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22 Febbraio 2006

Islam, la chimera dei governi moderati

Autore: Eugenio Scalfari
Fonte: la Repubblica
«Per i profeti dello scontro di civiltà sembra scoccata la grande ora».
L´ha scritto ieri su “Repubblica” Lucio Caracciolo ed è proprio di lì, da quella
lucida constatazione, che bisogna partire. Le vignette anti- maomettane e la
maglietta di Calderoli hanno avuto la stessa valenza del colpo di pistola di
Sarajevo del 1914: un pretesto, un´occasione, un fiammifero acceso e buttato in
un pagliaio.
Di fiammiferi accesi se ne sono visti parecchi e non solo quelli. In alcuni
casi c´è stato chi andava in giro con torce di pece e le buttava sui depositi di
dinamite; altri azionavano addirittura i lanciafiamme per provocare incendi
memorabili. Nelle piazze musulmane, ma anche nelle piazze e soprattutto nei
palazzi del potere occidentali.
È una storia molto lunga con radici lontane, le Crociate, la «Reconquista»
spagnola del califfato di Cordova; ma poi, via via sempre più vicine, la tratta
dei neri negli Stati americani del Sud, in Messico, in Brasile, durata fino a
metà dell´Ottocento; l´apartheid sudafricana; la discriminazione dei neri
americani; la guerra contro i «boxer» nella Cina del primo Novecento; il
colonialismo inglese francese olandese portoghese belga tedesco.
Infine, non più solo moderno ma addirittura contemporaneo, il
neo-imperialismo americano, le due guerre del Golfo, l´entrata in scena del
terrorismo di Al Qaeda, l´attentato dell´11 settembre alle Torri, gli attentati
di Madrid e di Londra. Il terrorismo e la lunga guerra tra Israele e
palestinesi. La vittoria di Hamas. L´avanzata dei Fratelli musulmani in
Egitto.
Il contesto storico è questo. Spesso viene dimenticato, si lavora sul
dettaglio di ieri e dell´altro ieri, lo si isola dal resto, lo si ingigantisce.
Si fa ricorso alle emozioni. I fautori della guerra di civiltà sono maestri in
materia. Basta un funerale per scatenare una rabbia endemica.
E una contro-rabbia da tempo repressa.
Esibizioni muscolari contro opposte esibizioni. Fiammate identitarie in
tempi di globalizzazione. Rilanci religiosi usati come cemento politico.
«Per i profeti dello scontro di civiltà sembra scoccata la grande
ora».
A Bengasi devastano il consolato italiano. A Trebisonda ammazzano don
Andrea Santoro, in Nigeria bruciano chiese cristiane.

Islam, la chimera dei governi moderati

L´Elefantino del Foglio dimena coda e proboscide, invoca la Fallaci e
sentenzia: «La pace ha un cartellino con su scritto il prezzo e chi non paga non
avrà altro in mano che un cumulo sempre maggiore di minaccia e di violenza».
Quel prezzo, manco a dirlo, consiste nel contrapporre minaccia a minaccia,
ultimatum ad ultimatum, guerra preventiva ad attentati, blocco di emigrazione
contro ondate di immigrazione. Se voi suonerete le vostre trombe noi suoneremo
le nostre campane. E viceversa.
Così marciamo festosamente verso il caos mondiale.
Califfato musulmano contro impero occidentale. Bandiere verdi del Profeta
contro la Croce come bandiera e maglietta personalizzata.
Allegria di naufragi. In una guerra asimmetrica come questa perdono i
ricchi e vincono i poveri. Credo inutile spiegare perché.

