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18 Maggio 2006

La debolezza può dare forza

Autore: Angelo Panebianco
Fonte: Corriere della Sera

Nasce un governo debole che appare deciso a fare di necessità virtù, della propria debolezza un punto di forza.

La composizione dell’esecutivo presieduto da Romano Prodi rispecchia i rapporti di forza interni alla maggioranza e l’andamento delle trattative.

Ha pregi e difetti. Fra i pregi ci sono, ad esempio, la scelta di uomini come Tommaso Padoa- Schioppa e PierLuigi Bersani per il governo dell’economia, l’inclusione di Giuliano Amato, che però è stato mandato agli Interni e non a uno dei dicasteri dove avrebbe potuto fare meglio valere le proprie competenze (politica economica, riforme istituzionali, politica estera), la scelta di Enrico Letta come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, l’inclusione di Emma Bonino (ma con un ruolo di minor peso rispetto a quello rivendicato).

Tra i difetti, il principale è dato dalla crescita del numero dei ministri (in stile Prima Repubblica), con il frazionamento di ministeri in precedenza unitari come Welfare o Istruzione e Università.

Vedremo se questo frazionamento di competenze, dovuto alla necessità di pagare pegni alle variegate componenti della coalizione, unito alla forte ipoteca posta sul governo da una assai significativa presenza dell’estrema sinistra, creerà presto problemi seri all’azione di governo.

Ciò che è certo, però, è che sbaglia l’opposizione a parlare del neonato governo Prodi come se fosse un «governo balneare» o giù di lì, destinato a cadere alla prima brezza. Non è così.

E’ improbabile che questo governo duri per l’intera legislatura ma è certo che durerà per un po’. La ragione è semplice. In un contesto bipolare non basta essere deboli per cadere. Occorre anche che si sia più deboli dell’opposizione. E questa, a dispetto delle apparenze, non è la situazione attuale.

Il governo Prodi può contare su due atout. Il primo è dato dal fatto che una maggioranza risicata (al Senato) tende a lasciare meno spazio alle spinte centrifughe rispetto alle maggioranze ampie.

La paura di perdere il potere funziona da cemento e impone disciplina. Il secondo atout è dato dall’imminente referendum istituzionale, la vera «arma segreta» di cui dispone Prodi.

Se nel referendum prevarranno i «no» (ed è, allo stato, assai verosimile) accadranno due fatti. Il governo Prodi potrà fregiarsi di quella vittoria simbolica che ha mancato alle elezioni.

Inoltre, è probabile che si aprano subito grosse fratture nel centrodestra. È verosimile che la Lega di Umberto Bossi rompa il patto di coalizione e vada per la sua strada.

A quel punto, come per incanto, il debole governo Prodi diventerebbe forte in virtù della debolezza del centrodestra.

Si noti che se il centrodestra si dividerà, per il centrosinistra sarà anche possibile affrontare, con buone probabilità di successo, eventuali elezioni anticipate.

Il centrodestra farebbe dunque bene a rifare qualche conto. Ha sprecato nel mese successivo alle elezioni l’ottimo risultato ottenuto nelle urne.

Non riconoscendo la vittoria del centrosinistra ha offerto alla maggioranza una scusa per compattarsi.

E ora tutte le principali cariche istituzionali sono nelle mani del centrosinistra. Piuttosto che logorarsi (una certa stanchezza si coglie anche nei commenti dei giornali di centrodestra, ormai più inclini al lamento che alla proposta) sognando di dare una «spallata», improbabile in tempi brevi, al governo, il centrodestra farebbe bene ad attrezzarsi per una opposizione presumibilmente destinata a durare a lungo.

Affrontando quei suoi molti problemi interni, di assetto e di leadership, che devono essere risolti se vuole mettersi in condizione di ripartire.