed è per questo che continuo a parlare! (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, SDSE e IU-Verdi-Com. Vibrate proteste dai Gruppi di AN, FI, e LNP). In questo contesto va considerata la valutazione condivisa dai generali Pappa e Favaro di una gestione complessivamente personalistica del Corpo nella quale si evidenziava una politica dei riconoscimenti e degli encomi attuata spesso senza rispettare le procedure e con una pubblicità interna parziale e limitata. Va segnalato che l’aiutante di campo del generale Speciale ha ricevuto un numero enorme di encomi solenni nonostante il fatto che sul suo capo penda una richiesta di rinvio a giudizio per falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, peculato e soppressione, distruzione e occultamento di atti. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, SDSE e IU-Verdi-Com).
Al senatore Vegas offro una citazione altrettanto illuminante di quella che egli mi ha gentilmente offerto stamani. Dice Eraclito: «Combattere a difesa della legge è necessario per il popolo proprio come a difesa delle mura». Ritengo di avere combattuto a difesa della legge affinché la difesa della mura continui a svolgersi nel modo migliore.
In democrazia la priorità del potere politico rispetto alle gerarchie civili e militari è un dato costitutivo. Naturalmente questo non significa entrare nel concreto dell’attività operativa dei funzionari e degli alti ufficiali che devono mantenere la loro autonomia, ma il prefetto non rimane al suo posto neppure un giorno se il Ministro dell’interno provvede a sostituirlo. E in guerra come in pace può essere sostituito un comando militare: McArthur fu sostituito in Corea da Truman in piena guerra. (Commenti dai Gruppi di AN, FI, e LNP). Là dove sono i funzionari, i generali o i colonnelli a determinare la sorte dei governanti e non viceversa siamo fuori dalla democrazia. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, SDSE e IU-Verdi-Com).Signor Presidente, la posizione e le valutazioni del Governo sulle questioni e sui fatti in discussione sono riepilogate in una relazione che per brevità, con il consenso della Presidenza, deposito agli atti dell’Assemblea. Il Governo esprime parere contrario sulle mozioni nn. 103 (testo 2) e 105 (testo 2) e accoglie l’ordine del giorno G11, a firma dei Capigruppo della maggioranza, mentre invita i presentatori degli altri ordini del giorno a ritirarli; diversamente il parere è contrario. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, SDSE, Misto-IdV, Misto-Pop-Udeur e IU-Verdi-Com. Vivaci proteste dai Gruppi AN, FI, e LNP. Numerosi senatori dell’opposizione si rivolgono al ministro Padoa-Schioppa gridando: «Buffone! Buffone!»).