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9 Luglio 2008

La deriva del talk show

Autore: Edmondo Berselli
Fonte: La Repubblica

C´è un´Italia che vuole esprimere
la sua indignazione, contro le leggi canaglia, contro i provvedimenti
ad personam, contro la manipolazione spregiudicata della Costituzione
repubblicana. E questa Italia fa fatica a trovare una voce. Per questo
ieri a Piazza Navona è venuta tanta gente.

Persone che volevano far
sentire la loro esasperazione, che cercavano di uscire dal cerchio
stregato della frustrazione civile, provando a far risuonare nel paese
la protesta contro l´improntitudine del potere berlusconiano. Era per
molti aspetti una testimonianza di dignità democratica e di civiltà
politica: il tentativo di uscire dal recinto dell´impotenza.
Ha
rischiato di finire male. Di diventare la parodia di un talk show
deteriore, un Bagaglino di sinistra aggravato dal turpiloquio e dalla
malevolenza gossipara. Peggio ancora, di trasformarsi in un attacco
distruttivo alla chiave di volta istituzionale della nostra democrazia.
Perché quando il microfono finisce nelle mani di un Beppe Grillo, non è
più la politica a esprimersi. È una torsione populista che attacca ogni
istituzione, che rifiuta di avere fiducia anche nelle istituzioni di
garanzia costituzionale. Che alla fine sottrae legittimazione alla
Repubblica.

Difficile dire che cosa volesse significare,
politicamente, l´attacco vernacolare portato da Grillo a Giorgio
Napolitano. Qualcuno può davvero credere che la soluzione di un momento
ad altissimo rischio per gli equilibri democratici possa passare per
l´umiliazione pubblica e spettacolare del garante della Costituzione?
Eppure dovrebbe essere chiaro a chi ha un minimo di intelligenza
politica che il Quirinale è l´ultimo delicatissimo diaframma che si
frappone all´assalto delle truppe berlusconiane: svilire Napolitano,
ridurlo a un presidente fantoccio, a un´ombra senza qualità, significa
né più né meno consegnare la Carta costituzionale a coloro che
vorrebbero ritagliarla a proprio uso e consumo.

In sostanza, è
accaduto che tutta la gente convenuta a Piazza Navona è stata
espropriata delle sue intenzioni. Da protagonista di una denuncia, è
stata ridotta in pochi minuti a spettatrice di uno show, uno dei tanti
allestiti da Grillo, uno dei violenti “vaffa” antipolitici portati
sulle piazze italiane. Con il risultato che tutti coloro che erano
venuti a rappresentare le ragioni di un´opposizione civile alle leggi
carogna, al “lodo Alfano”, ai tentativi gaglioffi di mettere la
museruola all´informazione, si sono ritrovati all´improvviso in un
altro ruolo. Tutti improvvisamente ammutoliti, indotti a risate a denti
stretti, e anche percepibilmente imbarazzati, mentre Sabina Guzzanti
enunciava come verità di fatto e criteri di giudizio politico le
dicerie sui comportamenti erotici del Cavaliere.

Ciò che colpisce è
in primo luogo il sequestro delle oneste ragioni che hanno portato in
piazza un´opposizione presente nella nostra società e poco o per nulla
rappresentata nelle istituzioni politiche. Un´occasione di presenza e
di vivacità democratica è stata confiscata, almeno per qualche minuto,
da un accesso di varie volgarità, prive di qualsiasi finalità che non
fossero quelle dello spettacolo in sé. Perché non dovrebbero esserci
dubbi: un conto è la pratica di un´opposizione combattiva, con tutti i
mezzi disponibili (per dire, con l´ostruzionismo nelle Camere e con gli
slogan nelle piazze); e un altro conto è lo sputtanamento generale, che
getta fango su tutto e tutti, a cominciare da quelli che dovrebbero
essere compagni di strada.

Perché c´è un altro aspetto da mettere a
fuoco. Per le piazze ingrillite, per i contestatori che trattano il
presidente della Repubblica come un addormentatore delle coscienze, si
realizza rapidamente uno spettacolare transfert politico, un
trasferimento freudiano di capi d´accusa: l´avversario, anzi, il
“nemico” non è più la figura del capo del governo depositario del
conflitto d´interessi, il manipolatore che cambia le regole per
tutelare la propria posizione. Per gli autori degli show più
incendiari, va da sé che Berlusconi è il male: ma è l´alterità
assoluta, e quindi costituisce un male contingente, un male materiale,
ideologicamente insignificante, culturalmente inesistente.

Secondo
questo schema, la destra padrona è una disgrazia che ci è capitata,
l´ultima incarnazione della mediocrità italiana, ma con cui non vale la
pena prendersela. Più colpevoli sono i suoi elettori, semmai. E più
colpevoli ancora, secondo una lista inesorabile di concatenazioni, sono
i rappresentanti della sinistra moderata, coloro che hanno accettato di
trattare con il Cavaliere, che hanno creduto nel «dialogo» e ancora
adesso non si sono accorti di essere diventati complici della malattia,
soci di un virus, partecipi di una metastasi. Il vero nemico, insomma,
è il tuo compagno.

Si corre il rischio che una parte della sinistra,
ed è la parte maggioritaria, si riduca al silenzio, fino a non riuscire
a dire nulla, in nessuna occasione, fino all´ammutolimento più totale.
E che un´altra parte, un´altra sinistra, venga consegnata a un furore
astratto, televisivo, mediaticamente estremo, incapace tuttavia di
trovare strade che conducano alla politica. Ieri Furio Colombo e poi
anche Antonio Di Pietro hanno cercato di uscire dal reality show che si
stava realizzando (e che avevano contribuito a organizzare, prima che
gli scappasse di mano), e di riportare la gente alla realtà. Ma in
futuro occorrerà riflettere con severità radicale. Se prosegue
l´assopimento della politica, se frange significative della società
italiana si confermeranno nell´idea di essere escluse e di non avere
voce, l´attrazione del nichilismo spettacolare di Grillo e compagni
risulterà irresistibile. E non è una prospettiva gradevole quella di
una sinistra divisa fra l´ammutolimento e l´ipnosi cattiva generata da
un talk show permanente. Dove si va da cittadini, e si torna da
spettatori di uno spettacolo deprimente, dove tutti sono colpevoli,
dunque la politica e anche l´opposizione diventano inutili e resta solo
il “vaffa”. Chi ha deciso di muoversi contro le leggi ad personam
merita qualcosa di più, e la politica deve darglielo.