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18 Luglio 2006

La breve estate dell’economia

Autore: Francesco Giavazzi
Fonte: Corriere della Sera

È stato un anno faticoso per i politici dell’Unione. In autunno le primarie, poi una lunga campagna elettorale. Dopo le elezioni, le trattative per il nuovo presidente della Repubblica e per formare il governo, il mese scorso il referendum, i decreti Visco e Bersani e il Dpef. È normale che si tiri un sospiro, si assaporino i successi e si guardi a metà settembre, quando riaprirà il Parlamento e si scriverà la Legge Finanziaria. E tuttavia lasciar trascorrere due mesi senza fare praticamente nulla potrebbe essere fatale.


Le liberalizzazioni sono tutt’altro che acquisite. Se la tensione si allenta le corporazioni si riorganizzano e difficilmente si faranno cogliere di sorpresa una seconda volta. Il presidente Mao diceva «colpirne uno per educarne 100»: bisogna fare l’esatto contrario. Come ha scritto Mario Monti sul Corriere, guai a dare l’impressione di essersi accaniti contro alcuni salvando altri. Non cedere al ricatto dei tassisti è essenziale, ma non basta: occorre andare avanti.


Il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa dice che la Finanziaria interverrà sul pubblico impiego. Le retribuzioni lorde dei dipendenti pubblici crescono un punto all’anno più di quelle del settore privato, e non mi pare che la produttività dei dipendenti pubblici giustifichi quel divario. Negli anni Novanta la spesa per i dipendenti pubblici era stata ridotta dal 12 al 10,5% del pil; ora è risalita all’ 11. Davvero per fermarla occorre aspettare gennaio quando entrerà in vigore la Finanziaria? Non c’è neppure un ufficio superfluo, una funzione eliminabile, un ente inutile? Il Governatore Draghi ha annunciato che chiuderà l’Ufficio italiano dei cambi (a 17 anni dalla fine dei controlli valutari, meglio tardi che mai): coraggio, ministro!


Un anno fa Prodi delineò, in un’intervista al Sole 24Ore, un ampio progetto di riforma delle Autorità: eliminazione di Isvap e Consip, rafforzamento della Consob, creazione di una nuova Autorità per le reti. L’indebolimento delle Autorità è stato uno dei colpi più gravi che il governo Berlusconi ha arrecato alla concorrenza. Basta tradurre quella bella intervista in un articolato e farlo approvare in Parlamento dalla maggioranza: ora, non fra otto mesi a Finanziaria approvata.


Le privatizzazioni sono il grande assente nel Dpef: cinque righe in un documento di 160 pagine. Io comprendo che il ministro dell’Economia non abbia ancora avuto il tempo di studiare le carte, ma quanto bisogna studiare per convincersi che il Poligrafico dello Stato deve essere messo all’asta? Ora, non dopo che sarà ristrutturato, come ha scritto nel Dpef (p. 57): sono 15 anni che il Poligrafico è in ristrutturazione, una furbizia per non mandare a casa presidente e amministratori. Il Bancoposta è la più grande banca italiana: davvero deve rimanere pubblica? Non potrebbe iniziare proprio da lì il consolidamento delle banche italiane sollecitato dal Governatore?


Il ministro Mussi ha annunciato che la valutazione sarà il perno della nuova università, e che creerà un’agenzia indipendente per la valutazione. Una buona idea, ma temo che richiederà molti mesi, e intanto nell’università nulla cambia. (È proprio chi teme il cambiamento che vuole la nuova agenzia). Valutazioni degli atenei già le aveva concluse il ministro Moratti. Se davvero Mussi vuole migliorare l’università, perché non annuncia che dal prossimo anno i fondi verranno assegnati in funzione dei risultati conseguiti in quelle valutazioni?