* * *
Sento dire che il problema si può risolvere appoggiando gli Stati
arabo-musulmani moderati per contenere l´Islam antagonista e integralista e dar
voce ad un Islam desideroso di modernità. È diventato ormai un luogo comune del
buonismo occidentale. La speranzosa ricetta che dovrebbe scongiurare la
vocazione muscolare che minaccia di impestare sia l´Oriente che l´Occidente. Ma
quali sono gli Stati arabo-musulmani moderati? L´Egitto di Mubarak? L´Iraq
dell´ayatollah al Sistani? L´Arabia wahabita della monarchia saudita?
L´Afghanistan di Karzai? La Libia del colonnello Gheddafi? Gli Emirati del Golfo? Il Pakistan di
Musharraf? Basta farne l´elenco per capire che si tratta di dittature militari
(Egitto, Pakistan, Libia) oppure di Stati-fantoccio controllati dagli Usa
(Afghanistan, Emirati, Iraq) oppure di Stati feudali dove il Corano costituisce
la legge nella sua lettura più integralista.
In questi Stati, in nessuno di essi, esiste la democrazia. In alcuni ci
sono state elezioni con larga affluenza alle urne. Elezioni libere? Diciamo
abbastanza libere dal punto di vista formale. In Afghanistan guidate dai
«signori della guerra», capitribù rivestiti con i panni di grandi elettori. In
Iraq guidate dal clero sciita. In Egitto controllate dal dittatore. Laddove si
sono aperti modesti spiragli di libertà hanno progredito i movimenti islamici
più intransigenti.
La verità è che in questi paesi la borghesia non esiste o è estremamente
esile, basata soltanto sul terziario commerciale e artigiano. Manca una
struttura industriale e una classe operaia. Il concetto di laicità è
sconosciuto.
Perfino la democratica e laica Turchia vede una robusta ripresa dei
movimenti islamici.
Forse il solo paese musulmano dove alcune di queste condizioni esistono è
il Marocco dove il giovane re si cimenta con il difficilissimo compito di
avviare un percorso di modernità istituzionale ed economica. Insidiato anche lì
dalle scuole coraniche e da una gioventù ribellistica.
Pensare che queste strutture possano seminare modernità e democrazia
sconfiggendo la tentazione teocratica, identitaria e «muscolare» mi sembra pura
illusione.
Non a caso la vera battaglia in corso si sta svolgendo tra l´Islam radicale
e i regimi «moderati» che tutto sono fuorché moderati. L´Occidente, cioè
l´America, li appoggia e in molti casi li finanzia e con ciò stesso sul lungo
termine li condanna alla sconfitta. Abbandonarli non può, sotto quelle terre c´è
gran parte del petrolio mondiale.
Può soltanto affidarli, come ha fatto finora, ai militari e agli ayatollah,
sperando che loro guida sia compatibile con gli interessi dell´Occidente.
L´altra opzione è la guerra. La guerra contro la Siria, la guerra contro
l´Iran. Le bombe intelligenti.
Lanciafiamme sui pagliai del fondamentalismo e del terrorismo. Con
mutamenti devastanti nella democrazia occidentale. Uno scenario da incubo per
chi creda nei valori dell´Occidente già fin d´ora largamente indeboliti.

* * *
Hamas è un caso a parte ma molto indicativo. Intanto perché la Palestina è
uno dei pochissimi esempi di elezioni libere nel Medio Oriente. Israele non
aveva alcuna possibilità di intervenire nel confronto tra Fatah e Hamas. Gli Usa
neppure. I paesi arabi meno che meno. L´indicazione degli elettori palestinesi è
stata inequivocabile. Fatah aveva perso la loro fiducia per l´inconcludenza del
negoziato e della diffusa e visibile corruzione.
Hamas è anche ­ non soltanto ­ un´organizzazione terrorista. Terrorismo
nazionale, mai esportato fuori del conflitto con Israele. Terrorista come lo era
stato Al Fatah prima degli accordi di Oslo e come lo era stata, prima ancora,
l´organizzazione sionista allo scadere del protettorato britannico.
Affamare Hamas e cioè l´Autorità palestinese? Programma inutile e
micidiale. Inutile perché i soldi negati da Israele e dagli Usa saranno quasi
certamente rimpiazzati da erogazioni di provenienza araba. Micidiale perché
acuirà all´ennesima potenza il radicalismo palestinese e attirerà infiltrazioni
di terrorismo islamista, come è accaduto in Iraq dopo la caduta di Saddam.
Forse bisognerebbe scommettere sulla trasformazione di Hamas come partito
di governo, per arrivare quanto prima alla fondazione d´un vero Stato
palestinese, coprendo entrambi le entità con una garanzia internazionale Usa,
Europa, Onu. Hamas al governo diventa responsabile della sicurezza dello Stato
da lei governato; il terrorismo non è, per definizione, l´arma di uno
Stato.
Certo è una scommessa. Non priva di buone probabilità di riuscita. Israele
non scommette più da un pezzo e questa lacuna è stata probabilmente una delle
cause, forse la principale, dell´incancrenirsi del conflitto.
Un vero Stato palestinese con confini garantiti da ambo le parti e dalla
Comunità internazionale: questa sì, sarebbe la prima vera vittoria democratica
in Medio Oriente, capace di innescare processi virtuosi in tutta la
regione.
Ricordiamo che Hamas ha impedito finora infiltrazioni di cellule terroriste
obbedienti ad Al Qaeda e, nel caso sollevato dalle vignette danesi, ha frenato
le manifestazioni di piazza. Ricordiamo inoltre che i palestinesi sono i meno
disponibili alle varie forme di sharia islamica. Se esiste una chance di frenare
la deriva del fanatismo religioso essa si gioca soprattutto in Palestina. Si
gioca politicamente ed anche economicamente, investendo in quel paese come si è
investito in Israele. Se non ora, quando?

* * *
Ciò detto, l´Occidente deve chiedere agli Stati arabo-musulmani una
rigorosa protezione di tutte le sue comunità istituzionali, laiche, religiose.
Deve pretendere reciprocità. Non la può chiedere alle varie jihad, deve
chiederle ai governi esistenti e deve portare avanti in casa propria appropriate
politiche d´integrazione con le comunità immigrate.
Queste richieste di reciprocità includono, ovviamente, anche un´effettiva
libertà religiosa ma non spetta ai governi innalzare la religione a simbolo
dell´Occidente.
Non solo per ragioni di opportunità ma perché l´Occidente è laico, la
democrazia è laica per definizione, sicché le organizzazioni religiose vanno
gestite come qualunque altra presenza occidentale.
La Chiesa del resto che a buon diritto pretende la garanzia delle proprie
attività e della propria presenza ovunque nel mondo, dispone di una diplomazia
propria tra le più sagaci del mondo; tocca dunque a lei metterla
all´opera.
Non possono essere l´Europa e gli Usa a tutelare le chiese cristiane
nigeriane. Dev´essere il governo nigeriano a farlo, sotto la spinta e il
controllo dell´Onu e della diplomazia della Santa Sede. I fedeli nigeriani sono
nigeriani. Riguardano come cristiani la loro Chiesa e come persone e cittadini
del mondo la Comunità Internazionale rappresentata dall´Onu di cui lo Stato
nigeriano fa parte.
Stiamo attenti a queste distinzioni che non sono formali ma sostanziali. Se
una folla inferocita di induisti bruciasse le moschee del proprio paese (come
spesso accade) e se questo detestabile fatto diventasse sistematico, forse che
le potenze occidentali avrebbero titolo per interloquire e intervenire? L´Onu ha
titolo perché i diritti dell´uomo fanno parte del suo statuto e le potenze
occidentali hanno pieno titolo di agire dentro l´Onu per ottenere il suo
intervento a tutela di quei diritti.
Per gli Stati dell´Occidente chiese cristiane e chiese di altri culti sono
eguali. Se quelle cristiane diventassero cosa nostra saremmo responsabili
dell´identificazione tra Occidente e cristianesimo. Credo che il primo a
dolersene e a protestare sarebbe (dovrebbe essere) il Papa e la Santa
Sede.
Va da sé che spiegare queste cose a un padano come Calderoli, che fa
abluzioni con l´acqua del dio Po e indossa magliette cristianofile, è un´impresa
tanto impossibile quanto inutile. Pensare che la Lega è stata e tuttora è un
membro costitutivo ed essenziale del governo in carica è desolante per tutti i
cittadini del nostro paese.